S. Can. per “il Messaggero”
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Vite parallele e guerre intestine. Ancora una volta il destino di Virginia Raggi, sindaca di Roma, si intreccia con quello di Roberta Lombardi, ora capogruppo Pd in Regione Lazio ma anche membro del comitato dei garanti del M5S. Come raccontato ieri da Il Messaggero, la «faraona» pentastellata continua a dirsi contraria a una ricandidatura dell'attuale inquilina del Campidoglio. Una posizione ribadita lunedì sera durante una videoconferenza convocata dal capo politico Vito Crimi con i parlamentari romani, a partire da Paola Taverna. Lombardi è contraria a un bis di Raggi per motivi politici e statuari.
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Da una parte, in quanto componente del tribunale grillino che si occupa di regole, è sfavorevole a una deroga alla regola del secondo mandato. «E' come cancellare la regola quando si fa una deroga», ripete sempre citando il fondatore Gianroberto Casaleggio. Dall'altra, entrando nel merito politico della faccenda ritiene che «ci vogliano risultati ed empatia con la città» per meritarsi la ricandidatura. Un modo garbato per dire che la sua adorata nemica «Virgy», come la chiama, non dispone di questa gamma di qualità.
Il non detto di questa partita è altro. E ha un respiro molto più ampio.
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Con la scusa di affrontare il caso Raggi a Roma (identico a quello Appendino a Torino) i vertici del Movimento sono intenzionati a spingersi oltre. Ovvero: a cambiare per sempre il vincolo del doppio mandato per i parlamentari. Una regola che se applicata azzererebbe praticamente tutta l'attuale classe politica del M5S. A partire, per esempio, dai ministri. Uno scenario che lascerebbe l'attuale principale partito di maggioranza in Parlamento senza più big in caso di ritorno alle urne.
Lombardi su questo punto è categorica: si può anche aprire la discussione, si sfoga con chi le chiede lumi, ma senza ipocrisie. Dunque ampliandola a tutti. Una grana in più per Vito Crimi. Ma in primo piano rimane la partita del Campidoglio. I consiglieri grillini più vicini alla sindaca si spiegano questa ostilità di Lombardi non tanto per via delle storiche ruggini, ma per un disegno politico diverso.
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Nella maggioranza che guida il Campidoglio c'è chi sostiene che dietro a questo stop alla Raggi ci sia un accordo con Nicola Zingaretti, segretario del Pd e governatore del Lazio, regione in cui i rapporti con il M5S sono reali. Dal Nazareno smentiscono questa ricostruzione perché le elezioni comunali contemplano il secondo turno quando il Pd avrà il suo candidato. Ma gli assessori più vicini alla sindaca sono convinti che Lombardi spinga per non ricandidarla per puntare su un nome che possa non ostacolare un accordo al secondo turno. D'altronde il Pd, che ancora non sa su chi puntare, pone solo una pregiudiziale: mai con Raggi. La partita è aperta, i piani si affastellano. Così come i veleni.