Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
PROTESTE OPERAI IRAN 1
La mano dura dei Pasdaran non ferma la rabbia degli iraniani, dalle donne di Teheran agli studenti della curda Sanandaj le proteste ora si allargano anche al cuore petrolifero del Paese, a Sud e Sud Ovest. Ieri sono entrati in sciopero alcune centinaia di lavoratori del petrolchimico di Assaluyeh, uno degli impianti di lavorazione principali della ricca provincia petrolifera di Bushehr.
Gli operai hanno interrotto per alcune ore la produzione e bloccato gli accessi allo stabilimento usando auto e pneumatici bruciati. A loro si sono uniti i lavoratori delle raffinerie di Abadan, nell'Ovest, e di Kengan nel Sud, mentre nel resto del Paese universitari e studenti continuavano a scendere in strada e a organizzare sit- in nonostante la repressione.
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«Gli scioperi nelle industrie petrolifere e petrolchimiche sono un potenziale punto di svolta», dice a Repubblica Sina Azodi, analista iraniana dell'Atlantic Council. «Dal punto di vista pratico perché un eventuale blocco della produzione sarebbe un colpo per la già sofferente economia iraniana, e dal punto di vista simbolico, perché è un settore che ha giocato un ruolo cruciale nella storia iraniana, dalla nazionalizzazione delle compagnie petrolifere alla rivoluzione del 1978. Se anche il sistema dovesse sopravvivere a queste proteste, difficilmente le cose potranno tornare come prima».
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Nel novembre del 1978 fu la mobilitazione degli operai petrolchimici insieme a quella degli studenti e dei bazari, i commercianti, a consentire la cacciata dello Scià. Oggi l'industria non-petrolifera e i servizi sono una parte molto più consistente dell'economia iraniana di quanto non lo fossero nel 1978, ma il greggio resta «la vena giugulare del regime», come lo definì un diplomatico occidentale poco prima della caduta di Reza Pahlevi.
«Non temere. Restiamo uniti», «Morte al dittatore», scandiscono ora gli operai di Assaluyeh, protagonisti già nell'estate del 2021 di una lunga ondata di scioperi. Anche ad Abadan, una città un tempo sede della più grande raffineria di petrolio del mondo, i lavoratori sono usciti dalla fabbrica.
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La rabbia per i salari troppo bassi, per i prezzi alti dovuti all'inflazione galoppante, si unisce alla rivendicazione di maggiori libertà politiche e civili e alla protesta contro la violenza usata sui giovanissimi scesi in piazza in queste settimane. Il Center for Human Rights di New York ha diffuso una dichiarazione del Consiglio dei lavoratori petroliferi che chiama allo sciopero generale contro «la repressione e le uccisioni».
attacco hacker in iran
Nelle università gli studenti continuano la mobilitazione, nonostante le botte e gli arresti. «Cannoni, carri armati e pistole non funzioneranno più, dì a mia madre che non ha più una figlia», cantavano ieri gli universitari del politecnico Amirkabir di Teheran, evocando la morte di decine di giovani rimasti uccisi in queste settimane, come le 16enni Nika Shakarami e Sarina Esmailzadeh. Il governo non sembra voler mostrare aperture. Ancora ieri, nelle città curde, la violenza è stata durissima. Secondo Iran Human Rights le vittime finora sono almeno 185, tra cui 19 minori.