Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”
arturo schwarz 11
Prima che con l'arte, dovette vedersela con la vita. Lo storico e collezionista Arturo Schwarz, scomparso ieri a 97 anni, era nato nel 1924 al Cairo da una famiglia ebraica (padre tedesco, madre italiana) e dopo aver fondato la libreria Culture e la sezione egiziana della IV Internazionale trotskista fu arrestato per la sua attività politica, internato e torturato per 18 mesi, condannato all'impiccagione, alfine espulso: aveva 25 anni e regnava re Farouk.
Parlava italiano, aveva studiato in scuole inglesi e francesi prese una nave per Genova e si trasferì a Milano; ma anche qui le cose non partirono bene.
Con un prestito della Comit aprì una casa editrice e pubblicò La rivoluzione tradita di Trotskij con la fascetta «Stalin passerà alla storia come il boia della classe operaia»: Togliatti chiamò Raffaele Mattioli, amministratore della Comit, chiedendogli di togliere il fido «alla iena trotsko-fascista di Schwarz». La casa editrice fallì, ma lui non cambiò idea.
arturo schwarz 11
A Parigi fece la conoscenza di André Breton. «Andai in 42 rue Fontaine, a Montmartre - ha ricordato in una intervista al "Corriere" -. Aprì Breton, lo vedevo per la prima volta, ma mi abbracciò come fossi un vecchio amico. L'appartamento era piccolo e ogni spazio occupato da opere d'arte. Alle pareti, Giorgio de Chirico, Marcel Duchamp, Yves Tanguy, Max Ernst, Man Ray». Non Dalì e Picasso, da lui ritenuti commerciali.
S' inventò uno pseudonimo, Tristan Sauvage, esemplandolo da quello di Tzara, e si mise a studiare, aprire una libreria, collezionare Dadaismo e Surrealismo, lavorare come gallerista e scrivere poesie liriche. La prima raccolta fu Avant que le coq ne chante (1951): confidò all'amico filosofo Gaston Bachelard di averla scritta quando era nella prigione di Hadra tra gli scarafaggi (Tutte le poesie, o quasi , Moretti & Vitali).
arturo schwarz 11
Fino al 1974 tenne aperta la sua galleria, realizzò la prima mostra italiana su Duchamp, diffuse le opere di Francis Picabia e Man Ray, pubblicò i suoi libri più significativi come Pittura italiana del dopoguerra , La sposa messa a nudo , e la monografia su Man Ray .
Poi prese a occuparsi di alchimia e Kabbala con incursioni anche sull'Asia tribale. La sua era quella tipica figura di studioso che persegue un proprio cammino culturale e spirituale oggi desueta e che la cultura «ufficiale» - al di là delle dichiarazioni di facciata - ostacola e detesta per la sua autonomia.
MARCHEL DUCHAMP
Prova ne sia il tentativo di lasciare le opere da lui collezionate all'Italia: l'idra dalle molte teste della burocrazia si mise di mezzo. Morale: un migliaio finirono in quattro musei stranieri (700 al Museo d'Israele di Gerusalemme). Nel 1997 riuscì, però, a donarne quasi 500 alla Galleria d'Arte moderna di Roma (80 Duchamp e 40 Man Ray).
Nell'ultimo decennio del Novecento iniziarono i riconoscimenti ad honorem , le fellowship , le lauree, i board dei musei, specie a Gerusalemme. Anche in Italia gli è stato conferito il Diploma di Prima Classe con Medaglia d'oro ai Benemeriti della Cultura e dell'Arte dal presidente Oscar Luigi Scalfaro.
arturo schwarz 11
Autore del libro autobiografico Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico non resta che ricordarlo con i suoi versi di La legna secca dorme : «Tutta la vita ho atteso/ che il pugno chiuso/ un giorno si aprisse/ una mano come colomba/ innamorata mi carezzò/ la fronte fredda e dura/ chiusi gli occhi incredulo».
arturo schwarz 33 arturo schwarz 11