Estratto dell’articolo di Marco Palombi per “il Fatto Quotidiano”
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Il primo dato diffuso dall’Istat dopo la pausa di metà agosto dovrebbe preoccupare assai il governo: il fatturato di industria e servizi di giugno conferma la crisi della prima e la fermata dei secondi, una pessima notizia per le prospettive di crescita del Paese e per il relativo effetto sui conti pubblici nel contesto della rinnovata austerità europea.
Partiamo dai numeri: a giugno il fatturato dell’industria italiana è aumentato dello 0,1% su maggio in valore, ma diminuito dello 0,7% in volume (maggio, va ricordato, aveva fatto segnare pessimi numeri); su base tendenziale invece, cioè rispetto a un anno prima e corretto per gli effetti del calendario, il calo del fatturato è assai più marcato e riguarda sia il valore (-3,7%) che i volumi (-3,3%).
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L’aumento del 28% delle ore di cassa integrazione richieste dalle aziende a luglio, appena comunicato da Inps, è un altro segnale d’allarme da non sottovalutare: sono stati in larga parte i buoni dati dell’occupazione a trainare quelli delle entrate fiscali in questi mesi.
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Ancor più rilevante, anche se certo meno negativo guardato in prospettiva, è forse il dato del fatturato dei servizi: in calo sia rispetto a maggio (-0,7% in valore e -1% in volume) che a dodici mesi prima (-1,5% e -2,6%) e con tutte le categorie dei servizi, a partire dal commercio, che mostrano il segno “meno” con l’eccezione del comparto “agenzie di viaggi e servizi di supporto alle imprese” (+0,2%).
Fatto più rilevante, si diceva, non solo perché i servizi pesano per circa due terzi del Prodotto interno lordo italiano, ma anche perché negli ultimi 18 mesi hanno trainato la crescita: nella media degli ultimi tre mesi registrata da Istat il loro fatturato è in sostanza fermo. [...]
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