Traduzione dell’articolo di Silvia Sciorilli Borrelli per www.ft.com
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Quando la stella del calcio portoghese Cristiano Ronaldo si trasferì a Torino nel 2018, la quantità di tasse che ha pagato ha tenuto occupati i media più delle sue prestazioni in campo.
L'Italia ha uno dei regimi di agevolazione fiscale più generosi al mondo per gli “expat” e i super-ricchi. Il cosiddetto "regime dei calciatori", che ha attirato dirigenti di private equity e oligarchi oltre che sportivi, impone una tassa fissa di 100.000 euro su qualsiasi reddito estero. È applicabile a chiunque non abbia vissuto in Italia nei nove anni precedenti. Dal 2016 ha attirato nel Paese circa 2.000 multimilionari, secondo i dati ufficiali compilati dalla società fiscale Maisto e Associati.
Il regime di favore per gli stranieri, che prima di essere modificato quest'anno offriva una franchigia fiscale fino al 70% del reddito di un lavoratore (90% nel Sud Italia), ha anche attirato migliaia di italiani che si erano trasferiti all'estero anni fa in cerca di migliori opportunità di carriera.Compresa la sottoscritta.
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Ma come il quadro normativo britannico per i “non-dom”, anche lo schema “dei calciatori" e le agevolazioni fiscali per gli “expat” sono stati considerati nocivi dal tribunale dell'opinione pubblica.
Da quando mi sono trasferita a Milano, l'iniquità dell'agevolazione fiscale è emersa ripetutamente nelle conversazioni. È comprensibilmente frustrante per gli italiani che ricoprono ruoli simili sapere di portare a casa meno di chi torna dall'estero.
Gli economisti hanno sostenuto che il sistema è iniquo. Secondo i dati ufficiali, il reddito medio dei 19.448 lavoratori che si sono trasferiti in Italia nel 2021 era di 131.000 euro, più di quattro volte sopra al reddito medio italiano. Ma molti affermano che non si sarebbero trasferiti senza questi generosi incentivi. Una banchiera italiana che ha traslocato da Londra dopo la Brexit mi dice che sarebbe mai venuta a vivere in Italia con il marito non italofono, se non fosse stato per le agevolazioni fiscali.
silvia sciorilli borrelli
"Sapere che avremmo guadagnato quasi il doppio di quanto guadagnavamo a Londra con lo stesso stipendio [lordo] è stato il punto di forza", mi dice, mentre sorseggiamo un caffè in piazza Gae Aulenti. Siamo nel quartiere di Porta Nuova, dove i grattacieli sono sorti alla velocità della luce nell'ultimo decennio. Sono solo uno dei tanti progetti di riqualificazione urbana promossi dal sindaco Beppe Sala e guidati dal costruttore Coima, sostenuto dal Qatar. Secondo gli esperti, questi progetti, insieme all'espansione della linea metropolitana di Milano e alla carenza di alloggi, hanno fatto salire il valore degli immobili in città.
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Secondo il gruppo immobiliare Tecnocasa, nei cinque anni fino al 2023 i prezzi medi degli immobili a Milano sono cresciuti del 43% (le altre città italiane hanno registrato un'impennata vicina al 9%). Gli affitti, invece, sono aumentati del 19% nei due anni fino a marzo.
Gli esperti ritengono che gli “espatriati”, attratti dagli incentivi fiscali, abbiano contribuito all'impennata dei prezzi. Secondo l'agenzia immobiliare Knight Frank, un numero crescente di persone con un alto patrimonio netto che beneficiano dell'imposta forfettaria di 100.000 euro sul reddito estero "sta acquistando attici milanesi di pregio da utilizzare come residenza primaria".
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Secongo un agente di una società immobiliare locale, che ha chiesto di rimanere anonimo, gli espatriati che usufruiscono del programma di incentivi salariali hanno esercitato pressione anche sulla parte non di lusso del mercato immobiliare: "C'è stato un afflusso di professionisti con una capacità di spesa superiore a quella dei locali che arrivano dall'estero alla ricerca di immobili in zone centrali dove l'offerta è limitata".
Con l'aumento delle disuguaglianze, aumentano anche i disordini. L'anno scorso gli studenti si sono accampati fuori dalle università per protestare contro gli aumenti dei prezzi degli affitti.
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Le code ai banchi alimentari sono diventate la normalità: l'associazione locale Opera San Francesco afferma di servire pasti gratuiti a 2.500 persone al giorno, con un aumento del 40% rispetto all'anno scorso. Secondo il ministero del Lavoro, circa un terzo della numerosa popolazione migrante di Milano è senza lavoro. Il rischio di rapine in città è in aumento e alcuni cittadini si sentono sempre più insicuri, un sentimento su cui i partiti populisti hanno fatto leva.
Forse Milano sta solo sperimentando i dolori della crescita mentre completa la sua trasformazione da austera capitale finanziaria locale a città globale. Ma l'equilibrio è difficile: la priorità dovrebbe essere la parità di condizioni, non i calciatori.
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