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    MA SÌ, DELOCALIZZIAMO ANCORA UN PO’ – DOPO LA CINA, IL VIETNAM CHE OFFRE MANO D’OPERA DI BUON LIVELLO A BASSI COSTI ED È UNA BASE DI PARTENZA PER UN’AREA A FORTE CRESCITA – OCCASIONI NELLA MODA E NELLA MECCANICA


     
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    Stefano Righi per "CorrierEconomia - Corriere della Sera"

     

    BANDIERA VIETNAM BANDIERA VIETNAM

    Esplorare l’Oriente, prescindendo dai due giganti Cina e India. Il Vietnam – dove è in corso una missione imprenditoriale che si concluderà mercoledì 26 alla quale partecipano, tra gli altri, Confindustria, Ice, Abi, il sottosegretario agli Esteri, Benedetto della Vedova e Camilla Cionini Visani di Sace – è un Paese da 93,4 milioni di abitanti, con una forza lavoro sufficientemente istruita e relativamente giovane, che può rappresentare un’opportunità per le aziende italiane, soprattutto quelle operanti nel settore della moda (tessile, abbigliamento, pelle e pelletteria, calzature) e della meccanica strumentale.

    Svolta

     

    Un Paese complesso, che nel 2008 è stato trascinato in una pesante crisi finanziaria con alta inflazione, ma che oggi grazie a decise misure macroeconomiche sta riproponendosi come possibile partner industriale delle imprese italiane, malgrado il peso rilevante della burocrazia e il nodo della corruzione. «A fronte di questi indubbi rischi – spiega Alessandro Terzulli, chief economist di Sace – ai quali va sicuramente affiancato un sistema bancario ancora strutturalmente fragile, ci sono delle opportunità importanti per le imprese italiane, che compensano le difficoltà. Penso alla reperibilità della manodopera, alla capacità del Paese di farsi hub manifatturiero per un’area geograficamente vasta, a bassi costi della manodopera. Certo, i rischi non vanno presi alla leggera, ma quando questi sono noti, si possono affrontare e mitigare».

    INDUSTRIE VIETNAM INDUSTRIE VIETNAM

     

    Il Vietnam è un Paese dove la struttura produttiva è ancora saldamente in mano pubblica, evidenzia Sace, tanto che le controparti non sovrane risultano abbastanza fragili. Confrontarsi con il governo imprenditore è un primo passo da compiere nella scala della conoscenza, sia che si intenda esportare in Vietnam, come pure se si punti ad aprire uno stabilimento produttivo. La carenza di infrastrutture è un altro punto critico da considerare con attenzione, prima di iniziare a programmare un investimento in quell’area, ugualmente non si può prescindere dal considerare che il Paese, messa alle spalle la grave crisi del 2008, ha ripreso a crescere rapidamente, sostenuto dalla domanda interna, che si soddisfa solo con il ricorso all’import.

     

    Settori

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    Tra i beni a maggiore richiesta vi sono i prodotti della meccanica, di cui le imprese italiane sono grandi produttrici. «In Vietnam – continua Terzulli – si sta realizzando una crescita sostenuta dalla manifattura. È un po’ quanto accadeva nella Cina di una quindicina di anni fa, quando si parlava di Pechino come della “fabbrica del mondo”. Ecco, ora la Cina sta evolvendo il proprio ruolo e il Vietnam, per taluni aspetti, ne occupa parte degli spazi lasciati liberi, con una manifattura a basso valore aggiunto e a basso costo».

     

    Dal 2000 in Vietnam si sono realizzati investimenti con capitale estero per 230 miliardi di dollari, di cui solo una minima parte, pari a 294,2 milioni di dollari, sono il totale degli investimenti italiani. «Le imprese italiane – sottolinea Terzulli – hanno messo a punto complessivamente 53 progetti, di cui 33 completamente italiani e una ventina in joint-venture con imprese locali». Il bello potrebbe iniziare ora. Il Vietnam è il quinto mercato di riferimento per l’Italia nel Sud-Est asiatico, ottavo per l’Asia emergente e l’export ha raggiunto un valore di 674 milioni di euro nel solo 2013, con un ritmo medio di crescita pari all’11 per cento nell’ultimo decennio e una recente impennata: +34,6 per cento nel 2013 rispetto all’anno precedente.

     

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    «Le aziende italiane che pensano di implementare il loro processo di internazionalizzazione – evidenzia Terzulli – non possono basare le loro decisioni strategiche solo su bassi costi di produzione. È una logica non più sufficiente per stare sul mercato da protagonisti, è finito il tempo di un export passivo. Oggi la presenza in loco è determinante e il Vietnam presenta delle opportunità molto interessanti, sia per chi conta di andare a produrre, sia per chi individua il Vietnam come mercato di sbocco della propria produzione made in Italy. Le opportunità per andare a produrre, avere un presidio commerciale o andare a vendere direttamente sul mercato vietnamita non mancano per le imprese italiane, anche perché il Vietnam si presenta con un ideale hub manifatturiero per una area estremamente vasta e a forte crescita».

     

    Il rischio maggiore, secondo la Sace, è proprio nella corsa a perdifiato, che in passato ha generato inflazione. «Sì – sottolinea Terzulli –, il pericolo è proprio che il Paese rimanga vittima del suo successo, un po’ come è accaduto nel 2008. Ora il governo è intervenuto con importanti politiche macro-economiche e con una particolare attenzione al settore bancario e quei rischi sembrano essersi definitivamente allontanati». Un fattore in più da considerare per chi vuole affrontare il mercato di Ho Chi Min City, l’ex Saigon, che con Hanoi è il centro più importante della nazione.

     

    @Righist

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