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    SPEZZEREMO LE RENI ALLA LIBIA? LA SMENTITA DI RENZI DALLA D’URSO E’ FUFFA: L’ITALIA HA PRONTO DA ALMENO UN ANNO IL PIANO DI INTERVENTO MILITARE. MA LA MISSIONE DA 5MILA UOMINI AVRA’ IL VIA LIBERA SOLO QUANDO A TRIPOLI CI SARA’ UN GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE (CAMPA CAVALLO)


     
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    Davide Maria De Luca per “Libero quotidiano

     

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    Una settimana fa, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scelto il palcoscenico più improbabile per fare un' importante dichiarazione sulla crisi libica. Domenica 6 marzo, alle 17, ha annunciato nel corso del programma "Domenica Live" condotto da Barbara d' Urso che l' Italia non si sta preparando ad andare in guerra in Libia e che, fino a che lui sarà presidente del Consiglio, non sarà inviata nessuna «missione da cinquemila uomini» nel Paese.

     

    Così, Renzi ha risposto ai giornali italiani che lo avevano accusato di preparare un intervento militare senza comunicare nulla né al Parlamento né all' opinione pubblica.

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    La dichiarazione a "Domenica Live" ha mostrato ancora una volta l' atteggiamento del presidente del Consiglio nei confronti della politica estera: un' estrema prudenza, unita alla volontà di gestire le crisi lontano dai riflettori della stampa.

     

    Un' ulteriore conferma di questa attitudine era arrivata a inizio mese quando, secondo il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, il governo ha approvato un decreto, subito secretato, in cui si autorizza l' impiego in Libia di alcune decine di uomini delle forze speciali alle dipendenze dell' intelligence.

     

    Non è chiaro quale sarà la missione di questi soldati e nemmeno se siano effettivamente partiti, ma questa notizia ha contribuito a creare un clima di crescente allarmismo in tutto il Paese.

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    Quello a "Domenica Live" è stato il secondo intervento in pochi giorni con il quale Renzi ha cercato di riprendere il controllo mediatico della crisi libica, dopo che nell' ultimo mese sembrava essergli sfuggito di mano. Il primo intervento è arrivato tramite una nota informale diffusa due settimane fa da palazzo Chigi.

     

    Nella nota, i giornali italiani venivano accusati di "accelerazioni" improprie sulla crisi libica e venivano smentite le notizie di un prossimo intervento nel Paese con un corpo di spedizione formato da cinquemila uomini. Ospite da Barbara d' Urso, Renzi ha ripetuto la smentita e a quelli che parlavano di un intervento nel Paese, ha risposto: «Non siamo in un videogioco».

     

    renzi e d'urso renzi e d'urso

    In realtà, i piani per un intervento armato nel Paese sono in esame da almeno un anno e probabilmente anche oggi non sono usciti del tutto dal novero delle possibilità. La prima a parlarne è stata il ministro della Difesa Roberta Pinotti, nel febbraio del 2015. In quei giorni l' Isis aveva appena conquistato la città di Sirte e Pinotti disse in un' intervista che se fosse stato necessario l' Italia avrebbe potuto inviare nel Paese una missione composta da alcune migliaia di uomini.

     

    Esperti e fonti militari confermarono che una missione in Libia avrebbe potuto impegnare tra i 4 e i 5 mila uomini. Pinotti venne smentita da Renzi dopo pochi giorni, ma con il passare dei mesi è divenuto chiaro che, nonostante le dichiarazioni del presidente del Consiglio, non solo l' ipotesi militare era stata presa in considerazione, ma era stata anche discussa con i nostri alleati.

     

    Lo scorso dicembre, ad esempio, funzionari del governo britannico hanno dichiarato alla stampa che il Regno Unito era pronto a contribuire con mille uomini a una missione militare in Libia, il cui nucleo avrebbe dovuto essere formato proprio da 4-5 mila soldati italiani.

    Matteo Renzi ospite di Barbara D'Urso Matteo Renzi ospite di Barbara D'Urso

     

    Nei primi mesi del 2016 queste voci si sono moltiplicate. A febbraio il segretario alla Difesa americano Ashton Carter ha dichiarato che l' Italia era pronta a guidare una missione in Libia e pochi giorni dopo l' ambasciatore americano in Italia John Philips ha ripetuto ancora una volta che l' Italia avrebbe contribuito alla missione con cinquemila uomini.

     

    Dopo l' intervista di Renzi a d' Urso, Philips ha confermato la sua dichiarazione, dicendo che spetta all' Italia decidere le dimensioni del suo impegno militare, ma aggiungendo che la cifra di cinquemila uomini era stata proposta proprio dal nostro governo.

    Matteo Renzi ospite di Barbara D'Urso Matteo Renzi ospite di Barbara D'Urso

     

    Un piano, quindi, esiste: non è un' invenzione dei giornali come Renzi sembra voler far credere. Si tratta di un piano, però, che potrà cominciare soltanto a condizioni particolari. Come hanno ripetuto Renzi, e, molte volte prima di lui, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il ministro Pinotti, l' Italia interverrà in Libia solo se nascerà un governo di unità nazionale e se questo governo farà un' esplicita richiesta di intervento militare.

    Il problema è che al momento un governo del genere in Libia non esiste.

     

    Il Paese è nelle mani di decine di milizie e bande di criminali, mentre l' autorità politica viene formalmente esercitata da due parlamenti rivali, impegnati in scontri ed estenuanti trattative diplomatiche. Un governo di unità nazionale sarà formato soltanto quando i leader delle milizie più importanti e gli uomini politici che siedono nei due parlamenti raggiungeranno un accordo per spartirsi il potere.

    PINOTTI PINOTTI

     

    Il governo italiano, e il ministro Gentiloni in particolare, hanno fatto molti sforzi per cercare di favorire quest' intesa. Lo scorso dicembre, ad esempio, Gentiloni ha presieduto una conferenza internazionale a Roma a cui hanno partecipato una quindicina dei paesi che hanno interessi nella crisi libica.

     

    Oggi, le trattative sono condotte dall' inviato dell' Onu, il tedesco Martin Kobler, ma con l' aiuto di un generale italiano, Paolo Serra, che si occupa della consulenza militare e delle trattative con le milizie locali. Il problema è che queste trattative continuano a bloccarsi e gli esperti iniziano a diventare scettici sulla reale possibilità che possano portare a un accordo.

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    Nel frattempo le milizie dell' Isis diventano sempre più forti. Secondo le nuove stime diffuse dal dipartimento della Difesa americano, lo Stato Islamico in Libia può contare su 5-6 mila miliziani - il doppio rispetto alle stime dell' anno scorso.

     

    Al momento gli uomini dell' Isis sono confinati nella città di Sirte e in inferiorità numerica rispetto alle milizie agli ordini dei due parlamenti, ma questa situazione rischia di cambiare se il Paese continuerà a restare in preda all' anarchia.

     

    Paolo Gentiloni Paolo Gentiloni

    La situazione quindi è delicata e rischia di precipitare molto rapidamente. Anche se Renzi cerca di trattare la questione in maniera delicata e senza attirare troppa attenzione, la Libia è un Paese fondamentale per l' Italia e la sua situazione tocca tutti noi da molto vicino. L' attuale crisi migratoria deriva in buona parte dal caos che regna nel Paese. Dalla caduta di Gheddafi, alla fine del 2011, più di 380 mila persone sono sbarcate in Italia dopo essere partite dalle coste libiche.

     

    L' Italia, in Libia, ha anche importanti interessi economici. Nel 2010, prima della guerra, il 22 per cento del petrolio e il 35 per cento del gas utilizzati in Italia provenivano dalla Libia. Oggi queste percentuali sono calate, rispettivamente al 12 e al 6 per cento. L' Eni è rimasta l' unica grande società internazionale a produrre in Libia e, se la situazione dovesse tornare a normalizzarsi, ricomincerà ad investire nel Paese, dove possiede una concessione su 9 mila chilometri quadrati di giacimenti non ancora sfruttati.

     

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    Il problema dei nostri interessi in Libia è che sono molto complessi da tutelare. Americani e francesi possono limitarsi a piccole azioni mirate con cui eliminare i leader dell' Isis e di al Qaida. L' Italia, invece, non può proteggere gli immensi stabilimenti Eni o fermare il traffico di migranti inviando nel Paese un pugno di forze speciali.

     

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    D' altro canto, la strada della diplomazia e del compromesso, che potrebbe aprire le porte a una missione militare più ampia, sembra ogni giorno più complicata. La crisi libica, al momento, sembra senza soluzione e questo, probabilmente, spiega perché il presidente del Consiglio preferisca gestirla il più lontano possibile dalle attenzioni della stampa.

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