Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
LA STRETTA DI MANO TRA DRAGHI E ZELENSKY
Ci sono molti modi per sostenere la resistenza ucraina. E c'è un motivo se Zelensky non smette di apprezzare il sostegno di Draghi. L'Italia infatti - secondo fonti della Nato - sta fornendo agli alleati occidentali una «collaborazione logistica sul proprio territorio» per «supportare» l'addestramento dei soldati di Kiev alle prese con nuovi e più sofisticati sistemi d'arma. Che poi è quanto stanno facendo già i tedeschi, con corsi che dureranno circa un mese. Tanto basta per capire la proiezione temporale del conflitto.
E serve a comprendere le parole pronunciate alla Camera da Draghi, che si è detto confortato dall'unità del Parlamento a fronte di «alcune decisioni complesse da prendere» specie quando vedono il Paese coinvolto, «anche se indirettamente», in situazioni di guerra.
ZELENSKY - DRAGHI - SCHOLZ - MACRON
Ecco cosa significa «non voltarsi dall'altra parte», mentre gli ucraini sono impegnati a difendersi dall'invasore russo. Eppure per settimane la politica nazionale è rimasta sospesa in un dibattito surreale su un ulteriore invio di armi a Zelensky. «Il quarto decreto al momento non c'è», ha detto ieri il sottosegretario alla Difesa Mulè: «Si capirà qualcosa di più dopo il vertice Nato di Madrid».
Questa polemica capziosa sulla lista della spesa fa perdere di vista il fatto che l'Italia è quotidianamente al fianco della resistenza e contribuisce anche in termini di intelligence a fornire informazioni alle forze impegnate sul campo. Il nuovo decreto arriverà a luglio e come ha lasciato intendere Mulè sarà frutto di un lavoro di raccordo con gli alleati: «Dipende da che tipo di armi vengono richieste. Magari non le abbiamo noi ma i tedeschi».
soldati ucraini guardano la danza degli studenti
Il sostegno militare a Kiev si accompagna al sostegno politico, nella consapevolezza che sarà lunga e sarà dura. In una riunione di governo, l'altra settimana, il ministro della Difesa Guerini - anticipando l'ulteriore invio di materiale bellico da parte degli americani - aveva spiegato che «l'andamento della guerra segue l'andamento delle forniture». Aveva parlato di una «cristallizzazione della situazione» sul terreno. E aveva concluso che «nessuna delle parti può andare per ora a una soluzione negoziale».
soldati ucraini a mykolaiv
Perciò a ognuno in Occidente toccherà la propria parte in una prospettiva di medio termine. Ed è in questo contesto che si arriva al summit del Patto Atlantico, dove difficilmente verrà formalizzato l'ingresso di Svezia e Finlandia per il veto della Turchia. Nell'ultima riunione preparatoria dei ministri della Difesa Nato, il segretario generale Stoltenberg ha chiesto un «ulteriore sforzo» ai Paesi europei perché il tetto di spesa nazionale del 2% del Pil diventi «non più un obiettivo ma una soglia minima». E ha insistito perché si aumentino anche i fondi comuni dell'Alleanza, con un piano di incrementi fino al 2030 di trenta miliardi. Stoltenberg lo ritiene «necessario con una guerra che minaccia la sicurezza del nostro continente».
mario draghi volodymyr zelensky
La sua intenzione di presentare il pacchetto al vertice di fine mese è parsa chiaramente assunta d'intesa con il segretario alla Difesa americano Austin, che l'ha difatti sostenuta: «Occorre che lo riferiate ai vostri capi di Stato e di governo. Bisogna essere ambiziosi con le decisioni che dovremo adottare». Sui nuovi piani di spesa si è registrato però il dissenso dei ministri della Difesa del Vecchio Continente.
Ognuno ha espresso le proprie obiezioni tecniche, ma non è un caso se tutti - dalla Francia all'Italia, dalla Germania alla Grecia - hanno sollevato il tema politico del «rapporto del nostro governo con la nostra opinione pubblica». La necessità di «mantenere il sostegno dei cittadini in un contesto economico fortemente deteriorato».
soldati ucraini a mykolaiv 2
«L'esigenza di raggiungere l'obiettivo del rafforzamento del Patto, salvaguardando il principio della sostenibilità». Per Putin sarà la riprova che l'Occidente messo sotto pressione si divide. Ma è la lettura propagandistica di un autocrate, del capo di un Paese che - come la Cina - non deve fare i conti con «la fatica della democrazia e del consenso», come ha spiegato Guerini. Quell'incontro, proprio con le sue divergenze, ha mostrato semmai (ancora una volta) la differenza tra modelli autoritari e sistemi liberali, confermando le ragioni del sostegno alla causa ucraina. Tanto a Madrid si troverà comunque un accordo.