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Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Henri Cartier-Bresson, all' Ara Pacis la sua storia in 500 fotografie
Francesca Giuliani per “la Repubblica - Roma”
È un caso in cui anche la quantità ha il suo valore. Cinquecento immagini firmate Henri Cartier Bresson significano uno stimolo per lo sguardo impressionante, persino: difficile da sostenere. E però, percorrerle tutte quante sono esposte nella mostra-monstre da oggi all’Ara Pacis, vuole dire non solo apprezzare l’immagine, ma anche guardare ciò che quello sguardo ha visto, ripercorrere a ritroso il pensiero, ricercare la motivazione, lo stimolo che ha indotto la presa del momento, il fermo dell’immagine di un genio assoluto della fotografia, un testimone del tempo, l’“occhio assoluto”.
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E naturalmente vuole dire anche attraversare il tempo di un testimone che ha attraversato per intero il Novecento, approdando agli esordi del XXI secolo e assistendo alle trasformazioni del mezzo che utilizzava, autore d’altra parte in prima persona, dei mutamenti di un’arte che, dopo, non sarà più la stessa.
Sono fogli d’album di un intero secolo quelli che si possono vedere nella grande mostra a cura di Clément Chéroux: dall’apprendistato degli anni Venti, con la primissima trasferta in Africa fino al milieu surrealista degli esordi, quando Bresson è fedele interprete dei principi enunciati da Breton, arrivando ai primi reportage internazionali, all’impegno militante in Spagna, ai lavori per Le Soir, il giornale comunista diretto da Louis Aragon per cui fotografa “i bambini perduti”. Cruciale sarà il 1947 anno in cui ai suoi lavori viene dedicata la prima grande retrospettiva al MoMa di New York.
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Non molto dopo, insieme a Robert Capa, David Seymour e William Vandivert fonda l’agenzia Magnum che diventa uno dei punti di riferimento mondiali del fotoreportage. Ma il lavoro dell’”occhio assoluto” non è ancora compiuto: nel libro di immagini della sua vita ecco ancora i grandi incontri, i meravigliosi ritrattiicona di artisti del suo tempo, da Henri Matisse a Giacometti e a Sartre, l“antropologia visiva”, esito dei viaggi nei paesi sperduti del sud del Mediterraneo, con i loro magnifici scorci, le strade, le facce, e l’attimo sempre catturato con tocco insieme d’artista e di reporter, implacabile, perfetto che sia elle strade dell’Avana o sui boulevard di Parigi.
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Quando infine, stanco, lascerà la Magnum riprenderà piano piano consuetudine con uno degli amori della prima giovinezza, il disegno: severi autoritratti a mano libera. Scrive: «La fotografia è per me l’impulso spontaneo di una attenzione visiva perpetua che coglie istante ed eternità. Il disegno elabora quello che la nostra coscienza ha colto in quell’istante.
La fotografia è un gesto immediato, il disegno una meditazione ». Quattro incontri su quattro foto emblematiche, integrano la visita, dal 24 ottobre al 12 dicembre. La mostra, organizzata con la fondazione HCB di Parigi, promossa dal Campidoglio con l’ausilio di Zètema, è visitabile fio al 25 gennaio.
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