Jon Savage per “The Guardian”
brian epstein con beatles
Il manager Brian Epstein fu indubbiamente responsabile del successo dei Beatles. Aveva una visione, credette fermamente in ciò a cui altri non volevano credere, e cioè che la band sarebbe diventata più famosa di Elvis. Era uno dei tanti gay dell’industria discografica anni ‘60, non lo nascondeva, ma la cosa gli provocava angoscia.
rivoluzione sessuale anni 60
Lo showbusiness era il porto sicuro, convalidava, faceva guadagnare soldi, permetteva di trasformare l’attrazione sessuale personale nella creazione di una figura spesso ambigua: la popstar. Fuori da lì invece si rischiava persecuzione, ricatto, incarcerazione, ospedale psichiatrico. Da Cliff Richard ai Beatles, e poi gruppi come Kinks e Rolling Stones, la mascolinità ammorbidita e i confini opachi fra i generi, rifletteva l’ambiente gay dell’industria discografica e anche il target delle giovani donne.
jagger ad hyde park
Ma dei manager nessuno si occupava e negli anni ’60 nessuna delle stelle si dichiarò ufficialmente gay. L’omosessualità era parte della cultura pop ma restava nascosta. Nemmeno quando passò il “Sexual Offences Act” la gente scese in strada a ballare. In America scendevano in piazza attivisti e movimenti, in Gran Bretagna la legge andava per vie tradizionali, seguiva linee guida parlamentari, era proposta da politici dell'epoca pre-pop.
londra anni 60
Le libertà garantite erano parziali, e i gay più anziani non apprezzavano il fatto che l’argomento fosse diventato pubblico, dato che l’illegalità li rendeva molto glamour. Comunque, anche se il pop non contribuì direttamente alla nascita dell’Atto, la sua insistente proposta di androginia e omosessualità contribuì a creare un clima più liberale.
john stephen re di carnaby
Ad esempio nel 1966 e 1967, la moda di Carnaby Street divenne famosa in tutto il mondo, soprattutto grazie allo stilista gay John Stephen. I suoi abiti furono indossati da Beatles, Small Faces, Jeff Beck degli Yardbirds, Rolling Stones. Incoraggiati dal movimento Mod, i giovani gay cominciarono a sviluppare i propri gusti e ad ascoltare la musica da cui si sentivano rappresentati.
he kinks a ready steady go disco degli who
Nel 1966 il giornalista Peter Burton e Bill Bryant aprirono il club “Le Duce” a Soho, centro di Londra, versione gay del club “ Scene” dei Mod. A "Le Duce" la musica era il soul della Motown, (perfetta perché faceva ballare e i testi erano melodrammatici), l’icona omosessuale Dusty Springfield. Era una presenza costante nei progammi pop più influenti, tipo “Ready Steady Go!”, che mostrava una visione pluralistica del mondo, con tante performer donne, afroamericani e un presentatore gay di nome Michael Aldred.
the supremes 1967 dave davie dei kinks
Negli anni ’60 esistevano dischi gay, tipo quelli della drag queen Mr Jean Fredericks o dell’etichetta “Camp Label”. Le “Supremes” sembravano drag e ai gay piacevano. Ai gay piacevano anche i Beatles, Mick Jagger, i capelli lunghissimi di Dave Davies dei Kinks.
mr jean fredericks
In coincidenza con le leggi progressiste, la nuova generazione parlava nei testi di sesso prematrimoniale e di droghe. “Arnold Layne” dei Pink Floyd raccontava di un feticista degli abiti che amava vestirsi da donna. Scioccante per l’epoca. Insomma nel 1967 si parlava di libertà per tutti, il che conduce direttamente al David Bowie del 1972, che dichiarò di essere gay e di lì a poco divenne una superstar. E’ lì che il divertimento è cominciato.
bowie vestito da donna 1970 sex pistols carnaby street moda maschile su life swinging london