1 - CONTE, FESTA A METÀ ZINGARETTI E RENZI IN PRESSING SUL MES
Niccolò Carratelli per “la Stampa”
Bene, bravo, ma il Mes? Giuseppe Conte sperava che, con l'accordo strappato a Bruxelles sul Recovery Fund, a Roma si scordassero del fondo europeo destinato alle spese sanitarie, su cui la maggioranza è divisa per la netta contrarietà di parte del Movimento 5 stelle. Nel suo doppio intervento alla Camera e al Senato, per celebrare il risultato «di portata storica» ottenuto, il premier comprensibilmente non lo ha nemmeno citato. Ha preferito concentrarsi sui 209 miliardi previsti per il nostro Paese dal piano appena firmato, assicurando che «ci confronteremo in Parlamento per decidere come usarli, sarà un lavoro collettivo».
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Un modo per tranquillizzare chi, soprattutto dentro la maggioranza, non vede di buon occhio la creazione della task force, con sede a Palazzo Chigi, cui Conte ha ribadito di voler affidare la regia del piano per la ripresa. In molti però, nella maggioranza, gli hanno ricordato che i primi miliardi del Recovery Fund arriveranno in primavera, mentre i 36 miliardi potenzialmente disponibili grazie al Mes potrebbero essere spesi in autunno. «Rifletta bene presidente - gli ha detto in faccia Matteo Renzi a Palazzo Madama - quelli del Mes sono prestiti più favorevoli e con meno condizionalità del Recovery Fund».
Poi a distanza è arrivato il tweet del segretario Pd Nicola Zingaretti, il cui pressing va avanti da giorni: «Continuo a pensare che per l'Italia l'utilizzo del Mes sia positivo e utile, il governo deve prendere una decisione». Richiesta ribadita dai due capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, a conferma che il Pd non ha intenzione di sorvolare sul tema, pur sapendo di mettere in difficoltà gli alleati 5 Stelle. Che insistono: «Lo strumento Mes è evidentemente superato dai finanziamenti economici previsti nel pacchetto appena approvato», ha detto in aula a Montecitorio il capogruppo M5S Davide Crippa.
andrea marcucci matteo renzi 1
Conte non avrebbe dubbi a prendere subito quei 36 miliardi, ma sa che per farlo potrebbe dover ridisegnare la sua maggioranza, perché al Senato l'attivazione del Meccanismo europeo di stabilità passerebbe grazie ai voti decisivi di Forza Italia e di altri "centristi responsabili", che andrebbero a compensare le probabili defezioni di alcuni grillini. Nella giornata dei lunghi applausi e delle standing ovations da parte di ministri, deputati e senatori giallorossi, l'unico momento di fastidio per il premier è stato quando all'uscita di Palazzo Madama i cronisti gli hanno chiesto del Mes: «Smettetela con questo atteggiamento morboso, non me lo chiedete tutti i giorni - ha sibilato - abbiamo un discorso di fabbisogno di necessità, valuteremo insieme la situazione».
Palla ancora in tribuna, insomma, e poi via a concedersi un piccolo bagno di folla, ad accarezzare bambini e scattare selfie, a parlare con un gruppo di studentesse emiliane e con un operaio pugliese. Dieci minuti buoni, sotto il sole delle tre del pomeriggio, e altri applausi quando è risalito in auto. È anche questa popolarità a infastidire Matteo Salvini: «Se dite che Conte è meglio di Papa Francesco posso non essere d'accordo?», ha domandato stizzito in aula, di fronte alle reiterate interruzioni dai banchi della maggioranza.
«Non abbiamo le fette di salame sugli occhi - ha attaccato - i soldi arriveranno a 2021 inoltrato, ma per imprenditori e famiglie il problema economico è adesso». Il leader della Lega, però, si è reso conto di essere rimasto isolato anche nel centrodestra a criticare l'accordo europeo e così ha aggiustato il tiro: «Se poi davvero c'è qualcosa di buono per l'Italia siamo tutti contenti». È già qualcosa.
matteo salvini e giuseppe conte in senato prima del discorso del premier
2 - MES IL PD NON CEDE: CI SERVE PREMIER E M5S FANNO MURO
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Nonostante la standing ovation che ha accolto Giuseppe Conte in Parlamento, in barba al fatto che anche per alcuni ministri del Pd «il premier è un eroe, ha portato a casa da Bruxelles un risultato storico», si riaccende lo scontro nel governo e nella maggioranza. Dopo il no di Conte al Meccanismo europeo di stabilità (Mes) scandito martedì di rientro dalla capitale belga, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza e Matteo Renzi tornano alla carica per chiedere di attivare il prestito di 36 miliardi per la riforma del sistema sanitario nazionale. Il premier però non cede: «La mia contrarietà non è né preconcetta, né pregiudiziale», confida, «ma basata sul buonsenso: abbiamo ottenuto 35 miliardi in più di prestiti, non è ragionevole indebitare ulteriormente il Paese».
E per di più far deflagrare i 5Stelle che erano e restano fermamente contrari all'adesione al Mes, con il rischio di uno scivolone in Senato dove i ribelli grillini sono determinanti. Ma questo Conte non lo dice. Il nuovo scontro deflagra a metà pomeriggio, mentre il presidente del Consiglio sta per prendere la parola alla Camera. Zingaretti entra duro: «Continuo a pensare che per l'Italia l'utilizzo del Mes sia positivo ed utile. Il governo dovrà presto assumere una decisione e la nostra posizione è chiara».
francesco d'uva graziano delrio
E il capogruppo dem a Montecitorio, Graziano Delrio, poco dopo scandisce in Aula rivolgendosi a Conte: «Oggi abbiamo il quadro completo degli strumenti a disposizione, il Mes è necessario, bisogna che ci sia franchezza, ci aspettiamo presto da lei un quadro complessivo dei vantaggi e degli svantaggi, ci aspettiamo di poter scegliere nell'interesse dei cittadini: quello per il quale lei sta operando e per il quale gode della nostra fiducia». Parole che si sommano a quelle pronunciate in mattinata in Senato da Renzi: «Presidente, la invitiamo a riflettere attentamente, i 36 miliardi del Mes hanno una condizionalità inferiore ai prestiti del Recovery Fund, se non si ha il coraggio di dirlo si sta mentendo. E poi i 36 miliardi del Mes arrivano in autunno», gli altri nella primavera del prossimo anno.
I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI
A palazzo Chigi non fanno una piega. Derubricano l'offensiva al nervosismo e all'irritazione del Pd contro i 5Stelle. Come dire: tirare fuori la questione del Mes adesso è solo un pretesto per mettere un dito negli occhi dei grillini. E c'è del vero nella versione dell'entourage di Conte: i dem sono furiosi perché il presidente della commissione Affari costituzionali, Giuseppe Brescia (M5S), ha rinviato il voto sulla nuova legge elettorale. «Una scorrettezza bella e buona, giustificata con la tesi che la maggioranza rischiava di andare sotto», spiegano al Nazareno, «ma a noi non importa certificare che Italia Viva non vuole il proporzionale con sbarramento al 5% e che quindi non c'è più una maggioranza a favore del Germanicum.
roberto speranza nicola zingaretti roberto speranza
Anzi, se si dimostra che quella riforma elettorale non ha i numeri, saremo liberi di parlare con gli altri... A noi ad esempio piace il sistema spagnolo. Non si possono tagliare i parlamentari e tenersi il Rosatellum: chi vince può prendersi tutto e cambiare la Costituzione. E' in gioco la democrazia». Ciò non toglie - scontro sulla legge elettorale a parte - che Zingaretti, Renzi e Speranza vogliono il Mes: «I 36 miliardi sono indispensabili per riformare il sistema sanitario nazionale», confida il ministro della Salute, «con quei fondi potremmo rafforzare sul territorio il servizio sanitario, avere risorse per ricerca e nuove tecnologie, varare la sanità digitale e attrarre gli investimenti delle case farmaceutiche».
GRILLINI IN TRINCEA
Ma Conte non molla, anche perché i 5Stelle con Luigi Di Maio, Vito Crimi, Stefano Buffagni sono scesi di nuovo in trincea al grido: «Adesso ci sono i 209 miliardi del Recovery Fund, il Mes non serve più, è superato e possiamo farne a meno». Che è poi la linea del premier, determinato a non terremotare la maggioranza «per di più indebitando oltre misura il Paese».
Così ai giornalisti che gli chiedono del Mes, Conte risponde: «Smettetela con questa attrazione morbosa. Abbiamo un discorso di fabbisogno di necessità, valuteremo insieme la situazione, ma ora abbiamo il Recovery Fund». E a palazzo Chigi spiegano: «E' una questione di logica e di buonsenso. Ottenuti 35 miliardi di prestiti in più, sarebbe un errore aggiungere i 36 miliardi del Mes».