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    I PAESI EUROPEI SONO DIVISI PURE SULLA COSTRUZIONE DI UN JET MILITARE: DA UNA PARTE CI SONO FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA. DALL’ALTRA ITALIA, LONDRA E GIAPPONE CON L’AEREO “TEMPEST” – L’ANALISI DI GIUSEPPE COSSIGA, PRESIDENTE DELL’AIAD: “IL FATTO CHE NON SI RIESCA A TROVARE UN ACCORDO TRA PAESI EUROPEI NON E' IL MASSIMO” – IL SOTTOSEGRETARIO ALLA DIFESA PEREGO DI CREMNAGO: “PER LA DIFESA UE SAREBBE ASSOLUTAMENTE UTILE UNA CONVERGENZA, MA AL MOMENTO NON PARE POSSIBILE”

     


     
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    1 - SUL TEMPEST, UN’INTESA POLITICA OLTRE LA TECNOLOGIA. IL COMMENTO DI PEREGO

    Gaia Ravazzolo per www.formiche.net

     

    MATTEO PEREGO DI CREMNAGO MATTEO PEREGO DI CREMNAGO

    Oltre al valore industriale e strategico, l’accordo siglato per il Tempest, è “soprattutto un accordo tra tre nazioni legate storicamente da relazioni profonde, basate su valori di libertà, democrazia, diritti umani e Stato di diritto”. A sostenerlo è il sottosegretario di Stato al ministero della Difesa, Matteo Perego di Cremnago, che ha commentato per Formiche.net l’accordo tra Londra Tokyo e Roma il quale ha impresso un’accelerazione alla realizzazione del caccia di sesta generazione, che entro il 2035 andrà a sostituire l’Eurofighter Typhoon.

    SUPER JET CACCIA TEMPEST SUPER JET CACCIA TEMPEST

     

    L’intesa raggiunta da Italia, Regno Unito e Giappone sul Tempest è prima di tutto un accordo politico significativo, perché?

    Perché il Global combat air programme (Gcap) non solo è un ambizioso progetto industriale e governativo volto allo sviluppo di un aereo da caccia di nuova generazione entro il 2035, ma è soprattutto un accordo tra tre nazioni legate storicamente da relazioni profonde, basate su valori di libertà, democrazia, diritti umani e Stato di diritto. E attraverso il Gcap potremo sviluppare ulteriormente i nostri rapporti di lunga data in materia di Difesa. 

     

    Per questo il programma è molto significativo da un punto di vista sia politico che tecnologico/industriale. Nello specifico sarà in grado di: accelerare le nostre capacità militari avanzate e di ampliare il nostro vantaggio tecnologico; di sviluppare e far crescere, con la totale condivisione del know how tecnologico ed equa partecipazione industriale, la nostra cooperazione nel campo della Difesa, la collaborazione scientifica e tecnologica e tutte le logistics chain di fornitura integrate; e di rafforzare notevolmente la nostra già forte base industriale della Difesa. 

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    Questo programma produrrà dunque benefici non solo diplomatici o strategici ma anche economici e industriali ad ampio raggio, sostenendo significativamente l’occupazione nel nostro Paese.

     

    Come si può leggere l’accordo alla luce dell’accelerazione posta sulla Difesa comune europea e dell’altro accordo in essere sul Fcas? Secondo lei è auspicabile che i due programmi convergano al più presto come richiesto dalle Forze armate?

     

    Tutto è perfettamente allineato con la “Bussola Strategica” che va nella direzione giusta, ossia verso un concetto comune di Difesa europea. Noi siamo parte di questo accordo, il Fcas invece è tra altre tre nazioni (Francia-Germania-Spagna) che non hanno ancora un jet di quinta generazione per sostituire il Rafale francese e gli Eurofighter tedeschi e spagnoli. Per la difesa Ue sarebbe assolutamente utile una convergenza, soprattutto in termini di un migliore impiego di tutte le risorse a disposizione, ma al momento non pare probabile.

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    Che tipo di vantaggi industriali e militari fornirà per l’Italia questo accordo?

     

    Il programma consentirà all’Italia di mantenere e acquisire quelle tecnologie che permettono di essere competitivi sul mercato mondiale e come ho già detto, avremo come Paese importanti benefici economici e industriali, nonché un sostegno concreto all’occupazione attraverso un attivo e virtuoso coinvolgimento di università, centri di ricerca, Pmi e le principali industrie nazionali come Leonardo. Il vantaggio militare è evidente, non abbiamo a che fare con un velivolo ma con un sistema di massima efficacia e precisione.

     

    Astrattamente si parla spesso del fattore All domain, il Tempest lo concretizzerà e metterà in pratica?

     

    Il Tempest sarà un sistema d’arma di 6° generazione quindi predisposto per l’All domain. Affinché l’architettura All domain funzioni è necessario che le varie piattaforme e centri di comando e controllo lo siano, non basterà solo il velivolo.

     

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    Quale significato ha sul piano geopolitico il contributo giapponese al programma?

     

    Si tratta del primo grande programma militare giapponese sottoscritto non con gli Stati Uniti, tra l’altro in un momento storico dove il Giappone ha drasticamente aumentato il suo budget per la Difesa. A mio avviso questo ha una grande rilevanza geopolitica in quanto consentirà all’Europa di far crescere la sua presenza politica e industriale nell’Indopacifico con un programma di altissimo contenuto tecnologico. 

     

    Un accordo che farà crescere ulteriormente l’asse strategico Usa-Eu-Australia-Nuova Zelanda-Giappone e Nato. La speranza è quindi che il Global combat air programme, e attraverso di esso il partenariato di tre grandi paesi nello sviluppo delle rispettive capacità, possa costituire una pietra miliare della sicurezza globale, della stabilità e della prosperità nei prossimi decenni.

     

    2 – IL SISTEMA INDUSTRIALE DELLA DIFESA ALLA PROVA DEL TEMPEST. GLI SCENARI DI COSSIGA

    Matteo Turato per www.formiche.net

     

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    Cosa significa l’intesa sul progetto Tempest per l’industria della difesa italiana? Come porsi davanti all’alternativa franco-tedesca? Quali sono le motivazioni geopolitiche dell’interessamento del Giappone? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione delle Aziende italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza di Confindustria (Aiad).

     

    Che significato si può attribuire all’intesa sul progetto Tempest?

     

    Mi sembra la conferma dell’apprezzamento delle capacità dell’industria italiana a livello globale. È un’intesa estremamente significativa, è anche la prima a livello transcontinentale che vediamo su un sistema così complesso come il Tempest. Tuttavia è un’intesa e quindi è come un seme per un albero, dovremo aspettare per valutarne i frutti, io la apprezzo molto, ma sono sempre prudente.

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    Cosa pensa dello sviluppo parallelo di un Fcas franco-tedesco?

     

    Io credo che la ragione vorrebbe che non esistessero due progetti di questo livello, con il coinvolgimento di Paesi europei così rilevanti, Francia, Germania, Regno Unito, Italia e gli altri. Resta da vedere se verranno trovate le condizioni di politica industriale e politica tout court per permettere una convergenza dei due programmi. Il rischio è quello di sprecare risorse.

     

    Avverrà questa convergenza?

     

    Io me lo auguro, ma quando i progetti sono così ambiziosi possono prevalere motivazioni non puramente razionali. Stiamo vedendo anche sul progetto Gcas quanto le tematiche di orgoglio nazionale abbiano inciso. Anche le logiche di mercato poi detteranno le regole. Le risorse per progetti di questo genere sono talmente alte e complesse che sembra strano che ci si possa permettere di averne due, o tre se consideriamo quello americano. Gli statunitensi lasciamoli da parte, ma che non si riesca a trovare un accordo tra i Paesi europei non è il massimo.

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    Cosa significa l’accordo per l’Italia?

     

    Questa è una seconda occasione. L’Italia non ha avuto i ritorni che si aspettava sull’F-35. Mi auguro che questa volta saremo in grado, tutti insieme, di dare all’industria italiana la competenza e le capacità che merita. È incoraggiante che sia la presidenza del Consiglio ad occuparsene.

     

    L’entrata del Giappone nell’accordo è stata una sorpresa.

     

    Questo è il grande ritorno del Giappone, l’uscita dall’isolamento industriale che aveva permesso agli Stati Uniti di fare programmi in collaborazione con Tokyo. Ora che vuole rilanciarsi come grande potenza industriale e tecnologica potrebbe aprire nuovi orizzonti a tutto questo mercato. Il vero rischio è la crescita rapidissima della Cina in campo militare.

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