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    IL CANTO DEL DUGONGO - ENTRO QUARANTA ANNI I DUGONGHI POTREBBERO ESTINGUERSI – DIVERSI PAESI TRA CUI IL QATAR, L’AUSTRALIA E LE FILIPPINE HANNO PRESO INIZIATIVE PER LA TUTELA DEI MAMMIFERI MARINI: “PROTEGGERLO SIGNIFICA ANCHE CONTRIBUIRE ALLA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO” – SECONDO LE LEGGENDE, I MARINAI STREMATI DAI LUNGHI VIAGGI LI SCAMBIAVANO PER DONNE, DANDO VITA AL MITO DELLE SIRENE...


     
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    Simone Porrovecchio per “il Venerdì di Repubblica”

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    A guardarlo in foto proprio non si direbbe, ma leggenda vuole che, quando appariva sporgendo dall' acqua, i marinai stremati dai lunghi viaggi lo scambiassero per una fanciulla. Non stupisca perciò che questo mammifero marino lungo quattro metri per quattrocento chili si chiami dugongo, che in malese significa sirena, e appartenga all' ordine dei Sirenia. Il suo fascino antico non sembra però averlo protetto granché: secondo le previsioni dell' Unione internazionale per la conservazione della natura entro quaranta anni potrebbe essere del tutto estinto.

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    APPUNTAMENTO AL MUSEO

    Per fortuna, qualcuno sta cercando di rimediare: il Qatar ha deciso di tutelare questo animale, che da sempre popola le sue acque costiere e le leggende delle tribù nomadi. Per cominciare, quest' estate (data ancora incerta) inaugurerà una mostra dal titolo Seagrass Tales, Dugongs Trails (Racconti di piante marine, sentieri dei dugonghi), presso il Museo nazionale del Qatar a Doha, in collaborazione con ExxonMobil Research Qatar, l' Università del Qatar, l' Unesco Office for the Arab States of the Gulf, l' Università del Texas A&M e il Ministero dell' ambiente del Qatar.

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    «Ci auguriamo che questa collaborazione non solo faccia avanzare lo studio sui dugonghi, ma aumenti anche la consapevolezza sul loro stato e coinvolga le generazioni future nella loro tutela» dice Lina Patmali, ricercatrice e curatrice del museo, di cui il dugongo è diventato la mascotte ufficiale. «Per far conoscere al mondo questi innocui mammiferi erbivori avremo esperienze 3D, workshop, osservazioni ravvicinate».

     

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    Il dugongo è parente stretto dei lamantini - altri grandi mammiferi marini dell' ordine Sirenia, all' origine del mito delle sirene - dai quali si distingue soprattutto perché ha la coda biforcuta invece che a forma di pala arrotondata, e vive soltanto nei mari, con temperature superiori ai 20°C, e non anche in acqua dolce. È timidissimo ed evita qualunque contatto con tutte le altre specie, incluso l' uomo.

     

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    La bocca larga e le labbra spesse dotate di setole vistose hanno la funzione di organi sensoriali e gli servono per brucare sul fondale, da cui il soprannome di mucca di mare.

     

    Non esistono dati certi sul numero di dugonghi nel mondo, ma i ricercatori ipotizzano che in totale non siano più di 25 mila, distribuiti nelle acque di 37 Paesi dell' Oceano Indiano e Pacifico, dall' Indonesia alla Thailandia, sulle coste dell' Australia e della Nuova Guinea, nel Sud-Est della Cina e fino al Mar Rosso e al Golfo Persico.

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    CACCIA E INQUINAMENTO

    Proprio il Golfo Persico ospita la seconda popolazione di dugonghi più grande al mondo, dopo quella di Shark Bay, nell' Australia Occidentale: lo ha rivelato l' Università del Qatar, che ha da poco concluso il censimento di 840 esemplari al largo della località di Umm Bab, nel Qatar occidentale.

     

    «Oggi il vero pericolo per la loro sopravvivenza non è più tanto la caccia - messa fuori legge dal 1965, anche se ancora praticata di frodo soprattutto in Cina - quanto l' inquinamento delle coste e gli incidenti con le imbarcazioni» dice Saleh Hassan Al Kuwari, dirigente del Ministero dell' ambiente.

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    Tra le misure che il suo team sta predisponendo ci sono «progetti di protezione delle coste con l' istituzione di aree ad accesso limitato, nuovi impianti di depurazione, l' incremento delle zone marine protette e una più stringente legislazione sulle pratiche di pesca, che prevede anche l' abolizione di quella a strascico». Un' attività, questa, particolarmente devastante per la principale fonte di cibo del dugongo: le praterie sottomarine di piante fanerogame, note per la loro capacità di stoccare il carbonio.

     

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    RE DELLE PRATERIE

    «Proteggere il dugongo significa anche contribuire alla lotta al cambiamento climatico» spiega Stefania Oppes Pinna, biologa specializzata in educazione ambientale all' Università di Sassari e consulente scientifica di diverse associazioni (come Ecologica-mente e Mla-Ripple Effect).

     

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     L' habitat ottimale di questo animale è rappresentato dalle praterie di fanerogame marine, che sono vere piante e svolgono la stessa funzione di quelle terrestri: assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno. Proteggere il dugongo e il sistema di cui fa parte è un' importante azione per mitigare gli effetti del cambiamento climatico». Questo mammifero erbivoro infatti, mangiando le fanerogame, contribuisce anche, e molto, alla loro diffusione, in particolare a quella delle specie Zostera muelleri, Halodule uninervis e Halophila decipiens.

     

    «I dugonghi producono feci ricchissime di semi e altri nutrienti e li rimettono in circolo in modo efficace, anche perché sono animali seminomadi che possono coprire lunghe distanze alla ricerca del cibo» spiega Samantha J.Tol, biologa del Centro per le acque tropicali e gli ecosistemi marini della James Cook University di Cairns, in Australia, e prima autrice di uno studio sulla dispersione dei semi delle fanerogame tropicali pubblicato da Nature.

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    COM' È NATA LA LEGGENDA

    Per fortuna il Qatar non è l' unico Paese che sta prendendo provvedimenti in favore dei dugonghi. Anche l' Australia sta inasprendo i controlli, mentre le Filippine hanno introdotto di recente regole più severe in loro difesa. Di certo resta parecchio da fare per proteggere questi animali poco conosciuti, ma di cui è noto un comportamento insolito: durante l' allattamento le femmine, che hanno le mammelle sul torace nella stessa posizione degli umani, si portano in posizione eretta con testa e tronco fuori dall' acqua, ed emettono lamenti, abbracciando quasi il cucciolo con le pinne anteriori. Non è difficile immaginare che una visione del genere abbia acceso la fantasia di antichi esploratori e marinai.

     

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