Caterina Soffici per “la Stampa”
UNIVERSITA' DI CAMBRIDGE
Il suicidio è la morte più solitaria. Soprattutto se a morire è un giovane. Il suicidio è la morte più scandalosa, se a morire sono cinque studenti in quattro mesi, a Cambridge, una delle università più prestigiose del mondo. Ottocento secoli di storia, edifici di mattoni rossi, cortili in pietra e prati verdi, cappelle e rituali, targhe a commemorare i nomi illustri passati per quelle stanze, sfilze di Nobel: 88, più di ogni altra istituzione scolastica del mondo. Più di tutti.
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Il Trinity College da solo, uno dei più prestigiosi dei 31 college dell'Università (insieme al King' s, al St John's e all'Emmanuel), fu fondato da Enrico VIII nel 1546 e dalle sue aule sono uscite 31 premi Nobel. Eccellenza allo stato puro, selezione, duro lavoro, l'ambizione di ogni famiglia britannica e non solo, che programma la carriera scolastica del proprio figlio per l'ingresso di una delle due: Oxford o Cambridge, la crema della futura intellighenzia umanistica e i genietti dei numeri. Allora perché? Cosa è successo? Cosa sta succedendo?
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Dopo il quarto decesso è stata aperta un'inchiesta, come riferisce il giornale britannico The Guardian. Cinque morti sono troppe, anche se le prime quattro sono ancora definite «sospetti suicidi», una terminologia giudiziaria che non si addice - non dovrebbe almeno - a una materia così delicata. Lo scandalo, si diceva. O meglio, la paura dello scandalo.
Perché il suicidio porta sempre con sé un alone di vergogna, omertà, pregiudizio. Il suicidio è una morte più dolorosa perché si poteva evitare. O almeno si poteva provarci. È una sconfitta per una istituzione scolastica, soprattutto così prestigiosa. Quindi meglio che siano «sospetti suicidi», anche se è difficile che tanti giovani siano morti accidentalmente nei college, per morti di cui non sono state chiarite le ragioni e le modalità. Forse questa è la chiave che fa parlare i giornali di «giallo» e di «mistero».
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Anche se presumibilmente non c'è nessuno giallo e nessun mistero, ma solo errori di chi doveva capire che quello sguardo era troppo sfuggente, che quelle assenze alle revisioni dei paper non erano giustificate, che quella camicia a maniche lunghe anche con il caldo copriva i segni evidenti di un disagio. Che c'era qualcosa che non andava, insomma.
Le università inglesi hanno dipartimenti appositamente dedicati alla cura psicologica degli studenti. Secondo la Bbc, nel 2021 c'è stato un enorme aumento di studenti che hanno fatto ricorso al servizio centrale di salute mentale universitario: in tutto 2.123 studenti contro i 1655 del 2017.
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Dopo l'apertura dell'inchiesta il vice rettore di Cambridge Graham Virgo ha rilasciato una dichiarazione pubblica: «Voglio rassicurarvi che l'università sta prendendo questa vicenda molto sul serio ed è determinata a lavorare a stretto contatto con i nostri partner per aiutare a prevenire morti future».
L'ateneo ha costituito un gruppo di risposta rapida agli incidenti, che ha coinvolto i college colpiti, insieme a esperti di salute pubblica delle autorità locali e del Sistema sanitario nazionale. «È sbagliato speculare sulle circostanze che circondano la morte di ogni studente - si legge ancora nella nota -, ma non possiamo nascondere il fatto che c'è una crisi di salute mentale degli studenti a Cambridge».
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Uno dei cinque decessi è avvenuto a marzo, tre in maggio e uno a giugno. L'università ha fatto sapere che non ci sono legami tra i decessi. Gli studenti frequentavano infatti college e indirizzi di studi diversi. L'inchiesta è stata aperta solo dopo il quarto decesso. Il problema è perché il campanello d'allarme non è scattato prima. Ci volevano quattro morti per far venire il sospetto? Non vengono forniti dettagli né i nomi, anche se alcuni giornali li pubblicano. Ma i nomi importano poco. Anche le modalità importano poco.
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Sempre il professor Virgo ha reso noto che Cambridge usa già 4,5 milioni di sterline all'anno per la salute mentale dei propri studenti e stanzierà altri 5 milioni di sterline nei prossimi cinque anni.
Una risposta che pare tardiva e riparatoria. Il sindacato degli studenti accusa l'Università di aver allentato il piano di prevenzione dei suicidi. Certo la pandemia non ha aiutato. Gli esperti del servizio sanitario mentale dicono che gli ultimi due anni hanno creato una situazione di disagio mai vista prima: cali del rendimento scolastico senza precedenti, mancanza di socialità, studenti che hanno smesso di frequentare le lezioni con regolarità.
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Dietro ognuno di quei letti vuoti, c'è una famiglia e una comunità. C'è bisogno di spazio, tempo e privacy per affrontare la perdita, dicono gli psicologi. E soprattutto che venga allontanato ogni sospetto che per salvaguardare il buon nome dell'istituzione non si sia fatto tutto il possibile. E non si sia cercato di insabbiare per evitare lo scandalo. Quella sarebbe la peggiore sconfitta per tutti.