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    TRA I DUE LITIGANTI… L’ANIMALE DOMESTICO RIMANE IN MEZZO – L’UNIVERSITÀ DI TORINO HA ATTIVATO UN CORSO UNIVERSITARIO PER GLI STUDENTI DI GIURISPRUDENZA DEDICATO AL DIRITTO DEGLI ANIMALI DOMESTICI – QUANDO UNA COPPIA LITIGA E SI SEPARA L’AFFIDAMENTO DI CANI E GATTI GENERA LITIGI E NERVOSISMI – ANCHE I GIUDICI FATICANO A DECIDERE A CHI AFFIDARE L’ANIMALE  VISTO CHE LE LEGGI SUL TEMA SONO POCHE, SPARSE E VECCHIE…  


     
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    Leonardo Di Paco per “la Stampa”

     

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    Sono considerati alla pari dei figli e proprio per questo provocano incredibili reazioni di affetto, tenerezza, attaccamento. Ma possono essere causa di litigi e conflittualità, ad esempio quando una coppia si separa, divorzia, o nei casi di successione. Il codice civile si occupa da sempre di animali domestici, ma lo fa con poche norme, sparse e spesso datate.

     

    Per questo il dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino ha attivato un corso universitario (di 40 ore e 6 crediti formativi) a cui potranno accedere gli iscritti (quando raggiungeranno il quarto e quinto anno), che ha l'obiettivo di preparare i giuristi di domani ai nuovi problemi che la «questione animale» pone intersecandosi con i temi cruciali del diritto privato: dalla proprietà ai rapporti contrattuali, dal fatto illecito alla disciplina della famiglia e delle successioni.

     

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    «Nella società di oggi - spiega il professor Luciano Olivero, l'ideatore del corso - gli animali, soprattutto quelli da compagnia, attirano spesso l'attenzione della giurisprudenza perché sempre più spesso danno adito a conflittualità». Inoltre agli screzi che aumentano per via di una società sempre più «pet friendly» «si aggiungono problemi che si trascinano da sempre».

     

    Ad esempio, «se ad un allevatore uccidono gli animali, è previsto un risarcimento di tipo economico. Ma se ad una persona anziana, magari sola, viene a mancare il suo amatissimo cagnolino perché è rimasto ucciso, le richieste di danni non possono limitarsi solo la sfera patrimoniale». In pratica tanto più il valore affettivo dell'animale cresce, tanto più sarà insoddisfacente limitare la tutela del risarcimento in un'ottica economica.

     

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    In Italia gli animali da compagnia sono oltre 60 milioni, tanti quanti gli abitanti. Questo significa che ogni famiglia, in media, ne possiede più di due. Ognuna di esse, per mantenere e curare tali animali, spende ogni mese cifre che oscillano da 30 a oltre 300 euro. Tra il 2007 e il 2021, inoltre, le spese per il cosiddetto «pet food» sono più che raddoppiate. Questi dati, prosegue il docente, «restituiscono l'effetto misurabile di un movimento culturale da mettere in relazione con i fenomeni che attraversano le società occidentali, come la denatalità delle giovani coppie e l'invecchiamento della popolazione, che concorrono a riversare sugli animali domestici un'affettività che non si può indirizzare in altri modi».

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    A livello di diritto, le questioni irrisolte sono varie: durante lo scioglimento della comunione dei beni, gli animali d'affezione rappresentano un'entità che non è possibile dividere e neppure trattare secondo una logica «di proprietà». Ciò ha spinto i giudici ad adottare schemi che mimano quelli della disciplina dell'affidamento dei figli; ma l'impiego di tale strumento non ha mancato di sollevare discussioni. «In generale - chiosa il direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell'università di Torino, Raffaele Caterina - si tratta di problematiche spesso affrontate in maniera sparpagliata, ma che invece devono essere trattate in modo unitaria e approfondite nell’insegnamento».

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