1 - LA RAGAZZA VITTIMA DI GENOVESE «COSÌ PROVANO A SCREDITARMI»
Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
alberto genovese
Più tenta di schivare notizie e immagini che possono ricacciarla indietro nel tempo e nello spazio, più Francesca ripiomba in quello che chiama «il mio incubo» in casa di Alberto Genovese. È l'effetto ridondante della Rete che amplifica ogni cosa, come le «accuse» di essere una escort che si è inventata tutto perché vuole i milioni del mago delle startup, dimenticando che ci sono ore e ore di video delle 19 telecamere installate nell'appartamento che, secondo l'accusa, certificano didascalicamente la brutalità della violenza che ha subito e che hanno portato il 43enne a San Vittore.
«Ho la sensazione di dovermi continuamente difendere. Potrebbe essere un'occasione valida per affrontare il tema della violenza sessuale, invece c' è chi si scaglia contro di me» dice, scossa, la modella diciottenne. Come per molti ragazzi, anche per Francesca (il nome è di fantasia) è impossibile stare lontana da internet, dai social network.
alberto genovese
Da quando la sera dell'11 ottobre è riuscita a fuggire seminuda dalla splendida magione di Genovese a due passi dal Duomo di Milano, ha fermato una Volante dalla polizia e ha immediatamente denunciato di essere stata violentata, la psicologa che la sta aiutando a gestire il trauma le consiglia di stare lontana da tutto ciò che possa ricondurla alle ore in cui è stata preda di Genovese che l'aveva drogata e la usava come «una bambola di pezza», ha scritto il gip Tommaso Perna.
Lei dice di provarci, ma ogni volta che in tv o in Rete qualcuno aggiunge qualcosa di inedito al suo «incubo», immediatamente c'è un amico o un' amica che le gira tutto, senza rendersi conto di versare sale sulle ferite ancora troppo fresche. Le hanno detto, ad esempio, che a Non è l'Arena di Massimo Giletti su La7 Daniele Leali, l'amico e organizzatore delle feste di Genovese indagato per spaccio di droga, ha raccontato che c'è un testimone che dice che quando aveva 17 anni lei si prostituiva con facoltosi imprenditori estorcendo, in un caso, denaro e usando una carta di credito.
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«Non è giusto che tutti parlino di me raccontando cose false, gettando m... È molto pericoloso», dice nello studio milanese del suo legale, l'avvocato Luigi Liguori. «Non sono mai stata una escort. Non ho mai estorto denaro a nessuno. Se ho avuto le carte di credito è perché avevo il consenso della persona. Di questa vicenda ho già detto tutto alla Polizia». Gli uomini della Mobile di Milano, guidati da Marco Calì, hanno già approfondito questa storia sulla quale, però, i legali di Genovese avrebbero raccolto materiale e testimonianze facendo indagini difensive.
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In tv si è presentata anche una giovane donna, Giulia Napolitano, la quale, mentre Giletti l'ammoniva ad assumersi la responsabilità di quello che stava dicendo, ha raccontato di aver incontrato nell'estate 2018 Francesca, che allora aveva quindi 16 anni, che «si spacciava per maggiorenne» in una festa in Sardegna, alla fine della quale la stessa Francesca si sarebbe «appartata» con un uomo. La modella 18enne ha un sorriso sarcastico: «Non la conosco, non so chi sia. Quell'estate sono stata con i miei genitori in Croazia. Ho decine di foto. In Sardegna sono andata la prima volta l'anno scorso con due amici, c'era anche la mamma di uno di loro».
L'avvocato Liguori ha querelato tutti per diffamazione. E poi c'è Genovese il quale, nell' inchiesta dei pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, coordinata dall' aggiunto Letizia Mannella, ha messo a verbale che, dopo aver assunto cocaina insieme (come ha detto la stessa ragazza) e dopo un primo rapporto sessuale consenziente, Francesca gli avrebbe proposto: «Dammi 3.000 euro e puoi fare quello che vuoi».
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Genovese avrebbe accettato per fare sesso estremo. La ragazza replica: «Non avevo alcuna volontà di stare con lui. Io e l'amica con la quale ero andata alla festa a Terrazza sentimento volevamo andare via subito. Lui ci stava addosso insistente, ci dava fastidio.
Poi sono stata drogata da Genovese e mi sono trovata in camera da letto. Se avessi voluto soldi, non sarei andata via lasciando lì tutto, vestiti compresi, e non avrei fermato la Polizia per strada».
Per un attimo, Francesca sembra pentita: «Con tutto quello che sta venendo fuori, mi chiedo se quella sera non sarebbe stato meglio tornare a casa in silenzio ». Ma si riprende presto: «Io ho denunciato perché è quello che bisognava fare, anche per le altre donne che si trovano nella mia condizione».
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2 - "COCAINA, SESSO ESTREMO E VIOLENZE I MIEI TRE GIORNI IN BALIA DI GENOVESE "
Monica Serra per "la Stampa"
Tre giorni in balia di Alberto Maria Genovese. «Anestetizzata» dalla droga al punto da non capire. Da non riuscire a ricordare. A subire rapporti sessuali che, in un'escalation di abusi, si trasformavano in violenza. Tra le presunte vittime del «mago delle startup» c'è anche chi racconta questo. Almeno una delle giovanissime ospiti di "Terrazza sentimento", oltre alla ventitreenne che ha denunciato un presunto stupro subito nel corso di una vacanza a Ibiza, tutta a spese del 43enne.
Certo, le parole delle ragazze ascoltate dagli investigatori da sole non bastano. Ma, almeno per la giovane, che ha raccontato i tre giorni di follia nell'attico e superattico dell'imprenditore in carcere dal 6 novembre, dei riscontri sarebbero già stati trovati anche nelle immagini raccolte dalle diciannove telecamere di videosorveglianza. Una «prova documentale» importante per la procura. Che, però, va incrociata con le altre testimonianze, le foto custodite nei cellulari, le chat, le mail, la mole di materiale sequestrato.
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A oltre due mesi dall'inizio delle indagini, sono una decina in tutto gli episodi su cui si sono concentrati gli investigatori della Squadra Mobile, diretti da Marco Calì. Dieci ragazze, tutte giovanissime, con storie più o meno simili. Tutte finite nella camera padronale dell'imprenditore. Riprese dalla telecamera puntata sul suo letto. Che hanno preso parte a rapporti sessuali (qualche volta a tre, con la fidanzata del 43enne, Sarah B.) talmente violenti da far pensare a degli stupri. Stordite da alcol e droghe, consumati quasi senza sosta.
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Tutte sono state identificate e ascoltate dai pm Letizia Mannella, Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini. In questi casi non è sempre stato facile capire se lo stupro si è consumato. Perché magari il rapporto sessuale almeno all' inizio era consenziente, anche se poi nei video si sente più di una ragazza, legata e immobilizzata al letto, implorare il 43enne di smetterla. Di farla finita.
Proprio per questo gli investigatori hanno deciso di concentrarsi su cinque casi, oltre a quello della 18enne della notte dell'11 ottobre. Cinque ragazze che accusano l'imprenditore di aver «superato i limiti». Soprattutto quelli del loro consenso. E in questi casi le prove raccolte appaiono più «solide e circoscritte», incrociando i riscontri effettuati su chat, mail , video.
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E, mentre si indaga anche sui soldi di Genovese, il nastro digitale delle diciannove telecamere di Terrazza sentimento è stato riavvolto dagli inquirenti. Non un lavoro facile, partendo dai 250 mila file che il 43enne aveva provato a «piallare» poco prima di essere arrestato. Il tentativo non è bastato a eliminare le immagini che lo hanno incastrato. Ma si sono persi dati importanti relativi al giorno e all' ora in cui parte di quei filmati sono stati girati.
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Per non parlare delle testimonianze raccolte nell' entourage dell' imprenditore.
Proprio due giorni fa, per quattro ore, è stato sentito il pr che spesso procurava le ragazze per le feste di Genovese. Il target sempre uguale: giovanissime, bellissime, che bazzicano nel mondo delle discoteche e della moda. Tutte consumatrici di droga. Perché, da quel che è emerso, sembrerebbe che il padrone di casa si sentisse più a suo agio con chi davanti a un piatto di coca, ketamina, o 2cb, la «pregiatissima cocaina rosa», non si faceva problemi.
L'abuso di droghe finiva per stordire le vittime. Al punto da aiutarle « a rimuovere», almeno secondo la procura, «parte degli abusi subiti». Da renderle incapaci di ribellarsi. A un «ambiente», a un «sistema». Certe volte così giovani e attratte da un mondo fatto di sfarzo e divertimento, party esclusivi e chef stellati, vacanze su jet privati e suite di lusso, da restare «soggiogate» e intrappolate in un gioco più grande di loro.
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