Giuliano Balestreri e Marco Bresolin per “La Stampa” - Estratti
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Il 30% di Banca Mediolanum in pancia a Fininvest potrebbe tornare, presto, nella piena disponibilità della holding della famiglia Berlusconi. Di più: potrebbe riformarsi lo storico patto di sindacato tra i Berlusconi e i Doris con la holding del Biscione pronta a tornare nel cda della banca con i suoi consiglieri.
A quasi un anno dalla morte di Silvio Berlusconi, gli eredi dell’ex premier potrebbero incassare una rivincita giuridica nei confronti della Banca centrale europea e della Banca d’Italia. L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha infatti chiesto ai giudici di annullare la decisione presa nell’ottobre del 2016 dalla Bce, con la quale Francoforte si era rifiutata di autorizzare l’acquisizione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum da parte di Fininvest. Non è ancora il verdetto finale, anche se nella stragrande maggioranza dei casi le sentenze sono in linea con le conclusioni dell’avvocato generale, che in questo caso ha chiesto di «annullare nella sua interezza» la decisione della Bce.
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Gli eredi dell’ex premier preferiscono mantenere un basso profilo, così come nessun commento filtra da Banca Mediolanum, ma nel quartier generale di Fininvest è impossibile nascondere la soddisfazione per il parere arrivato da Lussemburgo. Anche perché la decisione definitiva della Corte potrebbe anticipare quella della Bce: con la scomparsa di Berlusconi, infatti, sono caduti i paletti posti dalla vigilanza bancaria sui requisiti di onorabilità, venuti meno con la condanna per frode fiscale ai danni dell’imprenditore.
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Motivo per cui gli eredi di Berlusconi hanno chiesto alla Bce di rivedere la propria decisione, ma la Banca centrale europea non si è ancora espressa. I due canali si muovono in parallelo: da un lato gli eredi che rivendicano i loro diritti, dall’altro il ricorso giudiziario. E una vittoria in tribunale, per Fininvest, avrebbe tutto un altro sapore. La vicenda risale al 2015, quando Mediolanum fu incorporata dalla sua controllata, Banca Mediolanum. Con questa operazione, decisa per accorciare la catena di controllo della banca fondata da Ennio Doris, Fininvest si trovava, attraverso uno scambio di azioni, a essere titolare di una partecipazione in Banca Mediolanum.
Tuttavia, l’anno prima, la Banca d’Italia aveva ordinato la sospensione dei diritti di voto di Fininvest e di Berlusconi nella Mediolanum, la cessione delle loro partecipazioni eccedenti il 9,99% e di respingere la loro richiesta di autorizzazione della detenzione di una partecipazione qualificata per il fatto che l’ex premier – condannato per frode fiscale nel 2013 – non soddisfaceva più «il requisito di onorabilità».
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Sulla questione era poi intervenuto il Consiglio di Stato che, con una decisione di marzo 2016, aveva annullato il provvedimento. Motivo per cui la Banca d’Italia e la Bce avevano avviato una nuova procedura di valutazione, rifiutando di autorizzare l’acquisizione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum.
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Dal punto di vista pratico, Fininvest non ha avuto danni materiali: non è stata costretta a cedere le sue quote - il 30% di Banca Mediolanum vale circa 2,4 miliardi - e ha continuato a incassare i ricchi dividendi; tuttavia Fininvest ha subito danni d’immagine e non ha potuto disporre dei propri titoli, oltre ad aver rinunciato ai propri consiglieri in cda. A Piazza Affari, ieri il titolo Mediolanum ha ceduto lo 0,37% a 10,8 euro. —
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ennio doris e il cerchio di mediolanum