L.Ci. per “il Messaggero”
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Uno tsunami di sofferenze bancarie che travolgerebbe il sistema economico europeo nel caso si materializzi uno scenario avverso, con la seconda ondata di contagi e nuove misure restrittive imposte dai governi dei vari Paesi. Andrea Enria, presidente del Supervisory board della Bce, quantifica in 1.400 miliardi di euro l' entità della tempesta che si potrebbe profilare.
In un' intervista al quotidiano economico tedesco Handelsblatt, fa notare che un importo del genere è «superiore a quello dell' ultima crisi finanziaria». E aggiunge con un tocco di realismo che «è ancora troppo presto per escludere questo scenario».
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Si tratterebbe della conseguenza dell' ondata di fallimenti, che arriverà certamente al termine della fase delle moratorie, ma che - appunto in base all' evoluzione della situazione sanitaria - potrebbe avere dimensioni e conseguenze diverse. «Se l' evoluzione dell' economia sarà in linea con il nostro scenario base - argomenta Enria - le banche dovrebbero essere in grado di gestire il previsto aumento di non performing loans». Ma il problema è che «c' è ancora molta incertezza sul quel che potrebbe succedere dopo». E se il dopo fosse quello descritto nelle previsioni meno ottimistiche, allora l' effetto potrebbe essere quello indicato da Enria nella sua dimensione massima.
IL PASSAGGIO
Il numero uno della vigilanza europea nell' intervista ripete un invito che aveva già rivolto agli istituti di credito: tornare a valutare i propri clienti, per individuare quelli che sono effettivamente in grado di «sopravvivere alla crisi». Questo per evitare appunto che la massa degli Npl «abbia la possibilità di diventare troppo grande». Insomma «non è saggio per una banca rinviare questo passaggio fino all' ultimo momento e aspettare che scadano le moratorie». Il tema naturalmente è all' ordine del giorno del nostro Paese, dove si calcola che la mina dei crediti destinata ad esplodere dopo la fine del regime di moratoria potrebbe superare i 300 miliardi.
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Richiesto su un giudizio circa i comportamenti degli istituti di credito europei, Enria li divide in tre gruppi. «Alcune banche hanno già ricominciato a valutare i rischi di fallimento dei propri clienti, altre anche senza valutare i singoli finanziamenti stanno facendo accantonamenti in via precauzionale, che è ugualmente un approccio prudente».
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E poi «ci sono gli ottimisti che preferiscono non fare nulla finché non c' è un' indicazione evidente che uno dei loro clienti sta per fallire». Il consiglio insomma è di fare presto, perché quella in corso «non è una tipica recessione». E quindi le banche si dovrebbero concentrare sui settori orientati al fututo piuttosto che dedicare risorse a «clienti non redditizi in settori in declino».
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Enria ricorda anche come le banche non abbiano saputo trarre beneficio dalla lezione della precedente crisi, durante la quale furono iniettate nel sistema risorse equivalenti al 13% del Pil europeo. A suo avviso le successive ristrutturazioni non sono state sufficienti perché impostate a livello nazionale piuttosto che europeo. E la dimensione europea è quella indicata dal presidente del Consiglio di vigilanza della Bce anche per le prossime fusioni bancarie (dopo la fase di consolidamenti domestici nei vari Paesi) e per un' eventuale bad bank (che secondo Enria potrebbe consistere anche in una «rete di aziende nazionali».