1. MA LA STANZA RESTA VUOTA
D.Pir. per il Messaggero
Avranno una stanza tutta per loro, nel cuore di Montecitorio, ma non potranno più girare per la Camera. Tanto che sarà vietato loro abbandonarla, persino per offrire un caffé ad un deputato amico alla mitica bouvette che dista meno di 40 passi.
SALA LOBBISTI MONTECITORIO
E' questo, da ieri, il destino riservato dalla presidenza della Camera ai lobbisti italiani, anzi, ai portatori di interessi come recita il cartello sistemato con cura ieri mattina davanti alla loro nuova base. In realtà più che di una stanza la camera ha messo loro a disposizione un sobrio salottone con una lampada, due divanucci, tre poltrone in pelle marrone e un tavolo da riunione con otto sedie. Fine.
Niente telefoni, niente televisione, niente computer o altri misteriosi marchingegni elettronici da 007 che molte leggende metropolitane legherebbero alla categoria. In tutto c'è spazio per una quindicina di persone che accederanno alla loro riserva da un ingresso laterale di Montecitorio e saranno dotati di un cartellino di riconoscimento arancione, tale da essere identificabile all'istante dalla garbata ma occhiuta vigilanza dei commessi e delle commesse.
LOBBISTI MONTECITORIO
Lo stanzone è stato scelto fra quelli che danno sul corridoio parallelo al Transatlantico, detto la Corea forse perché accessibile al personale autorizzato in base - stando alle voci di corridoio (appunto) - sulla base di un parallelo invisibile come il famoso trentottesimo che separa la Corea del Sud da quella del Nord. Lungo il corridoio sono appesi i ritratti dei presidenti della Camera. Di fronte alla porta dei lobbisti, l'ultima venendo dal Transatlantico, il caso ha voluto che campeggiasse la foto in bianco e nero di Gianfranco Fini.
La giornata di inaugurazione della stanza (di cui si parlava, invano, da decenni) non ha offerto brividi particolari. Lo spazio è stato vigilato anche se vuoto. Il piccolo esercito dei lobbisti era tutto al Senato a vigilare sugli ultimi fremiti della manovra per il 2018. Terrà la Corea al rigido apartheid dei portatori d'interesse? Fra 7 giorni la risposta con l'approdo a Montecitorio della Finanziaria.
2 – I BIG SCORAZZANO PER IL TRANSATLANTICO
Alessandro Trocino per il Corriere della Sera
Pino Pisicchio la chiama, con humour e disincanto, «dark room». È stato lui a volerla, insieme alla vicepresidente della Camera Marina Sereni. Che sospira: «Vien da ridere a dirlo, ma è stata una rivoluzione. Non è niente di che, ma per farla c' è voluta una congiuntura astrale favorevole». Al Senato gli astri, evidentemente, hanno remato contro.
LOBBISTI 1
A Montecitorio da ieri la stanza dei lobbisti è operativa, controllata a vista da un nugolo di commessi: una gabbia dorata, con divanetti, pc e password «lobb2017», che dovrà contenere l' esuberanza del piccolo esercito di «portatori di interessi», solito pattugliare la Sala Mappamondo o il fumoir del quarto piano della commissione Bilancio. L' obiettivo è normalizzare e sterilizzare quello che altrove è considerato fisiologico. E che in Italia ha da sempre un fumus acre di sospetta contiguità con pratiche illegali.
Alle 11, nella saletta sterile ci sono solo Anna Maria Carloni, che prende lezioni di inglese («What?»), e l' ignaro Walter Verini che legge il giornale: «Stanza dei lobbisti? Dove?». I primi, sperduti e sparuti, arrivano nel pomeriggio. Angelo Sena, della Leonardo (ex Finmeccanica), ha l' aria perplessa: «Mah, sono venuto a vedere. Ma non credo che questa sala sarà frequentatissima. Chi fa lobbying ad alto livello non ha bisogno di venire qui».
LOBBISTI 2
In Transatlantico è proibito l' ingresso ai 198 che si sono registrati finora e hanno ottenuto il pass arancione. L' elenco comprende multinazionali del tabacco tipo la British American Tobacco Italia e Philip Morris, sindacati (ma finora non Cgil Cisl e Uil), aziende note come Eni e Rai, ma anche onlus sconosciute come «La Caramella buona» e singoli cittadini. Tutti confinati nella stanzetta con video in bassa frequenza delle sedute della commissione Bilancio, in Galleria dei Presidenti.
Chiamata «Corea» perché i cronisti vi furono confinati nel Dopoguerra. Oppure, altra versione, perché vi trovarono un' intesa il dc Franco Evangelisti e Franco Tatò (Pci) in un immaginario 38esimo parallelo (quello che separa Corea del Nord e Corea del Sud). Pisicchio è soddisfatto: «Ci provavo dal 2001. Negli Usa è in Costituzione il diritto alla lobby, trasparente». I 5 Stelle son stati tra i primi a sollevare la questione: Vincenzo Caso che «smascherò» un consigliere parlamentare in pensione che esultava per «aver fatto azzerare» il tetto massimo al cumulo tra pensioni e incarichi pubblici.
Ma sicuri che in Transatlantico non ci siano lobbisti? Non proprio. Laura Castelli (M5S): «Diversi parlamentari sono stati eletti con i soldi dei lobbisti, per esempio di quelli delle sigarette elettroniche». Eccoli i lobbisti senza patentino, circolano liberamente, ridono e danno pacche sulle spalle ai deputati: ex assistenti e soprattutto ex parlamentari, con libero accesso. Come Italo Bocchino, che lavora per la società di Alfredo Romeo.
italo bocchino al telefono
Nella «Corea» spunta Alessia Morani (Pd): «Vado a incontrare ora uno di Wind. Dicono che il termine di 30 giorni, messo per porre fine alla truffa delle bollette da 28 giorni, non è chiaro. Lo ascolterò ma gli dirò che, 30 o 31 giorni, si devono pagare 12 mensilità». Il 5 Stelle Davide Tripiedi è schifato: «Una volta si è avvicinato uno dei farmaci: l' ho cacciato». Michele Anzaldi (Pd) racconta: «Ne ho sfiorato uno una volta, di lobbista. Dopo 5 minuti ecco un messaggio su WhatsApp con l' emendamento riscritto».