Gabriel Carrer per “Libero Quotidiano”
irlanda
Il primo ministro sotto pressione, economisti che tagliano le previsioni di crescita ed aziende che avvertono sulle conseguenze disastrose di Brexit. Non è Londra, è Dublino. Così scrive Bloomberg a meno di un mese dal referendum britannico. A sorprendere non è solo il fatto che non si parli di una crisi britannica bensì irlandese, ma anche che ad essere colpita dalla come «sfida più impegnativa degli ultimi cinquant' anni» per il Paese, come l' ha definita John Bruton, ex premier di Dublino ed ex ambasciatore europeo negli Stati Uniti, è uno stato che non fa parte del Regno Unito ma dell' area euro.
NORD IRLANDA LADY DI FERRO ARRUGGINISCI IN PACE
Sono gli strettissimi rapporti economici e finanziari con la Gran Bretagna a pesare sull'Irlanda, ad oggi il Paese che più di ogni altro ha sofferto il voto per la Brexit nell' anno del centenario dalla Rivolta di Pasqua contro il dominio britannico e nel bel mezzo delle difficoltà politiche del primo ministro Enda Kenny, tirato per la giacca dai nazionalisti che vogliono la riunificazione.
Nonostante la diversa moneta, gli scambi tra Irlanda e Gran Bretagna ammontano a circa 45 miliardi di dollari e ben 380 mila cittadini irlandesi che vivono nel Regno Unito si sono recati alle urne lo scorso 23 giugno per votare sul futuro dei rapporti tra Londra e Bruxelles. I legami fitti sono testimoniati anche dal fatto che Kenny è stato, assieme a Merkel e Hollande, uno dei tre leader con cui Theresa May, appena diventata primo ministro britannico, ha parlato più a lungo.
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«Le conseguenze sono da capogiro», ha dichiarato a Bloomberg Eoin Fahy, capo economista di Kleinwort Benson Investors a Dublino. Le difficoltà sono in primo luogo per le esportazioni a causa del crollo della sterlina che intaccherà guadagni e crescita economica, proprio dopo la ripresa successivo alla bolla immobiliare di fine 2008 e il successivo salvataggio internazionale del 2010.
THERESA MAY 2
A soffrire di più sarà l' export con la Gran Bretagna prima destinazione dei prodotti irlandesi dopo gli Stati Uniti e prima per quanto riguarda i servizi. L'idea di Dublino per rispondere alla crisi è quella di attirare gli investitori stranieri puntando sulla tassazione al 12,5% sulle imprese. Ma saltato in Europa l'asse liberale Londra-Dublino per portare l'Unione a un' armonia fiscale, Londra sta riflettendo sulla possibilità di abbattere le imposte sulle società, passando dall'attuale 20% al 15%.
L'uomo chiamato a fronteggiare la crisi è il primo ministro Enda Kenny, leader di Fine Gael, partito liberal-conservatore. Per lui però le difficoltà non si fermano all' economia: deve infatti difendersi dai nazionalisti dell' Irlanda del Nord che chiedono a gran voce un referendum sulla riunificazione e dai malpancisti nel partito.
david cameron alla camera dei comuni con dietro theresa may
Se gestita male, la Brexit potrebbe «Rivelare le tensioni da sempre presenti tra unionisti e nazionalisti», ha dichiarato a Bloomberg Lee McGowan, docente di politica presso la Queen' s University di Belfast. Come accaduto in occasione degli scontri tra protestanti e cattolici durate le celebrazioni unioniste della scorsa settimana a Belfast. L'opposizione nordirlandese ha rimandato al mittente l' invito di Kenny per una discussione sulla Brexit che coinvolgesse tutta l' isola. Un' offerta che ha infastidito anche alcuni membri di Fine Gael che hanno chiesto al loro leader di dimettersi.