Alessia Candito e Carlo Bonini per “la Repubblica”
carlo bonini foto di bacco
Per capire quanto profonde siano le radici dell' affaire Marco Mancini, quali opacissimi mondi attraversino, quali doppie fedeltà abbiano cementato nel tempo, e perché il destino di questa spia sia diventato un caso di Sistema dove tornano ora a saldarsi, a protezione dello 007, la filiera sovranista 5 Stelle, la destra di Fratelli d' Italia, l' ala salviniana della Lega e qualche ventriloquo dell' ex premier Giuseppe Conte e dell' ex direttore del Dis Gennaro Vecchione, conviene tirare un filo che porta in Calabria.
marco mancini
Terra di mafia e antimafia. Terra di Nicola Gratteri, oggi procuratore di Catanzaro, simbolo della lotta senza quartiere alla 'ndrangheta e facilitatore nel tempo di Marco Mancini in alcune sue «interlocuzioni istituzionali» .
Terra che vede proprio Mancini e il Sismi del suo direttore Nicolò Pollari, nei primi anni del duemila, al centro di una ragnatela che ha quali suoi snodi il ritrovamento di curiosi arsenali, il destino politico di un campione della destra come l' ex sindaco Giuseppe Scopelliti, attentati farlocchi, politici al soldo delle 'ndrine. E, soprattutto, terra che è proscenio, per dirla con il Procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo, di un piano «che deve trasformare la 'ndrangheta da interlocutore dello Stato in sua istituzione» .
Marco Mancini pollari
Inizi duemila, dunque. Marco Mancini, che nel 2003 diventerà capo della prima divisione del Sismi incaricata del contrasto al terrorismo nazionale e internazionale, scopre in una Calabria non esattamente affollata di jihadisti o eversori interni un fertile terreno di pascolo. Cosa o chi lo spinga non è dato saperlo.
giuseppe scopelliti e la moglie
È un fatto che a queste latitudini conti su due uomini. Il capocentro di Reggio Corrado D' Antoni, ex finanziere che rimarrà in AISE fino al 2016 per essere poi trasferito ad AISI con un incarico di seconda fila, e il poliedrico, diciamo così, Giovanni Zumbo. Ufficialmente, commercialista e amministratore di beni confiscati a Reggio e nella struttura particolare dell' allora sottosegretario regionale Alberto Sarra (oggi imputato come uomo di fiducia della 'ndrangheta). In realtà, da sempre nelle mani del clan De Stefano. Un "riservato" - come scopriranno vent' anni dopo i magistrati di Reggio - Un non affiliato ma a completa disposizione.
giorgio napolitano guido alpa
Quando, nel 2010, Zumbo viene arrestato perché beccato a spifferare a don Peppe Pelle dettagli su imminenti arresti e indagini in corso e ad aiutare il boss Giovanni Ficara ad organizzare il ritrovamento di un falso arsenale nel giorno della visita dell' allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (una messinscena immaginata dal boss per mettere nei guai il cugino rivale), decide di cantarsi i suoi rapporti con il Sismi.
giuseppe pignatone
«Ho collaborato con i Servizi ma non intendo rivelare nulla in merito», dice a verbale il 16 giugno del 2011 all' allora Procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone. Senza sapere che di quella circostanza gli inquirenti reggini hanno già più di un' evidenza. In un' intercettazione, Zumbo si abbandona a una confidenza con Pelle: «Ho fatto parte e faccio parte tutt' ora di un sistema che è molto, molto più vasto di quello che ma vi dico una cosa in tutta onestà. Sunnu i peggiu porcarusi du mundu! ».
Giuseppe Scopelliti
E in un colloquio in carcere con la moglie, al termine del quale scrive un nome su un biglietto che poi distrugge, aggiunge: «Lavoravo per lo Stato, e non posso toccare determinati argomenti, sennò smuovo pure» . In realtà, ai magistrati Zumbo aggiunge qualche altro dettaglio. «Ho lavorato per il Sismi dal 2001 in avanti e, oltre a D' Antoni, ho incontrato Mancini che all' epoca scese a Reggio Calabria».
Non è un dettaglio di poco conto. Perché aiuta a inquadrare il contesto dell' impegno calabrese di Mancini e del Sismi. Quelli post 2001 sono infatti anni complicati in riva allo Stretto. La prima stagione dei grandi processi antimafia si avvia al termine e i principali imputati - l' ex consigliere comunale Giorgio De Stefano e l' ex parlamentare Paolo Romeo, il primo oggi condannato e il secondo imputato quale componente della direzione strategica della 'ndrangheta - se la cavano con una modesta condanna per concorso esterno.
marco mancini e matteo renzi
a "primavera di Reggio" si è spenta con la morte del sindaco Italo Falcomatà e, nel 2002, la destra è tornata a prendersi il Comune con il rampante ex presidente del Fronte della Gioventù, Giuseppe Scopelliti. «Uno che tutta l' Archi (feudo storico dei clan) l' ha preso e gli ha detto "fai il sindaco"», dice il pentito Consolato Villani, al pari di altri sei collaboratori. Tra cui Seby Vecchio, ex poliziotto, uomo del clan Serraino, massone e assessore di Scopelliti («Lo sanno anche i bambini che era vicino al clan De Stefano», dice).
gratteri
Per i magistrati che hanno istruito il processo "Gotha" (che si avvia a conclusione), Scopelliti è la pedina di un grande progetto criminale. «La politica reggina - ricostruisce il Procuratore aggiunto Lombardo - è gestita in quel momento dalla direzione strategica della 'ndrangheta attraverso Paolo Romeo e Giorgio De Stefano.
Sono stati creati a tavolino uomini politici collocati in ruoli apicali al comune di Reggio, in Provincia, alla Regione, in Senato e all' europarlamento. L' obiettivo è trasformare lo Stato in una gigantesca macchina di riciclaggio. Scopelliti, che Romeo chiamava " braciolettone ", è uno di questi uomini politici » .
E ora state a sentire: «Nel 2004 - prosegue Lombardo - si sta realizzando quello che Romeo ha programmato e il " braciolettone " (Scopelliti) va sostenuto. Deve fare il cane da mandria. Ma deve essere circondato da persone di fiducia e capire chi comanda. Deve subire le pressioni che il Sistema gli manda. E così, nel 2004, si arriva alla pagliacciata di palazzo san Giorgio» .
marco mancini
Palazzo san Giorgio è la sede del comune di Reggio. Ed è lì, dietro un water nei bagni dello stabile, in un' ala dell' edificio opposta a quella che ospita gli uffici del sindaco, che ad ottobre del 2004, viene ritrovata una strana bomba. Alcuni panetti di tritolo privi di innesco.
Che non possono né esplodere, né uccidere.
Ancora il Procuratore Lombardo: «A cosa serve questa pagliacciata? A trasformare Scopelliti, che è nelle mani dei clan, in sindaco antimafia e a dirgli: "Tu finisci il lavoro quando diciamo noi". E infatti Scopelliti torna a fare il cane da mandria"» .
NICCOLO POLLARI
Bene. Ma chi ha fabbricato la pagliacciata?
«Il Sismi di Pollari» , dice il pentito Seby Vecchio nell' aula del processo "Gotha". «L' interesse era di blindare Peppe Scopelliti affinché prendesse tutto. Bisognava portarlo avanti dal nulla nell' interesse delle consorterie 'ndranghetistiche di Paolo Romeo e dei De Stefano » . Ma c' è di più. E riguarda la nostra spia emiliana.
giuliana sgrena e marco mancini
L' allora procuratore della Dna, Alberto Cisterna, racconta in aula qualche anno fa: «L' attentato fu anticipato parecchi giorni prima all' allora Procuratore Nazionale antimafia Vigna. Che, preoccupato, convocò me e il collega Macrì». E aggiunge: «Ad avvisare dell' attentato era stato Marco Mancini del Sismi. Con tre informative» . Una ne indicava l' obiettivo (Scopelliti), una il giorno e l' ora (7 ottobre 2004, tra le 10 e le 10.30). La terza il luogo in cui ritrovare l' esplosivo.
La recita di palazzo san Giorgio non è la sola in Calabria, in quel 2004. In giugno, viene sequestrato un quintale di tritolo. A novembre, altri 70 chili. In dicembre, viene scoperto un deposito di bazooka e kalashnikov. E dietro ogni ritrovamento è sempre il Sismi. Il 24 giugno del 2005, si replica.
Nella piana di Gioia Tauro, saltano fuori un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalashnikov, bombe a mano. Il Sismi - daranno conto le cronache dell' epoca - indica che l' arsenale è destinato a eliminare Nicola Gratteri, allora pm a Reggio. Lo stesso che - nell' agosto 2004 - sempre il Sismi aveva già indicato come obiettivo di un possibile attentato.
nicola gratteri
Ripensando ad allora, il Procuratore Nicola Gratteri si mostra più sconfortato che irritato.
Convinto, quale è, che nell' incrocio tra il suo nome e quello di Mancini vi sia una coincidenza: la sua attuale intenzione di candidarsi a procuratore di Milano. Ricorda che, in quel giugno 2005, fu il primo a smentire la notizia suggerita dal Sismi («Non penso ci sia un legame tra questo ritrovamento e la mia persona» , disse). Quindi ribadisce: «Con Mancini ho avuto solo rapporti istituzionali e nell' ambito dei rispettivi ruoli».
marco mancini
Certo, le impronte digitali del Sismi di Pollari e Mancini restano. Zumbo, interrogato, dice: «Dal 2001 in poi, feci ritrovare a D' Antoni delle armi. Successivamente, ho fornito altre notizie per il ritrovamento di armi ed esplosivo ».
In cambio di cosa, non vuole o non sa dire, perché, aggiunge «di questo se ne occupava D' Antoni». Che, chiamato a testimoniare, prova a ridimensionare. È vero, conferma, Zumbo era un' antenna del Servizio, ma solo dal 2004 alla primavera 2006, ed è stato reclutato «casualmente in un bar» perché «aveva molti contatti» .
E poi: «Mancini? Lo ha incontrato solo una volta». Versione smentita dal maresciallo della Finanza Alessio Adorno, che di Zumbo era amico di famiglia. Gli incontri dell' uomo dei clan con Mancini - dice - sono stati «più di uno a Reggio e più di uno a Roma ». Quindi aggiunge: «All' inizio del 2010, Zumbo mi confidò che i Servizi erano tornati a corteggiarlo» .
Marco Mancini
Di tempo ne è passato. Ma non troppo. Zumbo è tornato in libertà. E Reggio non ha mai dimenticato l' ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, che qui ha per altro insegnato all' Università, e che, dicono, torni sempre molto volentieri .
POLLARI E DE GREGORIO resize