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    "LA CANNABIS E' PIU' PERICOLOSA SU UN CERVELLO IN FORMAZIONE, QUALE QUELLO DEGLI ADOLESCENTI" - SARAH VECCHIO, CONSIGLIERE DELLA SOCIETA' ITALIANA DI TOSSICOLOGIA, AVVERTE I RAGAZZI: "ESISTE UNA CORRELAZIONE TRA IL CONSUMO E LO SFOCIARE DI PSICOSI IN PERSONE VULNERABILI. I PRODOTTI DA SPACCIO SONO PIU' POTENTI DI QUELLI CHE CIRCOLAVANO NEGLI ANNI NOVANTA E DUEMILA" - IL DANNO POI DIPENDE SEMPRE DALLA DOSE, PERCHE'...


     
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    Marco Pivato per “Specchio-La Stampa”

     

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    Il danno da esposizione a Thc dipende dalla dose, dal tipo di consumatore e dalla sua età: «La cannabis è più pericolosa su un cervello in formazione, quale quello degli adolescenti, ed esiste una correlazione tra il consumo e lo sfociare di psicosi in persone vulnerabili, quindi geneticamente predisposte», precisa il consigliere della Società Italiana di Tossicologia (Sitox) Sarah Vecchio, medico, già in forze al Centro anti-veleni di Pavia e adesso al Ser.D di Biella, che aggiunge: «Altri danni sono naturalmente quelli connessi alla combustione dello spinello contenente tabacco e cannabis», che libera decine di sostanze potenzialmente cancerogene.

     

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    I prodotti da spaccio, da circa una decina di anni, sono più potenti, con quantità di Thc fino al 40%, contro il 12-15% delle «canne» che circolavano fino agli anni Novanta e primi Duemila: i giovani sono avvisati, rischiate danni permanenti a queste dosi. È lecito però chiedersi se la «liberalizzazione» possa scongiurare il ricorso a questi potentissimi prodotti. Proprio come quando ci chiediamo se sigarette elettroniche e «Iqos» possano ridurre il danno, dal momento che in questi dispositivi non c'è combustione.

     

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    Non ci sono ancora sufficienti dati per rispondere con puntualità, ma «in alcuni stati che hanno preso questa decisione i tassi di utilizzo sono più alti rispetto agli stati dove la marijuana è illegale», avvertono gli esperti Sitox.

     

    Cannabis, ma quale varietà? Le opzioni adesso sono più numerose, spiega la dottoressa Vecchio che riepiloga il «menu»: cannabis «light», già legale e con un contenuto di principio attivo inferiore allo 0.2-0.6%; oppure «strong», illegale e come se ne trova solo da alcuni anni, frutto di ibridazione tra specie diverse oppure addizionata di cannabinoidi sintetici, con concentrazioni di Thc tra il 30 e il 40%. Il mercato è stato in grado di innovarsi, se pensiamo che sino alla metà degli anni Duemila il contenuto di principio attivo nei prodotti da spaccio non andava oltre il 12-15%. Infine, esiste la formulazione a uso medico, al 13-20% di Thc e al 1% di Cannabidiolo (Cbd), non stupefacente.

     

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    Tenere a mente questa lista è prezioso per prevenire il potenziale danno derivante dal consumo delle molte varietà del prodotto «da strada». Danno che dipende sempre dalla dose. È la dose a fare il veleno «È facile concentrarsi esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche delle sostanze pericolose per l'uomo - spiega il presidente Sitox Corrado Galli - e dimenticarsi del concetto di "dose", già enunciato, cinque secoli fa, dal padre della tossicologia moderna Paracelso, incontrovertibile assioma che recita: «Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venum non fit» («Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto»).

     

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    Per ogni sostanza è infatti possibile calcolare una «Dose giornaliera accettabile (Dga), un valore che rappresenta la quantità di una sostanza che un uomo, in base al suo peso, può assumere senza rischio, giornalmente e per tutta la vita senza effetti avversi. «Anche l'acqua - spiega Galli - l'elemento più "naturale" a cui potremmo pensare, è dannosa, se assunta in dosi massicce: non a caso può essere utilizzata come tortura, se somministrata forzatamente in "dosi" letali».

     

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    Dunque, per farsi una idea dell'impatto che avrebbe la cannabis legale, bisogna riferirsi in primis alla dose alla quale si è esposti. «La cannabis con un contenuto di Thc dal 30 al 40% - specifica Vecchio - è capace di causare danni permanenti dal punto di vista neurologico e cardiologico».

     

    Mentre gli adolescenti sono soggetti a rischio per i motivi di cui sopra, potrebbero beneficiare della cannabis gli anziani, con un cervello decisamente molto meno plastico? «Nell'anziano la cannabis a uso medico - continua Vecchio - è utile per alleviare dolore e disturbi cronici associati a sclerosi multipla o a lesioni del midollo spinale. Inoltre, può essere indicata per far fronte ad alcuni effetti avversi della chemioterapia, della radioterapia e per malattie reumatiche come artriti, osteoartrosi, fibromialgia o neuropatie. Ancora, la cannabis a uso medico può essere impiegata anche per abbassare la pressione endoculare in caso di glaucoma che resiste alle terapie convenzionali».

     

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    Rocco Mediati, direttore del Dipartimento di Cure palliative e terapia del dolore dell'azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze conclude l'elenco delle applicazioni della cannabis strettamente a uso terapeutico, valide per tutte le età: «Non dimentichiamo - spiega l'esperto - l'effetto stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia e perdita dell'appetito in pazienti malati di tumori (prevalenti in età avanzata) o affetti da Aids e nell'anoressia nervosa».

     

    «È vero che il proibizionismo ha scarso successo - sostiene Guido Mannaioni, docente all'Università di Firenze, consigliere Sitox e componente della Società Italiana di Farmacologia - ma è vero anche che esisterà, con tutta probabilità, una popolazione che cercherà ancora lo sballo del prodotto concentrato e capace di danni irreversibili».

     

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    E fa un esempio: «È intuitivo che la birra analcolica o la birra light siameno dannosa del whiskey, ma tutto dipende dalla quantità bevuta. Stessa cosa con la eventuale cannabis legale».

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