Marco Giusti per Dagospia
justine triet
A Cannes Justine Triet, terza donna regista a essere premiata con la Palma d’Oro in 76 anni, cioè dal 1939, per il suo “Anatomie d’une chute” (“Anatomia di una caduta”), attacca in diretta mondiale la “macronie” e la repressione poliziesca contro le proteste per la nuova legge sulle pensioni.
Ma, a leggere i tweets, sono tutti dalla sua parte. Curiosamente il suo film è un giallo psicologico-giudiziario molto intelligente, ma non si può dire un film politico. Come lo era, solo per andare all’anno scorso la Palma d’Oro “Triangle of Sadness”, il film, sulla lotta di classe dei tempi nostri diretto da Ruben Ostlund, oggi presidente di una giuria molto attenta nella costruzione un po’ cencelliana del Palmares.
sandra huller
Se, come sapete, l’Italia non porta a casa nulla da questa Cannes, e solo sappiamo che poteva avere qualche chances “La chimera” di Alice Rohrwacher, il Gran Premio della Giuria va al superfavorito “The Zone of Interest” diretto da Jonathan Glazer e tratto dal romanzo di Martin Amis, interpretato dalla stessa meravigliosa attrice tedesca del film Palma d’Oro, cioè Sandra Huller, vera trionfatrice del festival. Un film costruito sulla banalità del male, la famiglia perfetta e felice del capo del campo di Auschwitz, bravo ragazzo che studia come mandare avanti senza interruzioni i suoi forni crematori mentre la moglie si rifà il guardaroba con le pellicce delle ricche ebree deportate.
jonathan glazer
Il premio per la miglior regia è andato, abbastanza a sorpresa, al franco-vietnamita Tran Anh Hung per lo storico culinario, per nulla impegnato se non nella costruzione dei piatti, “La passion de Dodin Bouffant” (“The Pot-au-feu”), la miglior sceneggiatura a Sakamoto Yuji per “Kaibutsu” (“Monster”) di Hirokazu Kore eda, il Premio della Giuria al bellissimo, romantico, politico “Kuolleet Lehdet” (“Le foglie morte”) di Aki Kaurismaki, che era piaciuto proprio a tutti. I premi agli attori, Kji Yakusho per “Perfect Days” di Wim Wenders e Merve Dizdar per “Kuru Otlar Ustune” di Nuri Bilgen Ceylan premiano anche film che sono molto piaciuti sia ai giurati che alla critica, ma questa Cannes non è stata il ritorno al grande successo di Wim Wenders come si pensava.
thien an pham
Tra tante opere prime di grande valore, soprattutto firmate da ragazze registe come un anno fa, è stato premiato il vietnamita Thien An Pham per il clamoroso e davvero innovativo “Inside the Yellow Cocoon Shell”, tutto costruito con spettacolari riprese senza tagli di grande maestria, dove il regista mette in scena la storia di un ragazzo di campagna arrivato a Saigon che si ritrova a accudire il nipotino rimasto orfano dopo un incidente di moto della madre. Lo riporta così nella stessa campagna da dove era lui stesso partito e si confronta con il suo vecchio mondo. La fidanzata che avrebbe dovuto aspettarlo e che invece si è fatta monaca, un vecchio che racconta la guerra in Vietnam dalla parte del sud. Su tutto vince la macchina da presa di Thien An Pham, che per ogni scena si inventa una costruzione di ripresa che ci illumini da un punto di vista sentimentale rispetto a quello che stiamo vedendo. Assolutamente da portare in Italia o da vedere su Mubi.
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