Marzio Breda per il “Corriere della sera”
sergio mattarella giuseppe conte 2
Dopo quasi due mesi di crisi serpeggiante, la catastrofica batosta subita dall' alleanza di governo alle elezioni in Umbria mette in allarme anche il Quirinale. Il presidente della Repubblica non può ovviamente sfiduciare un esecutivo in carica, come pretenderebbe ad esempio la leader di Fratelli d' Italia, Giorgia Meloni. Non può - costituzionalmente - almeno finché questa maggioranza, per quanto meticcia ed improvvisata in extremis dopo la rottura di Matteo Salvini lo scorso agosto, regge in Parlamento. Insomma, Sergio Mattarella non si presterà a manovre per «nuovi scenari subito», sabotando (ed è la richiesta dei vincitori di domenica) o al contrario puntellando e blindando gli attuali assetti politici.
Starà alla finestra, dunque, in attesa di verificare quali effetti produrranno i postumi del voto umbro sui due principali partner dell' alleanza. E la vera prova del fuoco, per il Colle, è piuttosto vicina: il varo della legge di Bilancio, su cui il Pd e il Movimento 5 Stelle hanno espresso posizioni spesso divaricate, se non apertamente conflittuali. Possono permettersi di far sfociare in guerriglia le tensioni latenti nelle ultime settimane?
sergio mattarella luigi di maio
O addirittura prendersi il lusso di vagheggiare un rimpasto immediato? O magari di chiedere persino un cambio alla guida di Palazzo Chigi, ad appena 55 giorni dalla conferma di Giuseppe Conte in veste di premier?
Dopo che i democratici hanno già subìto la pesante scissione delle truppe di Matteo Renzi registrando in Umbria un non così drammatico 22,3 per cento, l' incognita maggiore ricade soprattutto sul divisissimo fronte dei pentastellati. Fra i quali si è aperta una questione di leadership (per tacere del cannibalistico gioco di invidie e gelosie personali), fondata sulle sconfitte inanellate in sequenza dal capo politico Luigi Di Maio. Una più grave dell' altra. Con il risultato di far precipitare il Movimento, in un solo anno e mezzo, dal 27 per cento alla disastrosa soglia del 7 per cento.
consultazioni la delegazione del pd da mattarella paolo gentiloni nicola zingaretti andrea marcucci
Il punto politico sta qui. E dimostra quanto la stessa esistenza in vita del governo sia divenuta problematica. Ecco cosa preoccupa Mattarella, che per «dovere d' ufficio» cerca di garantire stabilità al Paese. Un timore più terra terra ce l' ha anche la gran parte dei parlamentari, che per spirito di autoconservazione non vorrebbero certo abbandonare lo scranno appena conquistato. Parlamentari i quali sanno da tempo che, nell' ipotesi di una caduta del governo, il presidente non si adopererà per trovare alternative in modo di prolungare questa tormentata legislatura fino al 2022. Si tornerà alle urne - e Mattarella lo ha fatto sapere con toni severi a chi ha incontrato di recente - senza tenere conto dei calcoli su quali forze di Camera e Senato eleggeranno il suo successore al Quirinale.
È questa una materia discriminante, su cui si almanacca fin da prima della nascita dell' esecutivo giallorosso. In ogni caso, c' è da prevedere che il capo dello Stato vorrà presto vedere chiaro sulle intenzioni dei partiti. Per lui la massima andreottiana secondo la quale «meglio tirare a campare che tirare le cuoia», non vale.
L' Italia ha troppi problemi aperti, che richiedono responsabilità.