Massimo Massenzio per corriere.it
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Debiti con banche e Agenzia delle Entrate per oltre 2 milioni e mezzo di euro, crediti pignorati e cartelle esattoriali che aumentano ogni anno. A poco più di due mesi dallo sfarzoso matrimonio con l’imprenditore Marco Roscio, con tanto di ricevimento per 400 invitati nella reggia di Venaria, la showgirl torinese Cristina Chiabotto è stata ammessa alla procedura di liquidazione del patrimonio prevista dalla legge «salva suicidi».
Crisi da sovraindebitamento
Secondo il Tribunale di Ivrea la domanda depositata lo scorso 3 giugno è meritevole di accoglimento e per questo l’ex Miss Italia sarà costretta a vendere tre negozi di sua proprietà per un valore di 241 mila euro e a mettere a disposizione del Fisco una liquidità annua di poco superiore a nove mila euro. Un accordo che sembra vantaggioso per Cristina Chiabotto considerando che negli ultimi anni il suo reddito netto è stato in media di circa 250 mila euro e nel 2019, al momento della presentazione dell’istanza, aveva già perfezionato due contratti da 114 mila euro. La legge, però, non fa distinzioni e ai benefici previsti dalla normativa possono accedere tutti in cittadini in crisi da sovraindebitamento.
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È necessario quindi che ci sia un’enorme sproporzione fra il debito accumulato e i mezzi a disposizione. Per il giudice Matteo Buffoni è proprio il caso della modella di Borgaro, che nel piano di liquidazione presentato in cancelleria ha dichiarato di essere ancora residente nel piccolo paese dell’hinterland torinese assieme alla mamma casalinga, alla nonna pensionata e non autosufficiente e alla sorella studentessa.
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Un nucleo familiare che viene definito dalla stessa Chiabotto bisognoso di un aiuto di 50 mila euro all’anno «per la gestione quotidiana quali utenze domestiche, spese per personale addetto agli anziani e tasse scolastiche». Anche se dopo il matrimonio sembra che la showgirl si sia trasferita con lo sposo in una lussuosa residenza all’interno del parco della Mandria.
Il debito
L’ex Miss Italia ha spiegato di non volersi sottrarre ai suoi doveri e che i suoi debiti sono stati il frutto di cattivi consigli: «Purtroppo, in totale buona fede, mi sono affidata ai professionisti sbagliati. Sono stata mal consigliata sotto il profilo fiscale quando, ancora giovanissima, a 19 anni ho iniziato la mia attività». Infatti i guai della soubrette sono iniziati nel 2014, dopo le verifiche di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate. Sotto la lente di ingrandimento sono finite le imposte versate dal 2008 al 2013 e gli ispettori hanno accertato un «comportamento elusivo non fraudolento» che ha prodotto un debito col Fisco — tra interessi e sanzioni — di oltre due milioni di euro.
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Nel 2018 Chiabotto ha chiesto la massima rateizzazione possibile, ma non ha rispettato neppure le nuove scadenze e i pignoramenti per circa 200 mila euro hanno peggiorato la situazione. Adesso potrà estinguere le sue pendenze vendendo gli unici beni a lei intestati: due negozi a Borgaro e un terzo a Torino.
Ma la pubblicazione di tutta la documentazione sul sito del Tribunale di Ivrea ha provocato infuocate polemiche sul web e provocazioni ironiche alle quali l’interessata ha risposto sostenendo di essere ricorsa alla legge «salvasuicidi» per «pagare, come tutti, le somme affettivamente dovute». E ha concluso: «Non mi resta che attendere l’esito della procedura con la serenità di chi ha la coscienza a posto».
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