1 - LA CIA AL LAVORO SULLA MINACCIA CINESE, NASCE UN DIPARTIMENTO ANTI-PECHINO
Luigi Guelpa per “il Giornale”
cina taiwan
Gli Stati Uniti sostituiscono la Russia con la Cina nel nuovo capitolo della guerra fredda. Gli scontri tra diplomazie e gli scambi di accuse sono ben noti da anni, soprattutto dopo la stretta di Pechino su Hong Kong e i recenti blitz aerei su Taiwan.
La situazione nel Pacifico sta diventando sempre più incandescente, al punto che rappresentanti delle forze speciali Usa stanno addestrando da qualche giorno i militari di Taipei per prepararli a un'aggressione cinese.
Da ieri, come informa il Washington Post, la Casa Bianca è entrata ufficialmente in una seconda fase del braccio di ferro, incaricando la Cia di creare un nuovo dipartimento dedicato esclusivamente agli affari di Pechino.
FORZE SPECIALI USA
La notizia è stata confermata dal direttore dell'agenzia di spionaggio William J. Burns, che ha parlato dell'imminente allestimento di un «China Mission Center per rafforzare il nostro lavoro collettivo nei confronti della più grave minaccia geopolitica che dovremo affrontare nel 21esimo secolo».
Non sarà un lavoro facile, considerando che la Cina è un paese complicato da monitorare soprattutto per le dimensioni della sua economia, completamente intrecciata con quella degli Usa e degli alleati occidentali. Proprio come accadde contro i sovietici, la Cia schiererà più ufficiali, tecnici e specialisti nei paesi di tutto il mondo per raccogliere informazioni e contrastare gli interessi di Pechino.
XI JINPING JOE BIDEN
Questo avverrà anche attraverso l'assunzione di borsisti e di un considerevole incremento del personale, in modo da lasciare intatti i dipartimenti che si stanno occupando di Iran, Corea del Nord e Russia.
La Cina è in cima alla lista delle preoccupazioni degli 007 di Biden, complice l'ondata di attacchi cyber dell'ultimo anno, alcuni attribuiti direttamente ai Servizi di Pechino. Come quello che la scorsa primavera ha colpito i server di Microsoft. Per Burns, la leadership predatoria della Cina è la più grande insidia per la sicurezza americana.
JOE BIDEN XI JINPING
«L'obiettivo del governo cinese è rimpiazzare gli Stati Uniti come nazione più potente e influente al mondo. L'atteggiamento contraddittorio di Xi Jinping è inquietante». Non sarà certo un compito semplice «spiare» Pechino, come rivela un'inchiesta del New York Times.
Difficile trovare informatori (anche stranieri) validi da reclutare e inserire nelle operazioni di spionaggio. Intervistando ex agenti è emerso che lo scenario sta diventando sempre più intricato.
joe biden xi jinping
«Prepararli alle operazioni, e a come eludere le agenzie dei paesi rivali, è complesso. Sono operazioni che ci sono costate la perdita, spesso fisica, di parecchi uomini», racconta Daniel Hoffman, ex agente Cia che ha lavorato sia all'estero che negli uffici centrali dell'agenzia. Una delle maggiori incognite riguarda le nuove frontiere tecnologiche.
Negli ultimi anni è diventato sempre più facile individuare informatori e seguirne gli spostamenti grazie a impronte biometriche e riconoscimento facciale, ma anche con sistemi di intelligenza artificiale e attacchi informatici.
La Cina attribuisce grande importanza all'innovazione tecnologica e insiste nel considerare questo rinnovamento come prima forza trainante di sviluppo. Le trappole per Washington sono dietro l'angolo. Nel corso dell'intervista, Burns ha ricordato inoltre che la Cia sta reclutando nuovi informatori per ricostruire una rete in Pakistan, alla luce della recente conquista dell'Afghanistan da parte dei talebani.
2 - TAIWAN, FORZE SPECIALI USA IN SEGRETO SULL’ISOLA PER PREPARARE LA DIFESA DA UN’INVASIONE CINESE
Guido Santevecchi per www.corriere.it
Due dozzine di incursori americani delle Special Forces e un piccolo contingente di Marines sono stati schierati a Taiwan per addestrare l’esercito di Taipei a difendersi in caso di attacco cinese .
Soldati di Taiwan
Lo hanno rivelato fonti del Pentagono alla stampa americana, significativamente subito dopo lo show di potenza aerea da parte di Pechino, che tra l’1 e il 4 ottobre ha fatto volare intorno all’isola «ribelle» 150 apparecchi, tra caccia e bombardieri.
L’operazione segreta (non tanto) va avanti da parecchio tempo, almeno un anno. Notizie erano uscite sulla stampa di Taipei alla fine del 2020, dopo che sui social media erano circolate foto di Green Berets americani sull’isola e addirittura lo US Army’s 1st Special Forces Group aveva prodotto un video promozionale delle sue attività taiwanesi, ritirato quando aveva attirato troppa attenzione.
XI JINPING JOE BIDEN
Secondo le fonti di Washington, che hanno parlato con il «Wall Street Journal», gli incursori americani delle Special Forces addestrano piccole unità terrestri taiwanesi ad azioni di resistenza e i Marines insegnano come sfruttare il potenziale di barche leggere e veloci che potrebbero ostacolare un tentativo di sbarco dell’Esercito popolare di liberazione cinese.
Il portavoce del Pentagono non ha smentito la notizia: «Non ho commenti da fare su operazioni specifiche, ma voglio sottolineare che il nostro sostegno a Taiwan e le nostre relazioni per la difesa dell’isola si allineano alla minaccia della Repubblica popolare cinese. Chiediamo a Pechino di rispettare gli impegni per una soluzione pacifica delle dispute».
JOE BIDEN E XI JINPING
Le parole del funzionario della Difesa Usa fanno capire l’obiettivo politico della diffusione della notizia: segnalare che gli Stati Uniti sono sempre vicini anche militarmente alla democrazia taiwanese, nonostante riconoscano formalmente solo il governo di Pechino e abbiano accettato negli Anni 70 il principio che c’è «una sola Cina» (quella comunista).
Due dozzine di Navy Seals e un piccolo reparto di specialisti dei Marines non cambiano naturalmente la situazione nel teatro di operazioni e il segreto non era tanto segreto. Sicuramente all’intelligence militare cinese non erano sfuggite le immagini dei commandos americani in addestramento sulle spiagge di Taiwan.
joe biden
Però, oltre che dal punto di vista politico, la presenza degli istruttori militari americani, ha una valenza strategica. Da tempo Washington invita gli amici di Taiwan a non affidarsi solo alle tattiche tradizionali di difesa, in particolare alla forza aerea. Il Pentagono teme che aeroporti e aerei taiwanesi sarebbero spazzati via dai cinesi al primo attacco massiccio.
Un piano di battaglia lasciato in eredità dai consiglieri dell’Amministrazione Trump chiede a Taipei di preparare la «strategia del porcospino»: significherebbe chiudersi a riccio, sfruttare le difficoltà del nemico, piuttosto che cercare velleitariamente di uguagliarne la forza aeronavale. Il porcospino taiwanese dovrebbe soprattutto far capire ai cinesi di essere in grado di rallentare e rendere molto sanguinosa l’invasione.
caccia cinesi sopra taiwan
L’Ambiguità strategica di Washington prospetta che a quel punto arriverebbero i rinforzi americani con le loro portaerei, i sottomarini nucleari e in caso estremo divisioni di Marines. «Meglio sviluppare sistemi meno costosi ma letali» di contrasto, si legge nel rapporto. Quindi, più spazio a missili anti-nave, mine «intelligenti», barche piccole e veloci che potrebbero infliggere gravi perdite alla flotta d’invasione, forze di terra ben addestrate al combattimento prolungato.
Il piccolo contingente americano presente a rotazione a Taiwan sta facendo esattamente questo: addestra i taiwanesi alla «strategia del porcospino». L’obiettivo è di far capire a Pechino che la conquista di Taiwan si trasformerebbe in un inferno. «Non escludo che i cinesi lo sapessero già e fossero informati della presenza americana sull’isola», dice Bonnie Glaser, direttrice dell’Asia Program al German Marshall Fund.
caccia cinesi sopra taiwan
«Però rendere pubblica l’operazione spingerà i cinesi a reagire e lo faranno probabilmente aumentando la pressione su Taipei, ma questa volta con azioni più destabilizzanti rispetto ai voli dei loro aerei intorno all’isola». Insomma, Washington e Pechino giocano a poker e la posta è Taiwan.
Il portavoce degli Esteri di Pechino ha commentato le notizie sulla presenza delle forze speciali americane nell’isola chiedendone il ritiro e assicurando che «la Cina prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare la sua sovranità e l’integrità territoriale». Al momento, una risposta di routine, il minimo sindacale per un portavoce.