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    "LA NOSTRA LEGGE PREVALE SUI TRATTATI UE" LO SCONTRO TRA LA POLONIA E L'UNIONE EUROPEA RIANIMA LE DESTRE SOVRANISTE. E BRUXELLES TEME LA POLEXIT. ESULTANO UNA PARTE DELLA LEGA E GIORGIA MELONI - LA VON DER LEYEN DURISSIMA MINACCIA DI CONGELARE I FONDI DEL RECOVERY - IL PREMIER POLACCO ASSICURA DI... – A DIVIDERE L’EUROPA ANCHE IL MURO ANTI-MIGRANTI. LA RICHIESTA DI 12 STATI: “LA UE CI DIA I FONDI PER BLINDARE I CONFINI” - SALVINI: "E L'ITALIA COSA DICE?"


     
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    TONIA MASTROBUONI per repubblica.it

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    Lo scontro senza precedenti tra la Polonia e l'Unione europea rianima le destre sovraniste, attualmente orfane di argomenti "caldi". L'indignazione delle capitali europee - Francia e Germania in testa con tanto di di dichiarazione congiunta dei ministri esteri - dinanzi alla decisione della Corte costituzionale polacca di dichiarare incostituzionali alcuni articoli dei Trattati europei ha catapultato leader e premier populisti sulle barricate. 

     

     

    (...) Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha twittato che la pensa «come le Corti costituzionali tedesca, polacca e altre: la Costituzione voluta, votata e difesa dal popolo italiano viene prima delle norme decise a Bruxelles. Perché si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra».

     

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    Ma in Italia anche un partito di governo si è mobilitato a favore della gravissima sentenza polacca. Claudio Borghi, deputato della Lega, ha parlato di una mossa «sacrosanta», e i due eurodeputati Marco Zanni e Antonio Maria Rinaldi si sono buttati in un curioso calembour: «É bene ricordare che sono le Costituzioni nazionali a legittimare l'esistenza dell'Ue e del suo diritto e non può essere il contrario». Anche in questo caso sarebbe appena il caso di ricordare che ogni Stato che aderisca all'Unione europea accetta la primazia dei Trattati sulle leggi nazionali.

     

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    La reazione della Commissione europea è stata durissima. La presidente Ursula von der Leyen si è detta «profondamente preoccupata per la sentenza» e ha promesso che «useremo tutti i poteri che abbiamo ai sensi dei trattati per garantirlo». Non è ancora chiaro quali strumenti saranno messi in campo, ma è certo che i 58 miliardi di fondi del Recovery Fund bloccati da settimane in attesa che Varsavia rispetti le sentenze della Corte di Giustizia Ue a tutela dell'indipendenza dei giudici, non saranno scongelati. E intanto tre europarlamentari di peso della maggioranza hanno invitato Bruxelles ad applicare «immediatamente» il meccanismo che tutela il bilancio Ue dalle violazioni dello Stato di diritto. Il premier polacco Morawiecki ha insistito anche ieri che la Polonia non vuole uscire dall'Ue.

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    E il politologo Michal Kolanko, intercettato al telefono, spiega che «il partito di governo Pis (Diritto e Giustizia) cerca da sei anni di dimostrare ai suoi elettori che non si inchina a Bruxelles. Tutte le sue "battaglie per la sovranità" ruotano intorno a questo messaggio. Ma finora si sono sempre fermati a un passo dal disastro, e cioè a un passo dal perdere i fondi europei. (…)

     

     

    IL MURO ANTI-MIGRANTI DIVIDE L’EUROPA

     

    FRANCESCA BASSO per il Corriere della Sera

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    Il muro anti-migranti divide l'Europa. Dodici Paesi Ue hanno scritto alla Commissione europea e alla presidenza di turno slovena dell'Ue per chiedere nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dell'Unione di fronte ai flussi migratori e di poter finanziare con il bilancio dell'Ue la costruzione di recinzioni e muri. Un primo stop è arrivato dalla commissaria Ue agli Affari interni, che ha parlato al termine del consiglio che si è tenuto a Lussemburgo: «Abbiamo davvero bisogno di rafforzare la protezione dei confini esterni dell'Unione - ha detto -. Alcuni Stati membri costruiscono barriere e li capisco.

     

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    Ma non penso che sia una buona idea usare fondi Ue per costruirle». La presidenza slovena, invece, sostiene la proposta. Il documento è stato firmato dai ministri dell'Interno di Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia. Il ministro sloveno Ales Hojs ha spiegato di non avere ricevuto la lettera e dunque di non avere avuto «l'opportunità di firmarla» ma «comunque ho avuto l'occasione di sostenerla pubblicamente» e ha ricordato che «dopo il disastro del 2015, la Slovenia ha deciso di erigere barriere, a sue spese, su parte del confine della Croazia, e continuerà a farlo». Sul tavolo del consiglio Affari interni c'era tra i punti all'ordine del giorno il rafforzamento delle frontiere esterne dell'Ue, incluso lo screening e la detenzione dei migranti (che sono parte del nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo, i cui negoziati sono però in stallo).

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    La lettera chiede l'adattamento della cornice legale Ue alle nuove realtà, in particolare «nuovi strumenti che permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite». I Paesi Baltici e la Polonia sono in queste settimane sotto pressione per i migranti spinti al confine dal dittatore bielorusso Alexander Lukashenko con l'obiettivo di destabilizzare l'Unione. Varsavia e Vilnius stanno già erigendo barriere difensive. Per la commissaria Johansson non servono nuove proposte, va trovato invece l'accordo sul nuovo Patto per la migrazione e l'asilo che contiene una parte sulla protezione e il monitoraggio dei confini esterni dell'Ue.

     

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    La ministra Luciana Lamorgese, che a margine del consiglio ha incontrato Johansson, ha spronato l'Ue a «colmare il ritardo fin qui accumulato, sviluppando, in tempi rapidi e con azioni concrete, gli impegni assunti sul fronte dei partenariati strategici con i principali Paesi del Nord Africa, a partire da Libia e Tunisia». Da Roma si è fatto sentire il leader della Lega Matteo Salvini: «Se ben 12 Paesi europei con governi di ogni colore chiedono di bloccare l'immigrazione clandestina, con ogni mezzo necessario, così sia. L'Italia che dice?».

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