Tommaso Labate per corriere.it
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«Sempre sia lodata!», si sente urlare alle 4 del mattino dal fondo della sala, dove la schiera di poltroncine rosse con braccioli rigidissimi è stata trasformata in una specie di dormitorio, l’ultimo rifugio dei parlamentari che si danno il cambio per schiacciare un pisolino mentre a pochi metri da loro l’esame della legge di bilancio va avanti. «Sempre!», risponde un’altra voce dal centro della scena, sigillando idealmente l’approvazione dell’articolo che contiene il finanziamento di cinquecentomila euro alla Confraternita della Misericordia.
Ventiquattr’ore prima, sempre verso le 4 del mattino, qualche deputato aveva acceso il proprio microfono e l’aveva abbassato fino a farlo arrivare all’altezza dell’altoparlante dello smartphone, col risultato di sparare a tutto volume «Eye of the tiger», il pezzo rock dei Survivor celebre negli anni Ottanta per essere stata la colonna sonora di Rocky III (qualche anno dopo, e siamo all’estate scorsa, la canzone avrebbe fatto da corredo ai meme divertenti del web a proposito degli «occhi della tigre» richiesti in campagna elettorale dal segretario del Pd, Enrico Letta).
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Camera dei Deputati, Sala del Mappamondo, piano quarto di Palazzo Montecitorio, il teatro della commissione in cui vanno in scena le notti bollenti della legge di bilancio. Dove il sacro della Confraternita della Misericordia si mescola al profano di Rocky III, e tutti e due si fondono virtualmente con la caccia al cinghiale trasferita in territorio urbano, coi cinghiali catturati in città — così recita l’emendamento di Fratelli d’Italia approvato con un blitz a sorpresa — che potranno anche essere mangiati.
«Io l’avevo capito che stava succedendo qualcosa», dice a un certo punto il Verde Angelo Bonelli. «Li vedevo là, tutti tesi, quelli della lobby della caccia». Non ci si deve mai distrarre, in commissione Bilancio. Uno dorme, gli altri fanno passare un emendamento che può contenere qualsiasi cosa. Bonelli non dorme ma contro i voti della maggioranza può poco. Sono le 6.45 di ieri mattina, mercoledì 21 dicembre.
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Qualche ora prima, gli esponenti della maggioranza avevano cominciato a litigare tra loro sui fondi riservati al Parlamento, scesi improvvisamente da 400 milioni a 200. «Giorgetti, guarda che abbiamo chiamato Molinari, sta arrivando», è il fuoco amico dei leghisti contro il loro ministro. Il capogruppo del Carroccio, con la faccia di uno che è stato svegliato nel cuore della notte e trascinato di peso a Montecitorio, raggiunge il superministro insieme all’omologo di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti. Il titolare dell’Economia non è spaventato per nulla, anzi: «Ragazzi miei, mi dite che non sapete nulla ma io che cosa posso fare? Guardate che questa decisione è stata presa insieme ai segretari di partito», che poi sarebbero Meloni e Salvini.
La catena di montaggio della legge di Bilancio funziona così: gente che va, gente che viene, i commessi della Camera che tengono lontani tutti quelli senza il tesserino che vale l’accesso al piano IV. C’è una saletta dove il governo riceve le forze politiche e dove articoli ed emendamenti prendono forma; il manufatto viene poi trasferito al Mappamondo, nella sala dove la commissione Bilancio respinge o approva.
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L’ordine di ingresso delle forze politiche, nella notte tra lunedì e martedì, aveva generato la bagarre tra il combattivo tandem di Azione-Italia viva e un pezzo della maggioranza. Luigi Marattin e Matteo Richetti dovevano entrare ma i leghisti rivendicavano il posto in fila. «Stiamo solo dieci minuti!», «No tocca a noi!», col ministro dei Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, che prima accoglieva la coppia calendian-renziana e poi finiva per prendersela con Marattin. «Hai fatto una figura di m..., sei un ridicolo, ricordati che sei un miracolato eletto con le liste bloccate mentre io ho preso il 53 per cento nel collegio uninominale», si sfoga il ministro. E Marattin: «Questo 53 per cento le serve a poco visto che state facendo una porcheria mai vista. E poi qua non vedo nessuno della Ragioneria: chi controlla che ci siano le coperture?».
Un oscuro presagio, a metà tra l’anatema e la maledizione, che si sarebbe manifestato in tutta la sua potenza due giorni dopo, ieri sera, quando si scopre che la Finanziaria ha una voragine di mezzo miliardo a causa dell’approvazione per errore di un emendamento del Pd a favore dei comuni, e che quindi dovrà tornare di nuovo alla Sala del Mappamondo.
C’è un momento in cui, però, il clima da saloon del Far West cede il passo a un clima di conciliazione, quasi «natalizio». Ed è quando, lunedì sera, sale alta la protesta contro il rinfresco fatto solo di pizzette e panini. Martedì, quando arriva l’ora della pausa cena, i deputati della Commissione Bilancio festeggiano l’avvenuta rivoluzione. Davanti a loro, insieme al riso, le agognate lasagne. Ancora fumanti.
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