1 - GIUSTIZIA LENTA, CARMINATI E’ FUORI
Estratto dell’articolo di Michela Allegri per “il Messaggero”
MASSIMO CARMINATI
[…] Massimo Carminati […] ha lasciato il carcere di Oristano, dove era stato trasferito dopo un periodo di detenzione al 41 bis a Tolmezzo. Il re del Mondo di mezzo […] è tornato a casa: libero, in attesa che la Corte d'appello ridetermini la pena a suo carico, come chiesto dalla Cassazione. Il motivo della scarcerazione è tutto tecnico: dopo 5 anni e 7 mesi trascorsi in prigione, sono scaduti i termini di custodia cautelare e, a causa delle lungaggini della giustizia, non c'è ancora stata una sentenza definitiva.
Ma adesso il timore è che Carminati possa fuggire. Per questo motivo, la Procura generale ha intenzione di chiedere il divieto di espatrio e l'obbligo di dimora, per l'ex estremista nero e per tutti gli altri scarcerati. Il ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale della libertà non è infatti scontato: una recente sentenza delle Sezioni Unite sposa in pieno la tesi dei legali dell'ex Nar.
massimo carminati
L'ISTANZA
Dopo tre rigetti da parte della Corte d'appello, l'istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia presentata dagli avvocati Cesare Placanica e Francesco Tagliaferri è stata infatti accolta: nel caso di Carminati, non vale il meccanismo della contestazione a catena, che permette il prolungarsi dei termini di detenzione cautelare. Tradotto: l'ex Nar è stato arrestato la prima volta nel dicembre 2014, mentre nel maggio 2015 a lui e agli altri imputati è stata notificata una seconda misura.
Per il Riesame - e per le Sezioni Unite - per calcolare i termini di custodia cautelare bisogna considerare la prima ordinanza. E conta anche il reato. Caduta l'accusa di associazione mafiosa, la contestazione più grave per l'ex Nar è la corruzione, che all'epoca dei fatti aveva una pena massima di 8 anni. Significa che Carminati, dal momento dell'arresto, ha già scontato i due terzi del massimo edittale e quindi può tornare a piede libero. Il Cecato, come tutti gli altri assolti dall'accusa di 416 bis, non dovrà essere processato nuovamente: il reato non potrà essere riqualificato.
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Dovrà solo essere ricalcolata la pena. E con ogni probabilità sarà più bassa dei 14 anni e mezzo che i giudici di secondo grado gli avevano inflitto, aggiungendo erroneamente al suo curriculum criminale anche la definizione di mafioso. Una decisione stroncata dalla Cassazione. A quattro giorni di distanza dal deposito delle motivazioni che smontano punto per punto la sentenza di secondo grado, è arrivata anche la scarcerazione. E un ruolo lo hanno avuto anche quelle stesse motivazioni: depositate dopo tantissimo tempo, a quasi otto mesi di distanza dalla sentenza. Fissare un appello ed arrivare alle pene definitive in pochi giorni sarebbe stato impossibile. La scarcerazione, quindi, era praticamente inevitabile. […]
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2 - IL CASO DEI TEMPI IN CASSAZIONE
Estratto dell’articolo di Cristiana Mangani per “il Messaggero”
[…] Alla fine, dopo anni di indagini e di processi, dopo tre rigetti da parte della Corte d'appello, a rimetterlo fuori è stata la scadenza dei termini. I suoi avvocati, Cesare Placanica e Francesco Tagliaferri, hanno avuto la meglio basandosi sul meccanismo della contestazione a catena (che permette il prolungarsi della misura in carcere). E che in pratica certifica due concetti: la condanna di Carminati non è ancora definitiva, ma sebbene sia così, è scaduta perché la Corte di cassazione ha impiegato ben otto mesi per depositare le motivazioni della sentenza. Ed è questo il vero problema. […]
IL VERDETTO
Succede, infatti, che il 22 ottobre scorso la Cassazione emetta una sentenza che smonta l'intero processo di Mafia Capitale: decade l'aggravante mafiosa e gli imputati principali diventano tutti criminali semplici e volgari corruttori. A quel punto gli ermellini stabiliscono che l'Appello dovrà rimodulare le condanne, e rinviano nuovamente al secondo grado di giudizio. Fino a quel momento, Carminati doveva scontare 14 anni di pena. Ne ha già fatti 4 al regime duro del 41 bis. E altri nel carcere di Oristano. La nuova situazione, però, prevede che i termini della carcerazione scadano il 30 marzo del 2020.
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Nel frattempo, interverrà la ridefinizione della condanna, è la speranza di tutti. Ma così non va, perché la Cassazione impiega otto mesi per scrivere le motivazioni della sentenza. Indubbiamente una sentenza difficile da spiegare, anche se il cui solco era già stato in parte tracciato.
Si arriva alla fine di marzo, e delle motivazioni neanche l'ombra. Sei giorni fa vengono depositate e scardinano l'intera inchiesta e il primo grado di giudizio. I difensori dell'ex Nar, a quel punto, affilano le armi e presentano l'ultima istanza di scarcerazione. C'è da dire che anche se piazza Cavour avesse impiegato qualche mese di meno, la situazione sarebbe andata ugualmente così. Perché, da fine ottobre a marzo passano poco più di sei mesi, con i tempi della giustizia italiana difficilmente in quello stesso periodo si sarebbe potuto trasferire il fascicolo, istruire il processo in Appello, emettere la condanna, scrivere le motivazioni e dare i termini alle difese.
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I difensori hanno valutato che il massimo edittale per il reato di corruzione va dai 4 agli 8 anni di pena, ed è su quello che hanno basato la richiesta. Carminati, infatti, ne aveva già scontati due terzi, e dunque aveva le carte per tornare libero. «Il mio assistito - spiega l'avvocato Placanica - non ha superato i termini, ma ha superato il termine massimo di carcerazione». «Una scarcerazione - aggiunge l'altro legale, Francesco Tagliaferri - che non consegue per un cavillo ma è l'applicazione pedissequa del codice di Procedura penale. Bonafede facesse le inchieste che vuole. Ho letto che sarebbe stata disposta un'ispezione al carcere di Oristano, ma spero sia un errore, sarebbe ai limiti del comico».