Estratto dell’articolo di Fabio Pavesi per “il Fatto Quotidiano”
PALAZZO ALTIERI ABI
Da un lato le banche italiane, reduci solo ora dalla più grave crisi della loro storia recente. Un decennio terribile che ha visto perdite cumulate per oltre 50 miliardi, il crac delle due banche venete e delle 4 banche locali e la nazionalizzazione forzata di Mps. Una crisi tremenda che ha visto la fuoriuscita dagli istituti della Penisola di oltre 40mila lavoratori bancari per un taglio secco dei costi del lavoro di quasi 3 miliardi (…)
Dall’altro lato l’Abi, l’associazione bancaria italiana, la lobby che raggruppa i vertici delle banche del paese che è passata attraverso il decennio terribile del settore senza accorgersene (…)
L’associazione dei banchieri sprizza infatti salute da tutti i pori. Fosse un’azienda bancaria sarebbe additata come esempio di virtù finanziaria. Ma è un’associazione di rappresentanza, senza scopo di lucro.
MPS
Eppure l’Abi siede da anni su un piccolo tesoretto di liquidità per quasi 78 milioni. (77,9 milioni per l’esattezza). Su un attivo di bilancio complessivo di 123 milioni, la cassa così ingente la fa da padrona. Cash is King potrebbe essere il motto della lobby bancaria. Il dato assai sorprendente emerge dal bilancio del 2017 (…)
Tra l’altro quel tesoretto è in crescita nel tempo. L’anno prima le disponibilità liquide si fermavano a 70 milioni, contro i 78 milioni del 2017. Un cuscinetto di quattrini di tutto riposo fin eccessivo per un’associazione di settore.
ABI
Tra l’altro mai speso per necessità anche nella tempesta della crisi bancaria. Nel 2014 la cassa liquida dell’Abi si fermava a “soli” 64 milioni. E nel 2013 la cassa era di soli 33 milioni, ma c’erano a quel tempo investimenti in titoli a medio termine per la bellezza di oltre 38 milioni.
Come si vede il tesoretto non solo è elevato ma data da lungo tempo. Con l’Abi trasformatasi in investitore con quei 38 milioni in titoli, scesi poi a 8,6 nel 2014 e, a fine 2017, a 4 milioni.
In quella disponibilità liquida di fine 2017 per quasi 78 milioni, 41,7 milioni sono conti correnti, mentre 36 milioni sono investiti in titoli questa volta a breve. L’associazione capitanata da Patuelli e diretta da Giovanni Sabatini con quel tesoretto investito porta a casa proventi finanziari per 4 milioni (…)
patuelli
Già ma dove viene tanta fortuna finanziaria. È figlia di anni lontani. Dalla cessione avvenuta poco più di 10 anni fa delle quote che Abi deteneva in Sia, la società specializzata in infrastrutture tecnologiche di automazione e di quote detenute ai tempi in E-Mid.
Cessioni che hanno prodotto plusvalenze per oltre 60 milioni e che hanno fatto da base per l’accumulo del forziere. Ma non c'è solo ricca cassa: Abi ha il possesso di Palazzo Altieri in Piazza del Gesù a Roma dove ha la sua storica sede.
ABISERVIZI
Quel cespito è detenuto tramite Bancaria Immobiliare ed è in carico per 32 milioni. E ciliegina sulla torta Abi possiede Abiservizi, una spa che gestisce le attività editoriali, i convegni, i corsi di formazione (…)
Abiservizi fattura sui 18 milioni l’anno e riesce a chiudere con un piccolo utile le sue attività. Per il resto la normale amministrazione vede le banche socie versare contributi annui complessivi per 36 milioni cui si sono aggiunti 2 milioni di contributi speciali.
antonio patuelli con la moglie
Ma sui 38 milioni di entrate, Abi è costretta a politiche di sconto. Nel 2017 lo sconto applicato è stato di oltre 4 milioni. Un 10% di taglio dei contributi dovuti dalle banche. Con qualche presidente e ad non certo soddisfatto dei risultati della lobby bancaria espressa da Abi in questi anni a giudicare da come l’Europa ha finito per trattare le banche italiane.
Quanto all’impiego dei contributi, 26 milioni pagano gli oltre 225 dipendenti, il resto finisce in spese di funzionamento e servizi. Ora l’Abi ha pronte le cesoie. Pre-pensionamenti per 50 unità; la vendita di Palazzo Altieri e l’eventuale acquisto di una sede a Milano.
Di una spending review non ce ne sarebbe bisogno dato il tesoro in cassa. Ma tant’è cosa non si fa in nome dell’efficienza. C’è da chiedersi piuttosto cosa se ne faccia di quel forziere cospicuo un’associazione imprenditoriale non tenuta al profitto. Forse una riserva per i tempi bui. Quelli però li hanno già passati (e pagati sonoramente) i soci della Confindustria bancaria. Chiedere a loro.