Alberto Mattioli per “la Stampa”
matteo salvini con la mascherina
Sicuramente non è l' inizio della fine. Ma forse è la fine dell' inizio. Da quando Matteo Salvini, nel dicembre 2013, ereditò una Lega ferma a un preagonico 4% facendone il primo partito italiano, mai i sondaggi avevano fatto un dietrofront così. Mettono d'accordo tutti i più reputati istituti demoscopici: la Lega è al 25,9% per Ixè, fra il 27 e il 28 per Euromedia, al 25,4 per Pagnoncelli: uno smottamento, per un partito che veleggiava sopra il 30. Gli elettori sanzionano una politica ondivaga, passata da ipotesi di governissimo con Draghi premier e appelli all' unità nazionale al "no" fisso a qualsiasi cosa dica Conte e qualsiasi accordo con l' Europa.
salvini giorgetti
La notizia è che crescono i malumori anche "dentro". Certo, la Lega è l' ultimo partito autenticamente leninista del mondo, quindi nessuno contesterà apertamente la leadership del Capitano. I big continuano a stare coperti; abbottonati però no, e così le voci di contrasti sulla linea politica, o meglio sulla sua assenza, filtrano. Non è un segreto che Giancarlo Giorgetti abbia detto chiaramente a Salvini cosa pensa: un distanziamento alquanto deciso (ma non è vero che l'intervista è finita a sberle come si è scritto).
salvini zaia
Come un Cincinnato varesotto, "il Giancarlo" si è chiuso nella magione di Cazzago Brabbia e lì riceve le telefonate allarmate di imprenditori di area, preoccupati perché l'intesa con Bruxelles stavolta serve davvero e ogni volta che Bagnai o Borghi o Siri ventilano fughe dall' Europa e uscite dall' euro calcolano le catastrofiche conseguenze che avrebbero per il fatturato della fabbrichetta.
Nel partito c' è un fronte che non è ancora una fronda ma che vorrebbe una Lega più moderata e pragmatica e dialogante, meno di lotta oggi per essere di governo domani, «perché se governi con i poteri forti devi comunque vedertela, e devi essere credibile», spiega un amministratore locale. Tanto più che l'intransigenza barricadiera non paga, e Salvini viene regolarmente scavalcato avanti a destra da Meloni e i suoi fratelli, come si è visto nel caso della mozione antiMes. Infatti la Lega cala più o meno nella stessa misura in cui cresce FdI.
salvini morisi
A sorpresa, un leghista di primissimo piano ne fa una questione generazionale: «Il problema di Matteo è anche chi lo circonda». Nel mirino ci sono i giovani cacicchi tutti tweet e distintivo, «gente che come orizzonte ha al massimo il prossimo post, incapace di un'analisi seria. Serve meno propaganda e più politica».
Già, la propaganda. Il salvinismo appare in difficoltà dov'era più forte. L'epidemia ha azzerato tutto, l' immigrazione non paga più, il Mes è un argomento troppo tecnico per trascinare le folle, e insomma un boccone "forte" da far addentare alla Bestia per uscire dal cul-de-sac attuale non c'è.
andrea paganella matteo salvini luca morisi
«È un problema di comunicazione, ma anche di visione politica», spiega il leghista doc di cui sopra. Senza contare i guai della Lombardia. Che ci sia stato qualche problema nella gestione dell' emergenza nella più leghista delle regioni è ormai pacifico a tutti, e rischia di incrinare il mito del buongoverno locale del Carroccio: sarebbe come un autogol a San Siro. Così l'ottimo portavoce di Salvini, Matteo Pandini, è stato distaccato al Pirellone dalla sua clausura a Bergamo per dare una mano alla traballante autodifesa di Fontana. In Veneto invece le cose sono andate molto meglio, ma è una magra consolazione, perché quello è il feudo di Luca Zaia che fa corsa a sé.
matteo pandini (1)
Trae le conclusioni Gianni Fava, ex assessore regionale lombardo e leader della bullizzata minoranza interna, o di quel che ne resta: «Il sovranismo è morto prima di nascere.
E da agosto in poi, quando ha fatto cadere il Conte I per ritrovarsi con il Conte II, e senza di lui, il segretario non ne ha azzeccata una. Ma i dirigenti non si ammutineranno. Non c' è un altro leader, e quelli possibili come Giorgetti o Zaia non sono dei barricadieri». In effetti, fa notare Roberto Weber di Ixè, i sondaggi sono in calo da novembre, dunque prima della pandemia che ha dopato i consensi al governo.
alessandra ghisleri foto di bacco (1)
«Non era mai successo dal '45 in poi - spiega -, nemmeno ai tempi di Berlusconi, che ci fosse una contrapposizione così netta fra maggioranza e opposizione. Questo tipo di radicalità paga solo se vinci sempre. Salvini non può perdere: ma è successo nel cambio estivo di maggioranza e poi con le regionali in Emilia-Romagna. Non è soltanto colpa della crisi sanitaria: qualcosa si era incrinato già prima».
Alessandra Ghisleri di Euromedia spiega la crisi con il teorema dei pantaloni blu: «Tu mi puoi dire che non posso indossare i pantaloni blu. Ma mi devi anche dire di che colore posso mettermeli». Insomma la protesta non basta, serve anche la proposta. Pesa anche la mancanza della piazza, elemento fondamentale della narrazione salviniana: «Per farsi i selfie non si può stare a un metro di distanza», chiosa Ghisleri. Però, fa notare, attualmente la percentuale di elettori indecisi è molto alta, «circa il 40%», e le due squadre, centrodestra e maggioranza giallorossa, più o meno si equivalgono. Quindi la partita è apertissima. Ma per la prima volta Salvini non gioca all' attacco.