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    LA DELIZIA D’ORIENTE – STORIA DI SUA MAESTÀ LA MELANZANA, ARRIVATA A NOI SOLO NEL MEDIOEVO E DIVENTATA UNA DELLE REGINE DELLA CUCINA. ALL'INIZIO ERA USATA COME AFRODISIACO, MA ERA CONSIDERATA VELENOSA: IL FRUTTO CONTIENE SOLANINA E LA VERSIONE GIUNTA A NOI È QUELLA ADDOMESTICATA DELLA SPECIE SELVATICA ASIATICA CHE ERA TOSSICA – OGGI VIENE INSERITA ANCHE NELLE DIETE PER DIABETICI E AL SUD ANCORA SI LITIGA TRA REGIONI PER LA PATERNITÀ DELLA PARMIGIANA – MA OCCHIO A NON MANGIARLA CRUDA…


     
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    Gemma Gaetani per "La Verità"

     

    melanzana melanzana

    Recita un motto popolare che ha anche la versione tarantina: «La melanzana non mangiarla se non sei sano». Nella città pugliese dal cui toponimo derivano i sostantivi «tarantella», «tarantismo» e «tarantola» il proverbio diventa, appunto, «'A marangian no tt' a mangia' c no ssi' san» e la spiegazione del monito, che in senso figurato consiglia di non fare il passo più lungo della gamba, sta nel contenuto di solanina della melanzana.

     

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    La Solanum melongena, questo è il suo nome botanico, è il frutto commestibile della pianta angiosperma (cioè coi semi nel frutto) dicotiledone (cioè col seme suddiviso in due cotiledoni) della famiglia delle Solanaceae come patata, pomodoro, peperoncino, tabacco. Si tratta della versione addomesticata in Asia della specie selvatica Solanum incanum: i primi esemplari importati dall'Oriente nel nostro Occidente erano lievemente tossici, avendo un contenuto di solanina superiore a quello odierno, e perciò si consigliava di non mangiarli se già non si era in forma.

     

    MELANZANA MELANZANA

    MAI MANGIARLA CRUDA La solanina dell'attuale melanzana non deve destare estrema preoccupazione: nella melanzana cruda, il contenuto in solanine (-solanina, solasonina e solamargina) è pari a 9-13 mg per 100 g, meno della metà del valore considerato accettabile per gli ortaggi cioè 20-25 mg per 100 g.

     

    Per intossicarsi col glicoalcaloide che la pianta sviluppa per proteggersi da funghi e parassiti bisognerebbe assumere 2-4 chili di melanzane crude, tuttavia è consigliabile consumare sempre e solo melanzane cotte, perché un'intossicazione anche minima può creare sgradevoli disturbi gastrointestinali (già la cottura a meno di 243 °C, temperatura a partire dalla quale la solanina degrada completamente, non la elimina del tutto, quindi evitiamo di aggravare la cosa col consumo a crudo).

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    Dicevamo delle prime melanzane che giungono in Europa con più solanina di oggi: nonostante fossero conosciute fin dalla preistoria in Asia, troviamo la prima citazione scritta della melanzana nell'antica guida cinese all'agricoltura dell'anno 544 Qimin Yaoshu, le melanzane giungono da noi nel Medioevo per il tramite arabo di mercanti mediorientali che le introducono prima in Italia e in Spagna e poi nel resto d'Europa.

     

    parmigiana parmigiana

    Proprio come accade per altre piante, anche solanacee come il pomodoro, le melanzane non diventano subito una tipica coltura alimentare europea, in primo luogo perché le si riteneva velenose oppure afrodisiache, erano cioè percepite come pianta più medicinale che alimentare. Rappresentate per la prima volta nel manoscritto miniato italiano del XIV secolo Il libro de casa Cerruti, divennero vere e proprie protagoniste della cucina solo quando lo diventò anche il pomodoro (che, importato in Europa dopo la scoperta dell'America, si è affermato come alimento prima in Italia e poi nel resto d'Europa solo nel XVIII secolo).

    PARMIGIANA DI MELANZANE PARMIGIANA DI MELANZANE

     

    DAGLI ARABI ALLA SICILIA Molte ipotesi sulle origini della ricetta italiana per eccellenza con le melanzane, cioè quelle melanzane alla parmigiana diffuse innanzitutto in Sicilia, Calabria e Campania e dal sud assurte a piatto a diffusione nazionale, datano la nascita del piatto tra XVII e XVIII secolo, in convergenza, appunto, con l'exploit del pomodoro. Poiché è arrivata nel Mediterraneo ben dopo l'epoca degli antichi greci e romani, il suo nome non ha etimologia latina o ellenica e deriva direttamente dall'arabo bdingin: «petonciana», «petonciano» o anche «petronciano» sono i primi nomi italiani, ora in uso soltanto in Sicilia.

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    Per evitare fraintendimenti sulle sue proprietà, che potevano nascere dall'interpretazione di «peto» come suffisso (che in realtà non è), si sostituirono quelle due sillabe con mela: la «petonciana» diventò «melanciana» e poi melanzana, che, per paraetimologia, venne anche interpretata come «mela non sana» (il riferimento è alla difficile digestione da cruda della melanzana d'un tempo).

     

    PARMIGIANA DI MELANZANE PARMIGIANA DI MELANZANE

    Nel resto d'Europa il nome deriva dall'arabo con l'articolo al-bdhingin che in Catalogna diventa albergínia, in Francia e Germania aubergine, in Spagna berenjena e alberengena, in Portogallo bringella, mentre il nome anglosassone eggplant cioè «pianta delle uova» si spiega con le cultivar bianche, che in effetti paiono uova bianche di gallina, e poi dà vita all'islandese eggaldin e al gallese planhigyn wy.

     

    Un po' scherzando, potremmo dire che la melanzana presenta la forma di una grossa pillola e in effetti si comporta come un vero e proprio ricostituente multivitaminico minerale, tanto che i vegani, complice anche la struttura ampia e spugnosa che permette di farne «filetti», la concepiscono come una bistecca vegetale. Tale, ovviamente, non è, però è vero che un etto di melanzana contiene innanzitutto ben 184 mg di potassio, 33 mg di fosforo e 26 mg di sodio.

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    BUONA ANCHE PER IL DIABETE Il potassio è un importantissimo sale minerale, coinvolto in vari processi fisiologici come la contrazione muscolare, l'equilibrio idrosalino e la regolazione della pressione arteriosa, il fosforo è necessario per il metabolismo energetico delle cellule e la costruzione delle proteine e il sodio, col quale non bisogna esagerare, perché un eccesso alza la pressione arteriosa, aumenta la glicemia e la ritenzione idrica (la Rda consigliata è massimo 2 g al giorno e la melanzana non rischia certamente di esaurirla, però salatela poco), ma nemmeno è da evitare perché il sodio è di aiuto nei dolori reumatici, contrasta i crampi muscolari e aiuta il sistema nervoso centrale.

     

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    Poi abbiamo l'acido folico o vitamina B9, utile in particolare alle donne in gravidanza, la cui carenza rallenta la sintesi del Dna e la divisione cellulare, può creare problemi alla spina dorsale e provoca diverse forme di anemia. Sempre contro l'anemia abbiamo il ferro (0,2 mg) e la vitamina C (2,2 mg). Quest' ultima è un antiossidante fondamentale per il sistema immunitario, per la sintesi del collagene e per l'assimilazione del ferro da parte dei globuli rossi, inoltre aiuta - come anche le vitamine del gruppo B che la melanzana contiene in buona quantità - la sintesi della serotonina, l'ormone del buonumore con valenza antidepressiva.

     

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    Le melanzane aiutano anche la salute del cuore: soprattutto le varietà con buccia di colore viola scuro sono molto ricche di polifenoli, di acidi clorogenico e caffeico e di flavonoidi come la nasunina che proteggono il cuore dallo stress ossidativo causato dai radicali liberi (perciò conviene mangiarle sempre con la buccia). Si tratta di antiossidanti organici, con proprietà anche antivirali e antibatteriche, non molto noti, ma capaci di combattere con un certo vigore i radicali liberi.

     

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    L'antiossidante acido clorogenico rallenta anche il rilascio di glucosio nel flusso sanguigno dopo un pasto, quindi la melanzana, col suo indice glicemico 20 che la fa appartenere ai cibi a basso indice glicemico, può essere tranquillamente mangiata anche da chi ha problemi di diabete. Coi suoi 6 g di carboidrati per 100 g, suddivisi in 3 di fibre alimentari e 3 di zuccheri, la melanzana è considerata anche un ortaggio decisamente detox e genericamente antitumorale perché le fibre ripuliscono l'intestino da scorie e tossine.

     

    IL TEST DELLA FRESCHEZZA Sempre grazie all'alto tasso di fibre stimola la motilità intestinale ed è di aiuto nelle diete, saziando bene e velocemente, soprattutto se cotta al forno, alla griglia, al vapore, insomma in preparazioni che non la vedano fritta. La sua struttura spugnosa, infatti, determina un rilevante assorbimento di grassi che, se si è nel corso di una dieta dimagrante, non sono i benvenuti se sono in eccesso. Le melanzane non contengono grassi e anzi il loro consumo abbassa il tasso di colesterolemia. Con sole 25 calorie ogni 100 grammi, sono perfette per chi vuole restare leggero.

     

    PARMIGIANA DI MELANZANE PARMIGIANA DI MELANZANE

    Nel 2019 abbiamo raccolto 2.192.492 quintali di melanzane coltivate in piena aria e 813.666 quintali in serra per un totale di 3.006.158 quintali di melanzane italiane. Rispetto al 2018 (2.200.598 quintali di melanzane coltivate in piena aria e 782.536 quintali in serra, totale 2.983.184) abbiamo registrato un piccolo aumento produttivo e un aumento della coltivazione in serra a discapito di quella in piena aria, leggermente diminuita. La Sicilia, da sola, copre un terzo della produzione italiana di melanzane e, a livello di classifica, noi italiani ci posizioniamo come noni produttori al mondo (dopo Cina, India, Egitto, Turchia, Iran, Indonesia, Iraq e Giappone) e come primi in Europa, seguiti da Spagna e Romania.

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    Occorre però fare molta attenzione agli accordi commerciali tra Unione europea e paesi del nord Africa e all'incremento della produzione e dell'esportazione non solo africane ma anche spagnole, che per noi rappresentano una minaccia: compriamo sempre - facciamoci attenzione - melanzane italiane, soprattutto adesso che sono nel cuore della raccolta della coltivazione in pieno campo.

     

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    Le varietà italiane di questo frutto della terra estiva sono tante: la «Violetta lunga palermitana», col frutto lungo e scuro, la «Violetta lunga delle cascine» col frutto violetto; la «Violetta nana precoce», piccolina, la «melanzana di Murcia» con foglie e fusto spinosi e il frutto violetto e rotondo, la «Tonda comune di Firenze», con frutto violetto pallido, ibrida e con pochi semi e la polpa tenera e compatta, la «melanzana bianca» e poi la «melanzana rossa Dop» di Rotonda (provincia di Potenza), con forma e colore simili al pomodoro, polpa fruttata e sapore leggermente piccante (è la Solanum aethiopicum, un'altra specie probabilmente importata in Italia dai reduci delle guerre coloniali della fine del XIX secolo e recentemente recuperata grazie al presidio slow food e il riconoscimento del marchio Dop, il suo nome lucano è merlingiana a pummadora).

     

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    Un piccolo trucco per riconoscere la freschezza della melanzana, al di là della specie o della coltivazione, è la durezza. Più la melanzana è dura (caratteristica che in altri casi può indicare acerbità), più è fresca.

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