Marco Molendini per Dagospia
morricone cocciante
Non ho mai capito fino in fondo, ma ho sempre avuto il sospetto che Ennio Morricone ci facesse, come si dice a Roma. Sornione, ironico, pronto a smontare qualsiasi insidia che tendesse a mettere sul piedistallo il suo passato pop.
marco molendini foto di bacco
«Prendevo 20 mila lire a canzone più le royalties sulle vendite. Ero contento. La mia vita è stata segnata dalla paura di restare senza lavoro, anche se non ho mai avuto bisogno di cercarlo. Ma, fino a venti anni fa, ero preoccupato del rischio di non portare soldi a casa» la sua risposta, deciso a sminuire il valore di quel passato e a rivendicare i giusti riconoscimenti per quello che ha fatto dopo e anche ad arrabbiarsi quando il suo talento non veniva premiato, come era successo quando non prese l'Oscar per Mission (che quell anno andò a Herbie Hancock per Round midnight).
edoardo vianello
È vero, allora, faceva tutto quello che gli capitava a tiro. Arrangiamenti a getto continuo: un flusso, però, che ha segnato la colonna sonora di un decennio d'oro e si è stampato nella memoria comune.
Proprio così, faceva tutto, Ennio: per Vianello ha scritto e arrangiato anche un pezzo (non passato alla storia) che si intitolava Cicciona cha cha cha (ha preferito non firmarlo usando lo pseudonimo Dansavio). Diceva : «Oh-oh-oh cicciona/Tu mi piaci così/Coi baci d'amore/Tu splendi come il sole/Oh-oh-oh cicciona/ Resta sempre così».
edoardo vianello
Non è passata alla storia, giustamente è stata dimenticata, ma nella sfilza di canzoni che ha rivestito, rimontato, lucidato e ricostruito Morricone ha lasciato tracce abbondanti del suo genio popolare.
morricone morandi
Il giro di basso spezzato da tocchi dissonanti di pianoforte che introducono Sapore di sale che hanno segnato per sempre la sensualità delle spiagge d'estate, il barattolo fatto rotolare per annunciare Gianni Meccia che si lamenta di un amore che «tratta il mio cuore come fosse un barattolo»,
rita pavone
le discese e le risalite dei fiati mescolati alle voci del coro che canta A-A-Abbronzatissima, stessa formula usata per il twist Guarda come dondolo (erano gli anni in cui andavano le sezioni delle orchestre abbinate alle voci, come insegnava Ray Conniff), le trombe che annunciano la magnifica cavalcata di Se telefonando, l'intro sinfonico che fa da apripista a «gira, il mondo gira» di Jimmy Fontana, i clarinetti che mimano l'insistenza di un clacson in Go kart twist, il fischio che annuncia Pel di carota di Rita Pavone: «Un pezzo semplice e scemo» ce lo ha bollato un giorno intonando anche il tema.
Melis
Morricone e con lui Bacalov sono stati i grandi artigiani della musica leggera italiana nel momento di massimo splendore, stilisti capaci di trasformare in oro quello che toccavano. Artefici di una fabbrica nazionale dei sogni musicali, dove le canzoni venivano montate e smontate come in una grande sartoria.
morricone
Un luogo magico dove incontrare Mina, Frank Sinatra e Arthur Rubinstein alle prese (sublime il racconto che un giorno fece Paolo Conte, altro personaggio fisso degli studi di via Tiburtina) con una scatenata Loredana Bertè che lo vede mentre fa picnic nel cortile e lo apostrofa schiaffeggiandolo affettuosamente sulla testa: «Bravo il nonnetto che se mangia l’ovetto». Un luogo unico, nel mondo intero.
edoardo vianello
Non si dilungava a ricordare quei tempi, il maestro Ennio. Sfuggiva. Le parole bisognava strappargliele. Li considerava, a torto, quegli anni una semplice occasione per svoltare economicamente: «Usavo la mia preparazione tecnica per scrivere arrangiamenti che potessero nascondere la mediocrità di certe melodie e rivelare le mie conoscenze tecniche», la sua risposta minimalista, quando un giorno provai a farlo sbottonare sul suo passato più pop.
Le invenzioni che suggeriva erano frutto insieme del suo patrimonio familiare, figlio di un trombettista, dopo la guerra ha dovuto fare la gavetta per vivere, cominciando a lavorare a 15 anni, suonando la notte nei night dell'epoca come le Grotte del Piccione («in famiglia avevamo problemi economici, così suonavo nei night. L'ho fatto coi tedeschi e cogli americani che, però, non pagavano, ci davano cibo e sigarette che io rivendevo a pochi soldi», il suo ricordo), o come tromba di fila nell'orchestra del Sistina e poi arrangiatore per Garinei e Giovannini: «Studiavo ancora composizione con Goffredo Petrassi scrivevo arrangiamenti per Renato Rascel e Domenico Modugno e mettevo a frutto i miei studi di musica concreta».
edoardo vianello
Le sue geniali trovate sonore nascevano dalle frequentazioni del mondo della musica sperimentale, come Nuova consonanza. Ma saper adattare così mirabilmente quegli strumenti alle esigenze comunicative della musica commerciale non è da tutti, presuppone un’inclinazione, un talento naturale, un gusto fondamentalmente popolare.
morricone
Tutto quello che ha messo in pratica prima sulla materia bruta delle canzoni, poi nella scrittura di avvolgenti melodie da film, anche queste sempre condite da invenzioni bizzarre, il fischio, la chitarra country e lo schioccare di una frusta di Per un pugno di dollari, il piano dissonante di Indagine su un cittadino, il fischio seguito dal celebre «ua – ua- ua - uaaa» da pelle d'oca di Il buono, il brutto e il cattivo. «Io complico le mie orchestrazioni – la confessione -, gli accordi che uso sono semplici, solo tre suoni, quelli che si possono fare con semplicità alla chitarra».
mina
E la natura di Morricone che riviene fuori. Lui aspira a scrivere musica contemporanea, celebrativa, ma la sua indole popolare inevitabilmente finisce per rifarsi viva. Ma è proprio in questo il segreto del suo successo, che ha contagiato il mondo del pop. Gente come Springsteen o i Metallica aprono i concerti con la sua musica. Gli U2 gli hanno dedicato la loro Magnificent.
E, alla fine della sua carriera, ha finito per trasformarsi lui stesso in popstar, capace di dirigere le sue musiche davanti a platee sterminate. Lo ha fatto fino all'ultimo, fino all'estate scorsa. E probabilmente progettava di farlo ancora.
morricone leone
Non avrebbe mai lasciato questa professione finale come decise di fare quando andò a Sanremo con Paul Anka: «La canzone era Ogni volta. Quel disco vendette un milione e mezzo di copie, ma mi fece decidere di lasciare quel lavoro. Il fatto è che il direttore generale Ennio Melis mi chiedeva di ascoltare i dischi che arrivavano dall'America e di puntare su arrangiamenti come quelli, con le ritmiche molto spinte. Io, invece, amavo fare arrangiamenti italiani. Me ne sono andato e ho cominciato il lavoro nel cinema». Non si può dire che sia stata una scelta sbagliata. Eppure il Morricone più pop ha lasciato tracce indelebili del suo talento più naturale.
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