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    “QUELLA DI GARDALAND È STATA LA PEGGIORE DISCRIMINAZIONE CHE ABBIA SUBITO DA QUANDO SONO DISABILE” – LA DENUNCIA DI NINA RIMA, INFLUENCER DI 23 ANNI, CHE PERSE UNA GAMBA IN UN INCIDENTE NEL 2017 - “MI HANNO DETTO CHE SE AVESSI AVUTO UN PEZZO DI GAMBA IN MENO SAREI PASSATA, PERCHÉ COSÌ NON ERO ‘ABBASTANZA’ DISABILE PER OTTENERE UN PASS SPECIALE” – LA DIFESA DELL’AD DI GARDALAND SABRINA DE CARVALHO: “SI È PARLATO DEL LIVELLO DI AMPUTAZIONE NON PER IL PASS, MA SOLO PER L'ACCESSIBILITÀ ALLE ATTRAZIONI”


     
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    Lorenzo Rotella per “la Stampa”

     

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    «Quella di Gardaland è stata la peggiore discriminazione che abbia subito da quando sono disabile». Nina Rima è una bella ragazza bionda, milanese. Ha 23 anni e un profilo Instagram da oltre 100mila follower, perché non si vergogna a mostrare la propria disabilità sui social.

     

    Nel 2017 ha perso la gamba sinistra in un incidente in moto e da allora ha una protesi dal ginocchio in giù. Che non le ha mai tolto il sorriso e la voglia di mettersi in gioco, superando ogni barriera.

     

    Che, sabato scorso, al parco divertimenti le avrebbe dovuto consentire di saltare la fila per salire sulle giostre. Ancora sconvolta racconta che quel diritto le è stato negato: «Mi hanno detto che se avessi avuto un pezzo di gamba in meno sarei passata, perché così non ero "abbastanza" disabile per ottenere un pass speciale».

     

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    È andata così quel weekend di Halloween, mano nella mano con la nipotina Zoe che festeggiava il suo sesto compleanno. La ragazza era pronta per andare sulle montagne russe, lanciarsi in acqua sui tronchi del Jungle Rapid, ridere e scherzare insieme alla bambina. Una prospettiva andata in fumo all'ingresso del resort, dove sono incominciati i problemi.

     

    «Il personale, davanti a tutti, mi ha chiesto di mostrare il certificato d'invalidità e la gamba che non c'è più. La gente intorno non faceva una piega, guardava e basta mentre mi umiliavo». Per una ventina di minuti gli addetti hanno parlato con i propri superiori attraverso una radiolina. Poi è arrivato il responso. «Mi hanno giudicata in grado di stare in piedi e fare la coda come tutti» spiega disgustata. «Anche se il mio handicap, per le regole del parco, mi ha impedito di salire su tante giostre».

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    Rima ha trascorso il fine settimana accompagnando Zoe davanti un mucchio di attrazioni che per lei erano off-limits. In coda e in piedi, nonostante la stanchezza e il dolore fisico a fare capolino. Una situazione che è sembrata sbloccarsi quando gli operatori del parco le hanno consegnato un braccialetto con cui evitare la fila, riconoscendole finalmente la disabilità.

     

    «Dopo due giorni di umiliazioni e divieti d'accesso, volevo almeno provare la discesa sui tronchi in acqua», spiega con rabbia mentre trattiene le lacrime. «Mi sono rivolta a uno dei dipendenti che smistava le persone e ho mostrato il polso chiedendo di passare, come stabilito». La ragazza è stata però respinta: «Non potevo salire perché non avevo i requisiti adatti».

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    La ciliegina sulla torta, conclude, è la proposta di un rimborso: «In quanto disabile mi hanno spiegato che nemmeno avrei dovuto pagare. Così mi avrebbero restituito ben venti euro sul prezzo del biglietto, dopo aver pagato in totale oltre duemila euro tra hotel e doppia giornata al parco».

     

    Un fine settimana da incubo, su cui si è espressa anche Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità: «Quanto accaduto a Nina evidenzia ancora una volta le debolezze culturali ancora presenti rispetto al tema dell'inclusione. Non significa dire che siamo tutti uguali, ma riconoscere che possono esserci differenze che vanno rispettate». Rispondendo al racconto social della ragazza, Gardaland ha affermato che «quando il gruppo ha avuto accesso al parco il nostro personale ha spiegato le limitazioni di accesso per i vari handicap, protesi comprese». Questo perché «cerchiamo di avere la massima attenzione verso ogni tipo di disabilità».

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    L'amministratrice delegata Sabrina De Carvalho ha precisato che allo sportello dedicato «non le è mai stata chiesta nessuna documentazione perché la protesi era chiaramente visibile», mentre in generale «si è parlato del livello di amputazione non per il pass, ma solo per l'accessibilità alle attrazioni, che le sono state indicate per il suo caso specifico».

     

    Per altre attrazioni «più adrenaliniche», ha continuato, si sono invece attivati i protocolli di sicurezza, anche in virtù della protesi di Rima. «Nei due giorni di permanenza al parco - ha concluso - la ragazza non ha mai fatto accenno di problematiche, né ha richiesto un confronto con i manager»

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