DAGOREPORT
1 - LUCA DE FUSCO
Serena Riformato per “la Stampa” - Estratti
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Luca De Fusco, regista e direttore in pectore del Teatro di Roma contro la volontà del Comune, dice che lui non si «agita più di tanto». È abituato a far cambiare idea sul suo conto, rivendica: «Quando arrivai al Teatro Stabile di Napoli, mi trovai con una situazione ancor più esplosiva fomentata dall'allora sindaco Luigi De Magistris. A poco a poco gli attori e gli operatori hanno lavorato con me e abbiamo ottenuto, in armonia, importanti riconoscimenti».
MIGUEL GOTOR - SIT IN AL TEATRO ARGENTINA CONTRO LA NOMINA DI LUCA DE FUSCO
A Roma esordisce con uno strappo: la sua nomina è stata votata in Cda senza il presidente del Teatro di Roma e la consigliera del Comune.
«Il racconto che si sta facendo è falso. Sembra che tre carbonari nascosti in un sotterraneo abbiano redatto un verbale a mio favore, non è così. Siciliano ha cercato di disdettare la riunione già prevista per la nomina. Mentre i tre consiglieri votavano, il presidente e la consigliera tenevano una conferenza stampa nella stanza accanto».
Perché votare a tutti i costi senza un accordo?
«Il Teatro è in spaventoso ritardo su scadenze importanti. Deve presentare entro la fine del mese la domanda per i fondi ministeriali, rischierebbe di perdere la qualifica di teatro nazionale».
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Farsi rivotare da tutto il Cda, come suggerisce Sgarbi?
«È diverso. Non si può annullare una riunione già svolta.La nomina è stata fatta. Ma chiederò la fiducia sul programma, più importante delle "magliette"».
Il sindaco Gualtieri dice che «se vuole bene al Teatro» deve fare un passo indietro.
«Proprio perché voglio bene al Teatro ho il dovere di scrivere la domanda per i fondi ministeriali al più presto e per non correre il rischio che cessi di essere teatro nazionale».
Il Comune ritiene servisse un manager, non un regista.
«Proprio i miei risultati come manager sono incontestabili. A Napoli ho trovato un teatro boccheggiante che fatturava 4,5 milioni di euro ed era il sedicesimo Teatro Stabile italiano su diciassette. L'ho lasciato fra i sei teatri nazionali con un fatturato di 10 milioni di euro. È provinciale e conservatore, questo sì di destra, pensare che per dirigere bene un teatro si debba essere dei funzionari e non degli artisti».
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E lei è di destra?
«No. Avevo simpatie socialiste da giovane, ma non ho mai preso tessere di partito. Per il Teatro Stabile del Veneto mi votarono soci di destra e sinistra. A Napoli ho attraversato le amministrazioni Iervolino, Caldoro, De Magistris. Ho sempre lavorato con diverse componenti politiche insieme. Non mi sento né di destra né di sinistra, e di certo non lo sono i grandi spettacoli che ho selezionato negli anni».
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Si contesta il suo compenso, «dai 68mila di Catania ai 150mila di Roma».
«Il dato riportato sulla mia retribuzione a Catania non è corretto, con i bonus arrivo a 120mila euro. La cifra per Roma è coerente con i compensi degli altri direttori dei teatri nelle grandi città. È una polemica pretestuosa e volgare».
2 - FRANCESCO SICILIANO
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Ser. Rif. per “la Stampa” - Estratti
Dalla regione Lazio ora chiedono la sua testa: Francesco Siciliano, presidente del Teatro di Roma, ha cercato finché possibile di prendere tempo «per aprire un tavolo e ragionare su un progetto comune». Sabato, un consiglio di amministrazione, contro la sua volontà, ha nominato Luca De Fusco direttore dell'istituzione teatrale romana.
La destra la accusa di aver rimandato il Cda per impedire la nomina di De Fusco voluta dalla maggioranza.
«Non ho sconvocato la riunione, ho proposto di aggiornarla a lunedì. Speravo che il tempo potesse servire ad avviare un confronto, ma così non è stato. C'è stato un irrigidimento verso la candidatura di Luca De Fusco. Speravo si potesse discutere anche un altro vulnus nel processo di selezione».
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Quale?
«La commissione che ha selezionato i tre curricula della rosa finale ha liquidato le altre 42 candidature in mezza mattinata. La tempistica e il metodo mi hanno fatto venire qualche sospetto. L'ultima volta, con 19 candidature, la commissione ci ha messo due settimane. Forse nel meccanismo di selezione c'era qualcosa di preconfezionato? ».
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I sostenitori di De Fusco sostengono che la nomina fosse urgente: il Teatro è in ritardo per presentare la stagione e rischia di perdere i fondi ministeriali?
«Ho le deleghe del direttore, posso tranquillamente firmare la domanda per i fondi del ministero, non succede niente. Negli ultimi tre anni non c'era un direttore e la domanda è sempre stata presentata regolarmente. La stagione teatrale di quest'anno, poi, presenta straordinari incassi».
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Secondo il presidente del Lazio Rocca, lei si è «dimostrato incapace» e dovrebbe dimettersi «se ha ancora un briciolo di dignità istituzionale».
«Lascio a Rocca l'esercizio del suo pensiero. Dico questo: proprio la mia "dignità istituzionale" mi impone di non dimettermi».
Il Comune esprime il presidente. Ministero della Cultura e Regione hanno deciso un nome a maggioranza per la direzione. Non è legittimo?
«Non funziona così. I teatri nazionali nascono da un patto territoriale che vede soggetti diversi democraticamente eletti convergere in un patto culturale. Queste logiche di lottizzazione a pacchetto cancellano ogni progettualità culturale, ne fanno carte straccia».
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Il presidente della commissione Cultura della Camera Federico Mollicone (FdI) dice che si è sempre fatto così a sinistra: ora che lo fa la destra, si grida allo scandalo.
«Mollicone parla tantissimo di questo Teatro, eppure non gli compete. In ogni caso non penso che sia questo il punto: si confonde il diritto con l'etica, il merito con la spartizione, la lottizzazione con la democrazia».
Perché De Fusco non va bene?
«Non ho nulla contro De Fusco, ma penso che per governare una Fondazione così articolata ci sia bisogno di una visione terza che non poggi sull'immaginazione di un artista. Vorrei un manager. Di questo sono convinto e avrei voluto discuterne con il Cda».
Ha detto che 150mila euro all'anno «è un compenso esorbitante». Ma è stato così anche per altri direttori, per esempio Calbi.
«Calbi era un manager, non faceva le regie. Nel caso di un regista, com'è De Fusco, oltre al compenso si sommerebbero anche i giusti pagamenti per il lavoro creativo. E quindi il compenso in questione arriverebbe a ben altri livelli».
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