Monica Serra per “La Stampa”
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Diego Gugole mentiva. Mentiva sempre. Sul lavoro. Sulla sua vita. Sulle compagnie. Diceva bugie a mamma Lorena e papà Sergio, su ogni cosa. Anche banale. Per esempio, ha spiegato nell'interrogatorio di martedì sera, «tornavo a casa con una giacca nuova firmata e dicevo che costava poco».
Mentiva sulle questioni lavorative: «Ultimamente non avevo molta voglia di lavorare». Mentiva anche sulle amicizie che frequentava e su cui ora indagano i carabinieri. La procura, diretta da Lino Giorgio Bruno, vuole capire dove Gugole possa aver preso la pistola polacca calibro nove con cui, martedì mattina, ha ucciso i genitori.
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Due colpi a papà Sergio, 62 anni, mentre era seduto al tavolo della cucina. Non alle spalle, davanti. Mentre lo guardava negli occhi. Tre ore più tardi è toccato alla mamma, Lorena Zanin, 59 anni, appena rientrata dalle commissioni coi nonni.
Alla storia dell'arma comprata per 3 mila 800 euro da «un marocchino» a Cologna Veneta, tranquilla cittadina del Veronese a trenta chilometri da Chiampo, nessuno crede. E su questo si concentrano le indagini dei carabinieri di Vicenza.
Non è facile procurare un'arma per un ragazzo di 25 anni fuori dalle dinamiche criminali. Gli investigatori ipotizzano si tratti dell'ennesima bugia. Di quelle che Diego era abituato a dire in questa doppia vita che conduceva, e che aveva spinto i genitori a rivolgersi a uno psicologo per seguirlo.
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Mamma Lorena e papà Sergio non erano contrari al fatto che il figlio comprasse una casa tutta sua. Volevano però che prima trovasse un lavoro. Lui che, dopo l'ultimo impiego in conceria, un anno fa, trascorreva le giornate a zonzo, a spendere i loro soldi. Gli stessi per cui dice di averli ammazzati: «Volevo comprare una casa ad Arzignano», dove vivono, ora stretti nel dolore, i nonni materni e la zia.
DIEGO GUGOLE
Con il denaro di mamma e papà, Diego Gugole faceva «la bella vita», tra vestiti griffati e serate in discoteca che metteva in mostra sui suoi profili social, ora pieni di insulti contro di lui.
DIEGO GUGOLE CON I GENITORI
«A dispetto delle foto che pubblicava, ho sempre pensato fosse un ragazzo molto solo», dice ora Matteo Macilotti, il sindaco di questa cittadina nel Vicentino ancora scossa dall'«enorme tragedia» che riporta tutti indietro di trent'anni, quando il ventenne Pietro Maso uccise i genitori a padellate per l'eredità.
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«Succede tutto qui», sospira un anziano che abita nel palazzo di fronte a quello del delitto, al villaggio Marmi. Racconta che per qualche anno aveva lavorato in conceria con papà Sergio, «bravissima persona».
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Conosce anche Diego che qualche mese fa si era offerto di sintonizzargli la tv: «Docile e mansueto, ma tanto strano. Non proprio a posto». Dopo la mattanza, Gugole non ha toccato i corpi. Si è lavato, cambiato ed è uscito. È passato anche da un bar a vedere la partita di Champions League. Dopo tre notti in isolamento in carcere, oggi si presenterà davanti al giudice per l'interrogatorio di convalida del fermo.
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