Jacopo Iacoboni per "la Stampa"
DAVIDE CASALEGGIO E ALESSANDRO DI BATTISTA
Poco meno di due milioni e quattrocentomila euro lordi sarebbe la cifra pagata in consulenze dalla Philip Morris, la multinazionale del tabacco, alla Casaleggio associati, l' azienda guidata da Davide Casaleggio, il quale presiede anche la piattaforma web su cui vengono decise politiche e candidature parlamentari nel Movimento.
Il caso è esploso ieri dopo un articolo del quotidiano Il Riformista sul presunto lavoro lobbistico svolto dalla Casaleggio associati. L' azienda - sostiene il quotidiano - avrebbe incassato due milioni a titolo di consulenza in tre anni, nel periodo in cui sono state drasticamente abbassate dal Parlamento le tasse sulle sigarette elettroniche. Casaleggio ha risposto a questa connessione annunciando querela al Riformista e parlando di «teorie fantasiose», «ho già dato mandato ai miei legali di procedere con una querela nei confronti di chi ha diffamato me e la società».
Il manager milanese ha spiegato che non esiste conflitto d' interessi perché «io non firmo decreti, né voto leggi, e non ho mai fatto ingerenze. Questi sono i fatti». Ha invitato a guardare semmai in Parlamento: «Affrontiamo pure il tema del conflitto di interesse, a partire dai 120 parlamentari che possiedono un' azienda e firmano leggi».
philip morris 2
La storia però non sembra concludersi così. Intanto Piero Sansonetti nel pomeriggio ribadisce: «Casaleggio conferma di avere preso i soldi» e «non poteva fare altro». La Stampa è venuta a conoscenza di date, importi e successione di questa serie di fatture che sarebbero state pagate a Casaleggio Associati dal 30 settembre 2017 al 30 ottobre 2020. Si tratta di 49 fatture, ognuna con numero progressivo nella contabilità Philip Morris, con data e importi. Le fatture hanno cadenza mensile, variano da 40mila a 50mila euro mensili. Due fatture (14 novembre 2018 e 25 novembre 2019) appaiono eccentriche, ciascuna delle quali di 140mila euro. Il totale dei soldi che sarebbero stati corrisposti ammonta alla cifra lorda di 2.379.203,43, che sarebbe stata erogata per una «consulenza digitale».
Poiché non era chiaro se Casaleggio querelerà Il Riformista sostenendo che sia falsa la notizia dei pagamenti, oppure negando di avere fatto pressioni lobbistiche sul M5S, abbiamo rivolto - sia alla Casaleggio associati, sia a Philip Morris - due domande di chiarimento molto specifiche. Uno, se la srl milanese ha ricevuto pagamenti per consulenze dalla Philip Morris in una lunga serie di fatture, con relative date. E, se sì, è corretta la cifra totale di quasi due milioni e 400mila euro lordi? Visverbi, ufficio stampa della Casaleggio, ci ha risposto così: «Per policy aziendale Casaleggio Associati non rilascia mai informazioni relative ai propri clienti». Nessuna risposta, alle nostre due domande sulla Casaleggio associati, è arrivata dalla comunicazione di Philip Morris.
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Il caso nel frattempo è ovviamente diventato politico. Gli attacchi più duri ieri sono venuti da Forza Italia (Deborah Bergamini si chiede «cosa avranno da dire a riguardo Crimi e Di Maio che, per molto meno, hanno crocifisso gli avversari politici, in nome di un presunto codice morale che a quanto pare deve valere per gli altri ma non per loro stessi») e da Giorgia Meloni, con parole forti, «aspetto i commenti dei parlamentari grillini su questo schifo». In altri tempi il Pd e Renzi (che per i finanziamenti alla fondazione Open è indagato), avrebbero probabilmente attaccato. Ieri invece silenzio.
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