Manuela Donghi per “Libero quotidiano”
in fila per il supermercato a milano coronavirus
Più i giorni passano e più si ragiona sulla fine del lockdown e sulla riapertura di imprese, uffici e attività commerciali, senza però sapere ancora in che modo il tutto sarà modulato e regolato. Ci troviamo di fronte a una sorta di prequel della fase 2 e la paura regna sovrana: e se annullassimo tutti gli sforzi fatti in oltre un mese? E se ripiombassimo negli abissi? Da quando l' emergenza Coronavirus ha monopolizzato l' informazione, si cerca, spesso invano, di approfondire temi economici. Emergenza sanitaria in primis, in secundis quella che riguarda il nostro indotto diretto e che tiene in vita il Paese.
Non è originale dire che sono molti gli imprenditori preoccupati e allarmati, soprattutto coloro che sono già consapevoli di appartenere agli ultimi posti della lista delle attività che prima o poi potranno e dovranno riprendere il loro ritmo. Non a caso si sta discutendo della necessità di stilare elenchi nei quali inserire i comparti che avranno più bisogno rispetto ad altri, ma che paradossalmente rimarranno sempre in coda, nonostante gli ipotetici aiuti (ancora da capire e considerare).
napoli rissa in un supermercato 2
E allora proviamo anche noi a fare una lista. Quella delle cose alle quali più facilmente rinunceremo. Ci abbiamo pensato? Una volta terminata la condizione forzata di cattività, saremmo illusi se pensassimo di tornare in un istante e come se nulla fosse alla nostra vita di prima. E non solo per alcune regole che necessariamente rimarranno in essere, ma anche perché saremo noi stessi ad "auto-reprimerci" e a obbligarci a evitare cose che prima rappresentavano la nostra routine. Per paura, per pigrizia, per abitudine acquisita in oltre un mese e mezzo di isolamento, ci accorgeremo ben presto di quanto non vorremo più dedicarci a normali attività che facevano parte di noi.
Avremo timore di avvicinarci troppo alle persone, quindi tenderemo a evitare luoghi troppo chiusi o affollati; avvertiremo ansia a entrare in un centro commerciale e toccare qua e là dove anche altre persone avranno lasciato poco prima le loro impronte digitali. Non avremo voglia di fare file fuori dal negozietto di abbigliamento o di scarpe che tanto ci piace, perché non ci occorre niente, e potremo fare a meno di quel vestitino che starebbe bene nel nostro armadio ma che ce ne ricorda un altro che è già lì appeso.
supermercati
Avremo paura e anche poca voglia di fare un viaggio senza sapere che tipo di pulizia ci sarà nell' hotel prenotato on line, o se ci sarà disponibilità sul volo dove idealmente i posti a sedere saranno distanziati per garantire il giusto distacco, dando quindi meno possibilità di scelta ai viaggiatori. Avremo le scatole piene anche solo a pensare di dover fare code infinite ai controlli in aeroporto dove i passaggi saranno regolati e dove si potrebbe ipotizzare verrà aggiunta la misurazione della temperatura. Non ci sarà più solo la fobia del terrorismo così come lo abbiamo sempre interpretato, ma anche della violenza del virus. Tutto andrà, insomma, a rallenty.
Non saremo tranquilli a prendere la metropolitana o l' autobus che ci porta al lavoro, e staremo a distanza di sicurezza sulla banchina mentre attenderemo il nostro treno. Eviteremo perciò probabilmente di inserire in agenda altre occupazioni, quelle che possiamo anche cancellare o rimandare, perché le nostre giornate saranno già abbastanza impegnative (anche e forse soprattutto a livello psicologico), che non vorremo quindi aumentare lo stress, elevato all' ennesima potenza.
Almeno nella prima fase post-Covid.
supermercati lombardia
Questa semplice lista ci dà in realtà una prima idea su quali settori verranno sfavoriti e danneggiati. Il perimetro delle attività coinvolte dalle misure di isolamento è molto ampio, e arriva a coinvolgere nel nostro Paese qualcosa come due milioni di imprese private e oltre sette milioni di addetti. Al di là delle classificazioni doverose delle imprese da parte del Comitato Scientifico che affianca il Governo che, nella maggior parte dei casi, quando si presentano eventi esterni, condiziona tutto: le nostre scelte, le nostre priorità, ergo la nostra vita. Non possiamo solo sperare che #tuttoandrabene: «La speranza può essere un inganno escogitato per impedirci di affrontare la realtà».