Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Il destino di Giuseppe Conte è appeso a una R con zero e alle sue conseguenze. Se l' indice di contagio del Coronavirus tornasse incontrollato, se il premier fosse costretto a richiudere ancora parte del Paese, se il decreto aprile, che è diventato decreto maggio e si chiamerà CuraItalia 2 non darà gli effetti sperati, nonostante i 55 miliardi di spesa, il presidente del Consiglio perderà l' unico scudo che adesso lo difende: quell' indice di popolarità che ieri il sondaggio di Demos per Repubblica dava al 64% contro il 71% di marzo.
In calo di 7 punti, ma ancora abbastanza alto da fare da barriera alle frecce già puntate contro il governo: quelle di una parte degli industriali, che avevano chiesto più coraggio sulla fase due. Dell' Italia Viva di Matteo Renzi, che dalla maggioranza lancia l' ennesimo ultimatum proprio sui temi dell' economia.
GIUSEPPE CONTE FIRMA UN DECRETO
E ovviamente dell' opposizione, con Matteo Salvini che scommette sul disastro e prevede «il caos totale».
Finora Conte è stato rassicurato dai sondaggi che ancora ieri rimbalzavano tra i suoi collaboratori dimostrando una cosa sola: le forze che sostengono il governo con convinzione, il Pd e i 5 stelle, sono salde o crescono. Chi lo attacca continua a calare. L' altro elemento è la «stabilità »: «Cambiare esecutivo in questo momento - è il ragionamento fatto a Palazzo Chigi - non potrebbe che indebolire il Paese, anche a livello internazionale.
Tutto però sembra dipendere dalle prossime tre settimane. Perché per quanto gli ultimi passi siano stati improntati alla massima cautela, tanto da tornare indietro sulle visite agli amici e sulla possibilità di andare nelle seconde case, mantenendo l' obbligo di autocertificazione e inserendo quello della mascherina in tutti i luoghi chiusi, con il suo dpcm Conte ordina - da oggi - la fine del lockdown. E riapre il Paese assumendo su di sé tutta la responsabilità di un atto per certi versi inevitabile, ma ancora pericoloso.
giuseppe conte luigi di maio dario franceschini
Se qualcosa non funzionasse, se già oggi i trasporti non reggessero e si riscontrassero i primi assembramenti, se un ospedale tornasse a riempirsi di malati di Covid-19 mandando in tilt le terapie intensive, chi oggi sta a guardare dirà che la ripartenza è stata preparata tardi e male.
Nonostante le centinaia di consulenti e una task force, quella guidata da Vittorio Colao, tenuta ai margini per le molte gelosie suscitate. Tanto che ora lavora in sei sottogruppi che interagiscono con i diversi ministeri, dopo che la settimana scorsa una videocall con il governo era stata rinviata tre volte per poi essere annullata e mai più convocata.
Mentre tutto riparte i test sierologici non sono ancora stati diffusi - la sperimentazione comincia oggi - e della App che doveva chiamarsi Immuni, ma il cui nome forse cambierà, si sono perse le tracce. Uno dei ministri più vicini al premier riassume la situazione in una frase: «Se va male, Conte salta. Perché se la fase due sarà un disastro, soprattutto dal punto di vista economico, perderà popolarità. E se perde popolarità è finito ».
giuseppe conte dario franceschini
Il capo delegazione pd nel governo Dario Franceschini in realtà ha passato gli ultimi giorni a rassicurare: «Conte ha tutto il mio sostegno. Si è trovato alla guida del Paese in un momento difficilissimo. Cosa doveva fare di più?». Il Pd continua a pensare che gli ultimi errori di comunicazione fatti siano peccati veniali. Questo vale però davanti a un' Italia che regge, che supera i 21 parametri studiati dal ministro della Salute Speranza. Perché se in una regione l' R con 0 tornerà ad avvicinarsi a 1, ci saranno nuove chiusure. E sarà così anche se il tasso di pazienti Covid in terapia intensiva supererà il 30% dei posti disponibili.
«Ma indietro non possiamo tornare - ha detto il premier nei colloqui di ieri - i nuovi lockdown, se non si potrà evitarli, riguarderanno una provincia, un territorio. Non saranno più nazionali ». Nel post che ha diffuso a sera, il presidente del Consiglio fa un appello alla responsabilità: «Come mai prima, il futuro del Paese sarà nelle nostre mani. Più saremo scrupolosi e prima potremo riconquistare altri spazi di libertà. Non sperperiamo quello che abbiamo faticosamente guadagnato».
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Distanziamento, mascherine, continua igiene delle mani, nella speranza che i soldi stanziati nel decreto maggio portino il resto: le risorse necessarie al tracciamento e all' isolamento dei nuovi positivi; i tamponi per chi sta male e chiama le Asl: le assunzioni di cui la sanità territoriale ha più che mai bisogno, perché la Fase 2 non si trasformi in una tragica scommessa perduta.