Carlo Bertini per “la Stampa”
nicola zingaretti foto di bacco
«Per sminare la trappola di Renzi un modo ci sarebbe, mettiamo la Boschi nel governo», propone uno dei big Pd a Nicola Zingaretti, preoccupato che l'ex premier farebbe il bello e il cattivo tempo su un esecutivo giallo-rosso tutto da costruire. Il segretario, pur restando convinto che Salvini e Di Maio stiano trattando la tregua armata, approva e benedice lo spariglio di proporre la Boschi ministro: che entra a pieno titolo nelle trattative con i grillini portate avanti dagli sherpa. Fa niente che il giochino sarebbe lo stesso fatto a suo tempo da Paolo Gentiloni (che non è escluso sia l' ispiratore di questa tattica).
MATTEO RENZI E MARIA ELENA BOSCHI
Fu lui a chiedere a Meb (il diminutivo con cui la chiamano i renziani) di entrare nel suo esecutivo dopo le dimissioni di Matteo. Fa niente che poi la Boschi si rivelò una spina nel fianco per lo stesso Gentiloni, sempre a fare le pulci a ogni suo atto dalla poltrona di sottosegretario della Presidenza, ruolo forte di Palazzo Chigi.
E fa niente che i grillini lo prenderebbero come un affronto: già martedì scorso, quando cominciarono a porre la condizione di ministeri a Di Maio, Bonafede e altri personaggi ingombranti, oltre al veto su Renzi, il capogruppo al Senato Andrea Marcucci se ne uscì con una battuta profetica. «E allora noi possiamo giocare sempre la carta della Boschi, non possono certo imporre tutti i loro diktat!».
ROMANO PRODI
IL RUOLO DI FORZA ITALIA
Ecco perché la questione è destinata a complicarsi. Tanto più dopo che ieri la benedizione di Romano Prodi ad un governo a "maggioranza Ursula", dal nome della presidente della Commissione votata da Pd, M5S e Fi, ha fatto gridare allo scandalo la destra, con un silenzio eloquente degli azzurri, metà dei quali tentati da una simile prospettiva. Un endorsement, scritto dopo un incontro a quattr' occhi con Zingaretti in Toscana, raccontato sul Messaggero, che i più maliziosi leggono anche in funzione della futura partita per il Colle. Fatto sta che con questo asso calato dal padre nobile, i Dem si preparano a un voto unanime il 21 in Direzione.
Certo, la mossa di piazzare la mina "Meb" sotto il tavolo appare come un modo per far saltare il banco. Ma la paura che accomuna tutti i big coinvolti, è farsi fregare da Matteo.
Del resto, nelle loro chat ieri si è materializzato il fantasma dello strapotere che avrebbe Renzi.
NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI
In una intervista al Giornale l' ex premier svela - è la lettura nella war room del segretario - ciò che farà un attimo dopo che il governo sarà nato: non avendo chiesto nessun ministro, denuncerà la grillizzazione della sinistra, e dopo aver aperto un nuovo spazio politico per sé, a seguito della crisi del Pd, farà cadere il governo. Calenda accetta scommesse: «Se si fa il governo, Renzi prende il tempo che gli serve per far fuori Zingaretti o farsi il suo partito».
Una strategia ben precisa quella che viene attribuita a Renzi, tale da far tremare i polsi a chi vede in questa partita del governo un rischio per la propria leadership, ovvero Zingaretti. Malgrado l' imperativo sia mettere al riparo il segretario dal fuoco amico, l' idea che debba essere lui a fare il premier, caldeggiata da molti, non persuade colui che dovrebbe essere il più tentato, ovvero lo stesso Zingaretti. Il leader è del parere che se andasse a Palazzo Chigi avrebbe sì il coltello dalla parte del manico, ma Renzi sarebbe ancora più tentato di farlo fuori.
CARLO CALENDA
Alleanza dopo il voto Ed è più chiaro perché la via maestra per Zingaretti restino le elezioni. Dopo ciò che è successo in questi giorni, ovvero lo sdoganamento del dialogo Dem-5stelle grazie a Renzi, le vecchie volpi lo spingono a tenere duro con il voto subito: «Magari in tre mesi si può sgonfiare l' onda lunga di Salvini», lo conforta un ex Pci di lungo corso.
«Poi alle urne, senza allearci prima, potremmo pure riuscire noi a superare il 40 per cento, sommando i voti del Pd, quelli dei cinque stelle, della sinistra, di qualche lista collegata ai sindaci e della famosa lista centrista di cui parla Renzi». Accordo solo dopo le elezioni, che era la via maestra di Zingaretti e Gentiloni. Recuperando al Pd i consensi dei grillini delusi e potendo a quel punto fare un governo con un gruppo parlamentare più fedele.
nicola zingaretti paolo gentiloni paola de michele massimiliano smeriglio
Questa la partita a scacchi che si gioca nel campo Dem.