Alberto Mattioli per La Stampa.it
CATANIA TEATRO
Guardate questo scatto di Antonio Parrinello, destinato a entrare nella piccola storia dei grandi disastri all’opera. Siamo al finale del secondo atto di Tosca. Lei ha appena pugnalato il barone Scarpia, che infatti è disteso imparruccato e insanguinato nella tipica posizione «a croce» assunta di solito dagli Scarpia morti (così è più facile sistemarci attorno i candelabri), e sta rileggendo il lasciapassare che le permetterà di raggiungere Civitavecchia con l’amato Cavaradossi e poi via pel mar, sì, povera illusa. Tutto regolare, si direbbe, come da libretto di Giacosa & Illica via Sardou e musica di Puccini.
TOSCA A CATANIA FOTO GIACOMO ORLANDO
Senonché l’intimità dell’appartamento del barone a Palazzo Farnese è rotta da una presenza imprevista, benché felpata. È quella che compare in basso a destra, con un costume bianconero perfettamente ton sur ton con quello del de cuius, e si muove per la scena con la disinvoltura di chi sta nel salotto di casa sua. Perché, in effetti, la scena è il salotto di casa sua. La gatta si chiama Cesarina e vive nel teatro greco-romano di Catania, dove il Bellini, il teatro d’opera catanese, ha appena esportato tre recite della sua Tosca, perché si sa che in Italia appena arriva l’estate prende a tutti la smania di fare l’opera sotto le stelle invece che, all’aperto, limitarsi a giocare alle bocce come raccomandava Toscanini.
Sta di fatto che il teatro antico di Catania è in pieno centro, in una zona popolare e popolosa, fra palagi settecenteschi fra i quali anche il Gravina-Cruyllas dove nacque Vincenzo Bellini. E, appunto, piena di colonie di gatti, del resto sempre a loro agio fra le rovine in generale e in quelle classiche in particolare. Così, Cesarina non si è fatta problemi per partecipare allo spettacolo. E anzi, apprendiamo dalla recensione della serata firmata da Giuseppe Montemagno per www.connessiallopera.it, tanto si è fatta vedere che ne è diventata la vera protagonista. «Calamitante, ineludibile, ininterrotta presenza dello spettacolo», certifica Montemagno. Così nessuno potrà dire che era una Tosca cantata da cani.
TOSCA A CATANIA FOTO GIACOMO ORLANDO 2
Vecchia storia. Si sa che un anonimo gatto partecipò alla tumultuosa prima assoluta del Barbiere di Siviglia di Rossini, a Roma nel 1816, attraversando di corsa il palcoscenico e contribuendo così al leggendario fiasco della serata. E un altro aveva già debuttato in Tosca, in una produzione della Nederlandse Opera di Amsterdam del 1998, direttore Riccardo Chailly, regia di Nikolaus Lehnhoff. All’inizio del secondo atto, Scarpia-Bryn Terfel, disteso su un canapé, in attesa di buttarsi su Floria accarezzava un magnifico persiano, tipo il capo della Spectre nei primi 007. Vissi d’arte? Miao.