Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"
cosimo ferri ana bettz rita cavallaro
Mercoledì i riflettori politici erano puntati sul Senato. Ma nelle stesse ore la maggioranza anti ddl Zan si manifestava anche nella più appartata giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, chiamata a decidere sul caso Ferri. Cosimo, magistrato in aspettativa, gran visir delle nomine giudiziarie, ex sottosegretario alla giustizia in quota Forza Italia, poi approdato a Italia Viva via Pd.
Cosimino lo chiamava al telefono Luca Palamara nella primavera 2019, quando con il concorso esterno dell’onorevole-imputato Luca Lotti si apprestavano a portare a compimento il controllo sulle principali Procure italiane, Roma in primis. Per la sua partecipazione alla notte dei congiurati nell’hotel Champagne, Ferri è sotto procedimento disciplinare da un anno e mezzo.
cosimo maria ferri
A differenza di Palamara (radiato) e degli altri cinque ex membri del Csm (pesantemente condannati), finora è riuscito a sfangarla. Merito di una meticolosa strategia difensiva e di qualche pasticcio del Csm nel ping pong con la Camera. Ma ora siamo al dunque: la giunta e poi l’Aula di Montecitorio devono decidere se consentire l’uso delle intercettazioni oppure no. La questione verte attorno alla casualità delle intercettazioni di un parlamentare in assenza di autorizzazione preventiva. Finora giudici perugini, Csm e Cassazione hanno ritenuto che tali fossero quelle di Ferri. Egli sostiene l’opposto e ne reclama «radicale illegittimità e patologica inutilizzabilità».
luca palamara a passeggio con cosimo ferri
Senza intercettazioni, addio processo. Mercoledì mattina Ferri si è presentato alla giunta armato di una torrenziale memoria difensiva: 90 pagine più 13 allegati. Poi ha chiesto di parlare tenendo banco per un paio d’ore. C’è chi racconta l’audizione come «uno sfogo », chi come «uno show» e non si fatica a crederlo. Ferri si è dipinto come vittima di «una evidente persecuzione » orchestrata prima dai magistrati di Perugia, che l’hanno intercettato e pedinato «abusivamente» per mesi indagando su di lui in modo surrettizio e fingendo di ascoltarlo casualmente; poi dalla stessa sezione disciplinare del Csm, che intende processarlo a prezzo di «rile rilevanti omissioni e persino affermando fatti smentiti documentalmente ».
cosimo ferri 3
Il tutto in «macroscopica e plateale violazione della Costituzione». A supporto della tesi complottista (intercettazioni volute, altro che casuali, quindi illecite) la quantità di conversazioni di Ferri (31) captate, tra cui una persino con il presidente della Lazio, Claudio Lotito; l’identificazione di Ferri come abituale interlocutore di Palamara tre mesi prima della notte dello Champagne; la certezza di essere stato «espressamente attenzionato » dagli inquirenti anche nelle cene private, tanto che il suo nome risuona negli atti d’indagine 341 volte e il rapporto con Palamara definito sin da marzo come «connotato da opacità»; l’uso di un server privato per conservare (e manipolare, sospetta) le intercettazioni, il che «costituisce una gravissima minaccia per la democrazia».
cosimo ferri 1
Dunque, dice Ferri ai colleghi, darmi in pasto al Csm significherebbe «incidere gravemente sulla libertà, anche personale, del parlamentare », accettando la prevalenza di giudici e Csm su chi «rappresenta il popolo». Finora tutti gli organi giurisdizionali hanno respinto queste tesi. Ma ora Ferri gioca in casa, come si è capito mercoledì. Pietro Pittalis, berlusconiano relatore della pratica, come in un’ideale staffetta ha chiosato la perorazione ferriana annunciando, in fin di seduta, di condividerla in toto.
luca lotti
Dunque nel giro di un paio di settimane la sua proposta di non autorizzare l’uso delle intercettazioni sarà votata. E approvata, perché centrodestra più Italia Viva hanno i numeri in giunta. Anche nel voto decisivo dell’aula la posizione pare prevalente, e non solo grazie al probabile voto segreto. C’è dietro un asse ormai consolidato tra centrodestra, Renzi e Calenda sulla giustizia. Dalla prescrizione alla presunzione di innocenza, dall’immunità parlamentare alla riforma del Csm. Palpabile imbarazzo nel Pd: non insensibile alle argomentazioni del suo ex deputato, ma recalcitrante all’idea di saldatura politica col «patto di Ferri».
COSIMO FERRI