Giacomo Amadori Alessandro Da Rold per "la Verità"
Siamo arrivati allo scontro finale, dove quel che resta della Procura di Milano tenta gli ultimi colpi di coda per rianimare il processo Opl 245 contro i vertici dell'Eni, conclusosi in primo grado con l'assoluzione di tutti gli imputati. Il procuratore Francesco Greco, a un mese dalla pensione, ha deciso di prendere personalmente il controllo della situazione,
FRANCESCO GRECO
dopo aver scaricato le colpe sulla mancata messa a disposizione degli atti alle difese sull'aggiunto Fabio De Pasquale (che ha ricevuto un avviso di chiusura delle indagini).
Greco ha convinto la Procura di Brescia anche della sua buona fede nella ritardata iscrizione degli indagati sulla vicenda della loggia Ungheria e ringalluzzito, il 13 ottobre, si è recato nel carcere di Terni a torchiare (si fa per dire) il pentito fasullo Piero Amara, ex legale esterno dell'Eni, che ogni sei mesi ha nuovi ricordi legati alle stagioni, ai pm e alla situazione contingente (testimone, imputato, o carcerato). Quindi l'appuntamento del 13 ottobre è diventato l'occasione per una sorta di rivincita per i partecipanti all'incontro: procuratori azzoppati e testi considerati ormai inattendibili (Amara è indagato per calunnia).
videoregistrazione di piero amara 5
Ma esaminiamo al rallentatore questa sfida tra vecchie glorie. All'inizio il procuratore, affiancato dal pm Stefano Civardi, spiega ad Amara che «compare quale persona sottoposta a indagini» per calunnia ai danni del difensore di Vincenzo Armanna, accusatore di lungo corso dell'ad di Eni Claudio Descalzi. Ma il fascicolo è nuovo e, viste le domande, sembra nato per riaprire vecchi cassetti. Infatti Greco chiede conferma ad Amara delle dichiarazioni rese sino a oggi.
E l'avvocato risponde di sì, ma anche no, perché spiega di dover «precisare diverse circostanze e fornire un'esatta ricostruzione storica degli avvenimenti, dal momento che gli interrogatori che ho reso hanno avuto un'evoluzione e che le cose che ho dichiarato nel 2018 sono state ampliate e rese diverse nell'interrogatorio nel 2019».
piero amara
Una circonlocuzione per ammettere di aver raccontato balle. Fa notare che nel 2018 si è assunto tutta la responsabilità e che nel 2019 ha indicato «altre persone con le quali avevo operato per realizzare delle condotte». Le domande di Greco e Civardi vertono intorno al falso complotto ai danni di Descalzi che sarebbe stato messo in piedi da Amara; il primo quesito riguarda il presunto incarico ben remunerato che l'indagato avrebbe ricevuto per il «controllo» di Armanna e per «la costruzione di finti processi penali» a Trani e Siracusa.
FRANCESCO GRECO
Lì picchia l'accusa. L'interrogatorio inizia alle 10.57, ma viene sospeso nemmeno un'ora dopo, alle 11.52. Alle 12.02 ricomincia e Amara parte a razzo sul suo presunto ruolo nella nomina di Descalzi nel marzo 2014. Racconta di incontri con Antonio Vella e Claudio Granata, in quel momento manager di punta della società petrolifera e, a dire dell'avvocato, interessati a cercare in lui uno sponsor per l'attuale ad. «Dal momento che si sapeva» sostiene Amara «che avevo buone entrature negli ambienti renziani attraverso Lotti, Bacci e il padre di Renzi, Tiziano, nonché con Verdini».
Amara descrive anche un incontro a casa di Granata, coinvolto nelle nuove dichiarazioni, con una «donna che ci preparò un tè». Nessuno gli chiede di descrivere casa, né donna. Amara indica nell'interrogatorio di Vincenzo Larocca, ex dipendente Eni, «un riscontro» alle sue affermazioni. Ma anche in questo caso nessuno gli domanda come faccia a sapere «dell'interrogatorio di Larocca», inserito, ci risulta, in un fascicolo coperto da segreto.
vincenzo armanna
Ma la vera questione è che quando Amara si sarebbe adoperato per la nomina di Descalzi, il manager era in realtà già stato scelto dalla società cacciatrice di teste Korn Ferry (come previsto dalla direttiva sulle nomine pubbliche) che il 25 marzo 2014 lo posizionò al primo posto dei possibili contendenti per il ruolo di successore di Paolo Scaroni e solo l'1 aprile Descalzi incontrò Renzi a Londra.
Amara di fronte a Greco ricorda il faccia a faccia, ma si vede che non è a conoscenza della selezione da parte della Korn Ferry. Un'altra parte dell'interrogatorio è dedicato al video del 28 luglio 2014 negli uffici dell'imprenditore Ezio Bigotti, messo a disposizione delle difese nel processo Eni-Nigeria fuori tempo massimo, tanto che De Pasquale e il pm Sergio Spadaro hanno ricevuto un avviso di conclusione delle indagini preliminari dalla Procura di Brescia. L'argomento non ha nulla a che vedere con l'oggetto dell'interrogatorio, ma nessuno interrompe l'indagato.
francesco greco
Amara dice: «D'accordo con Granata, decisi di controllare le mosse di Armanna e di videoregistrarlo, potendolo fare con l'aiuto di Bigotti. Infatti quest' ultimo aveva una stanza dotata di un'apparecchiatura che utilizzava per registrare rapporti riservati». Siamo nel 2014. Secondo Amara, il numero 2 dell'Eni, Granata, gli avrebbe chiesto di monitorare Armanna e, quindi, il piano dovrebbe essere di avere il filmato per mostrare come l'ex manager licenziato stesse tramando contro i suoi ex capi.
Visto che nessuno lo interrompe, Amara racconta l'ennesima «favola di Pinocchio», come dice lui, e di «avere ricevuto in anteprima (sic!) il file relativo al video di Bigotti [] sul finire del 2017», cioè tre anni dopo la registrazione, «in quanto allegato a una relazione della Guardia di Finanza» ottenuta «in anteprima tramite una consegna di Francesco Sarcina che è un dipendente dell'Aisi», i servizi segreti interni.
GIUSEPPE CALAFIORE
Sarcina è un nome che Amara ha già sfoderato in passato indicandolo come presunta fonte. Nessuno gli domanda come facesse Sarcina, un carabiniere, ad avere una «relazione della Guardia di Finanza»; nessuno gli contesta le dichiarazioni di Sarcina, che nel merito lo ha smentito. Amara aggiunge di aver fatto una riunione con il sodale Giuseppe Calafiore e con Armanna e di aver deciso di consegnare il video al capo della security di Eni Alfio Rapisarda, perché lui, l'indagato, si è sempre «sentito sino in fondo un "uomo Eni"».
piero amara 6
Nessuno gli chiede perché di tutto ciò nulla abbiano mai riferito lo stesso Amara, Calafiore e Armanna in tre anni di «collaborazione» e neppure nel dibattimento milanese Eni/Nigeria dove Armanna e Amara sono stati sentiti. L'interrogato espone poi un argomento «assolutorio» per l'imputazione che pende nei confronti di De Pasquale e Spadaro, i quali si sono sempre difesi dicendo che di quel video si era parlato in qualche Riesame del procedimento Opl 245, senza che però il file fosse mai stato depositato.
massimo dalema al vinitaly
Amara gli lancia una ciambella di salvataggio, affermando che, oltre che essere stato visionato in anteprima dall'Eni, «il video è stato allegato e diffuso nell'ordinanza di custodia cautelare del marzo 2018 e al Riesame era circolato ed era stato visto da parecchia gente».
Nessuno gli chiede a quale ordinanza si riferisca, chi fosse quella «gente» e in che «riesame» fosse circolato.Nell'interrogatorio Amara regala chicche anche sulla cosiddetta «Operazione Odessa», nata per fermare Armanna e le sue dichiarazioni anti Descalzi, e cita anche un fedelissimo di Massimo D'Alema, Roberto De Santis, che avrebbe gestito la «ritrattazione» di un altro «problema dell'Eni» (Pietro Varone, ex manager di una partecipata) con l'aiuto del petroliere Gabriele Volpi.
FABIO DE PASQUALE
Infine Amara parla di un progetto anti pm che avrebbe ideato lui stesso: «Ebbi un incontro con Lotti per verificare la possibilità di far presentare dall'Eni un esposto al Csm contro De Pasquale». Un'idea che sarebbe stata, però, bocciata dagli avvocati dell'Eni. È chiaro che ci troviamo di fronte ad accuse indimostrabili, ma nelle partite tra vecchie glorie tutto può far spettacolo.