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    LA “SVOLTA GREEN” CI LASCERA’ AL VERDE – LA GRANDE CRISI DELLE MATERIE PRIME COMPLICA LA RIPRESA ECONOMICA - LA PANDEMIA, UNITA ALLA CRISI DEI MICROPROCESSORI, HA FATTO SCHIZZARE ALLE STELLE I PREZZI DEI MATERIALI: IL PETROLIO È AI MASSIMI DA DUE ANNI, NELL’ULTIMO ANNO IL RAME È RINCARATO DI QUASI IL 150%, CON ALLUMINIO E NICKEL AUMENTATI CIRCA DEL 70% - “GLI INVESTIMENTI PUBBLICI IN INFRASTRUTTURE E TRANSIZIONE VERDE MANTERRANNO ALTA LA DOMANDA E I PREZZI”


     
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    Gabriele De Stefani per “la Stampa”

    produzione microchip produzione microchip

     

    Arrivi un giorno in azienda e per un microprocessore che un anno fa costava tre dollari e mezzo te ne chiedono 817,90. Calcolare la percentuale di rincaro è un puro esercizio di stile, la sostanza è che così non si può lavorare: «Siamo stati costretti a fermare la linea produttiva per una settimana, finché non abbiamo trovato il microchip a 40 dollari, comunque un prezzo altissimo» dice Giordano Riello, che con la sua NPlus a Rovereto produce schede elettroniche.

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    È la grande crisi delle materie prime: da mesi introvabili e schizzate a livelli record per il combinato disposto della ripresa, dell' aumento della domanda, dell' inflazione e della storica iniezione di soldi pubblici nell' economia. E le prospettive, dicono gli analisti, non sono incoraggianti: i rincari proseguiranno per un altro anno e mezzo.

     

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    La manifattura si arrangia come può, tra fermate, cali dei margini e ripercussioni sui prezzi proposti ai clienti. «Noi lavoriamo con materiali ferrosi e plastica - spiega Giorgio Luitprandi della Edilmatica, che a Mantova produce prefabbricati per l' edilizia -. Siamo in difficoltà, l' ultima sorpresa pochi giorni fa. All' improvviso una mail da un fornitore: "Non rispettiamo le consegne previste, possiamo darvi solo materiali di minore qualità". Stiamo correndo il rischio di perdere clienti, non ci sono alternative e non possiamo scaricare tutto sui prezzi. Ed è impossibile programmare a sei mesi come eravamo abituati, al massimo si ragiona su qualche settimana».

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    Se far pagare tutto ai clienti fa finire fuori mercato, la sponda non arriva da chi sta a monte della catena: «Si è creata una bolla speculativa tra i fornitori - ragiona Francesco Frezza, industriale del legno di Bari -, noi abbiamo dovuto annullare contratti già firmati, era impossibile rispettarli con prezzi schizzati da 400 a 800 euro al metro cubo e con gli imballaggi rincarati del 30-40%. Procediamo con accordi settimanali sperando di spuntare di volta in volta condizioni migliori, e tutti ci propongono consegne non prima di settembre-ottobre».

     

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    Basta poco per perdere i clienti: «Magari un concorrente cinese che la materia prima ce l' ha in casa, visto che siamo tutti dipendenti da loro - si sfoga Riello -. Pechino arriva a mettere i dazi in uscita, sono manovre per indebolire i mercati occidentali a cui dovremmo rispondere. Servono interventi a livello europeo per proteggerci».

     

    L' inflazione pesa anche sull' agroalimentare: a maggio + 40% per le commodities, dice la Fao. Record dal 2011.

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    Le cause e gli scenari I numeri dicono che il petrolio è ai massimi da due anni e che in dodici mesi il rame è rincarato di quasi il 150%, alluminio e nickel circa del 70%. «È uno scenario che ha origine soprattutto nel ciclo macroeconomico - spiega Daniela Corsini, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo -. Da una parte c' è la ripartenza che dalla Cina si è estesa a tutto il mondo e ora ai servizi, dall' altra le politiche fiscali che hanno portato grandi iniezioni di liquidità in tutto il mondo occidentale, per redistribuire il reddito dopo la pandemia. In più a spingere l' inflazione ha contribuito la svalutazione del dollaro».

     

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    Dinamiche rafforzate da fenomeni più transitori e legati alla pandemia: «Ne individuiamo due - prosegue Corsini -. Il primo è l' improvviso cambiamento dei consumi, che ha spinto il packaging, e dunque carta e plastica, e l' immobiliare negli Usa, che ha fatto impennare la domanda di legno.

    Il secondo sono i colli di bottiglia a trasporti e produzione: il distanziamento sociale ha frenato molti siti produttivi, come le miniere, mentre i bassi livelli di scorte decisi nei mesi dei lockdown rendono ora meno rapida la risposta nelle consegne. Per questo spesso non si rispettano le consegne nonostante i prezzi elevatissimi».

     

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    Il mix di variazione dei consumi e magazzini svuotati sta tutto nel caso dei microchip introvabili: quando le case automobilistiche hanno cancellato gli ordini durante i lockdown, i produttori asiatici si sono spostati sui chip per l' informatica e ora, con il mercato in ripresa, manca quel che serve all' automotive, in attesa che i fornitori si riallineino.

     

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    Secondo le previsioni del centro studi di Intesa, le imprese dovranno stringere i denti ancora per un anno e mezzo: «Gli investimenti pubblici in infrastrutture e transizione verde manterranno alta la domanda e quindi i prezzi - aggiunge Corsini -. Penso soprattutto ad acciaio e rame, che non è sostituibile nei processi di elettrificazione e soffre anche i freni alla produzione in America Latina, dove c' è un rinnovato interesse per i temi ambientali. Penso anche a energia e gas: è fortissima la concorrenza dell' Asia, che vuole ridurre le emissioni e cerca gas naturale. Le aziende devono prepararsi a convivere con i rincari, non si tornerà ai livelli del 2019».

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    È l' altra faccia della svolta green: la domanda si concentra sulle materie prime e le fonti energetiche che devono alimentarla, facendo correre le quotazioni. E, nei prossimi mesi, anche le bollette delle imprese: previsti aumenti per i diritti di emissione di anidride carbonica.

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