Adriano Prosperi per “La Stampa - TuttoLibri”
IL VIZIO INNOMINABILE
Non solo un vizio ma «il vizio» per definizione, riconoscibile perché innominabile: di questo racconta qui Francesco Torchiani. È la nota dominante di una tragica lunghissima storia, equamente dominata da poteri politici e religiosi.
I classici lavori di George Mosse hanno spiegato come virilismo e rigetto delle amicizie maschili siano nati all’ombra dello Stato forte del nazionalismo tedesco che ha portato all’«omocausto» nazista.
E se per la Chiesa l’omosessualità è stata per secoli una «eresia indicibile» punita col rogo, come ha ricordato in un suo recente libro Vincenzo Lavenia, è stato con lo stigma del vizio che la società borghese ha reso infernali le esistenze e spinto fino al suicidio i «diversi».
Francesco Torchiani
E ora c’è l’occasione di imparare da questo dolente e documentato resoconto di Francesco Torchiani come si sia arrivati non alla conclusione di secoli di intolleranza ma allo stato attuale di una speciale fobia collettiva che da noi fiammeggia ancora perfino nel Parlamento italiano.
Un’anomalia tutta italiana blocca l’approvazione del disegno di legge Zan in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere. La legge, approvata alla Camera, è rimasta a metà del percorso col cambio di governo.
E ora rischia di perdersi perché in difesa del maschilismo nazionale sono scesi i partiti della destra nostrana, che con l’argomento classico degli insabbiatori - maiora premunt, c’è altro da fare - vorrebbero mantenere l’Italia al di qua di una frontiera dei diritti civili e delle tutele legali che gli Stati Uniti hanno varcato nel 1974 e la Francia nel 2004 (ambedue con governi di destra).
coppia gay
Intanto la cronaca nera ci pone davanti di continuo a violenze e delitti pubblici e privati generati da una repulsione fortissima, un vero e proprio odio che scatena perfino i genitori contro i figli.
Non di questa cronaca truce e avvilente racconta Torchiani, ma del nero fiume di una lunga storia per lo più sotterranea e oscura, che alla superficie vede il vento del rifiuto gonfiare le candide vele della Chiesa.
coppia gay mano nella mano
Qui l’adozione di un codice della natura iscritto nel precetto biblico del «crescete e moltiplicatevi» e del rogo per gli omosessuali a imitazione dello zolfo del dio biblico su Sodoma e Gomorra, ha radicato un rifiuto teologico che ancora oggi, mentre questo volume era in stampa, ha ispirato un rifiuto dell’ex Sant’Uffizio opposto alla richiesta della benedizione religiosa ai matrimoni omosessuali.
coppia gay aggredita
Secondo la congregazione vaticana della dottrina della fede l’acqua santa è riservata alle realtà che rientrano nel disegno divino: e il matrimonio senza finalità di procreazione non vi rientra. Con quell’acqua benedicente si può benedire una grande quantità di oggetti e di contesti (armi e cannoni inclusi), ma non l’amore umano.
coppia gay aggredita da un gruppo di ragazzi
Di questo amore e dell’odio e dell’orrore che l’hanno circondato e ancora lo circondano, questo libro racconta tante storie, diverse e diversamente penose a scorrerle nella letteratura e nelle vite. Hanno però in comune un leitmotiv: quello della persona lacerata dalla vergogna e dall’impossibilità di amare che cerca consiglio, comprensione, aiuto da una voce amica. E la cerca di preferenza nella religione madre dell’odio.
queer
Si apre a un amico religioso, meglio se uomo di chiesa in nome della religione che ha come messaggio l’assoluto primato paolino dell’amore. È qui che dopo molte tergiversazioni e molte tortuose ipocrisie vediamo ripetersi sempre la stessa scena: il consigliere e amico offre la sua compassione e i suoi consigli ma senza mai discostarsi da una considerazione del caso come una disgrazia irrimediabile, da curare e sopportare.
gay pride
L’onda dei sentimenti d’amore che spinge chi bussa alla porta si infrange ogni volta contro il muro dell’untuosa dolcezza degli uomini di chiesa. Esemplare la durezza del cattolico Paul Claudel, dolce e accogliente poeta dell’Annunciazione, nel rispondere a André Gide che gli aveva scritto chiedendogli: «Per quale viltà dovrei eludere questo problema nei miei libri? Non io ho scelto di essere così».
gay pride 3
Niente vale a scalfire il rifiuto profondo, la riprovazione quando non addirittura l’orrore del confidente per qualcosa che continua ad apparirgli vergognoso e riprovevole, come una macchia mostruosa da nascondere a ogni prezzo.
Il punto estremo di comprensione da parte dei teologi cattolici non va al di là della definizione dell’omosessualità come una malattia contagiosa davanti alla quale il confessore deve mostrare pazienza e comprensione.
PASOLINI
Da un lato, la Chiesa resta attaccata all’idea che la legge divina e quella della natura coincidano e che solo la riproduzione della specie giustifichi i rapporti sessuali, per cui l’omosessualità sarebbe solo una grave immoralità, un «peccato abominevole».
E dall’altra le leggi civili continuano a punire i comportamenti. La riprovazione si traduce in linciaggio pubblico. È noto il caso di Pier Paolo Pasolini denunciato nel 1949 per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico ed espulso per indegnità morale dal PCI.
gay pride 2
Più grave ancora il caso che nel 1968 ebbe per vittima lo scrittore e pensatore Aldo Braibanti. Per lui, condannato a nove anni di galera, la sentenza riesumò il reato di plagio nascondendo ipocritamente quello di omosessualità. Ma l’intellettuale cattolico Igino Giordani mirò dritto al vero oggetto chiedendo che per quella «infezione morale, civile e sociale» che corrodeva la società si prendessero misure pubbliche adeguate.
Diverse le reazioni di teologi non italiani, come Gregory Baum che negli anni ’70 denunziò la cultura prodotta dalla Chiesa perché contribuiva all’emarginazione di uomini e donne, commettendo un vero crimine contro di loro.
Gay
Di fatto negli anni del Concilio Vaticano II e dell’enciclica di Paolo VI Humanae vitae, nonostante le migliori intenzioni il magistero cattolico non riuscì a lasciarsi alle spalle la granitica certezza del proprio compito di dare voce a una legge divina eterna e universale.
L’unica soluzione per chi ne viveva sulla sua carne l’impulso incancellabile era quella di combattere quella colpevole anomalia che non poteva in nessun modo ricevere l’approvazione della Chiesa. E questo continuava a spingere alla disperazione chi, come Severino Frullani, dal fondo del carcere di Grosseto, mandava nel giugno 1979 una lettera al quotidiano Lotta continua dove si chiedeva perché la chiesa discriminasse chi come lui era «un diverso» ma voleva «essere comunque un cristiano».
papa francesco 2
Torchiani ripercorre fino ai nostri giorni le tappe del confronto/conflitto tra Chiesa cattolica e la lotta per i diritti del popolo gay, attraversata da terribili vicende come l’aids. Di fatto l’episodio dell’incendio della bandiera vaticana a Santiago del Cile nel 2001 dice fino a qual punto la situazione si fosse incancrenita prima che il nuovo pontefice Francesco cogliesse nel viaggio di ritorno dal Brasile del 2013 l’occasione per attenuare verbalmente il rifiuto con la famosa battuta: «Chi sono io per giudicare?».
Ma l’apparente segno di novità svaniva quando nella esortazione apostolica Amoris laetitia di qualche anno dopo la dichiarata offerta di rispetto per le persone omosessuali si accompagnava al ribadito rifiuto di riconoscere nelle unioni gay la più pallida analogia col presunto disegno divino sul matrimonio.