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    LA GRANDE SCALATA DI SCALONI - QUANDO L'ATTUALE C.T. ARGENTINO È STATO CHIAMATO NEL 2018 PER ASSUMERE LA GUIDA TECNICA DELL'ALBICELESTE, MOLTI HANNO STORTO IL NASO, RITENENDOLO INADATTO PER LA SUA SCARSA ESPERIENZA - L'EX DIFENSORE È RIUSCITO A DARE UN'IDENTITÀ (E UN TROFEO) ALL'ARGENTINA, PUNTANDO SU UNO STAFF DI GRANDE ESPERIENZA E CON UN MESSI CHE NON È MAI STATO COSÌ A SUO AGIO IN NAZIONALE…


     
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    Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”

     

    LIONEL SCALONI LIONEL SCALONI

    Adesso che le strade d'Argentina sono invase da maglie albicelesti, la finale è conquistata e Leo Messi è finalmente un uomo risolto e felice, líder tecnico e morale («Non so se questo sia il mio miglior Mondiale, ma mi sto divertendo tantissimo»), è facile dire che Lionel Scaloni è il c.t. che ha unito «l'amore per il pallone di César Menotti e quello per la lotta di Carlos Bilardo» (come si legge in questi giorni).

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    Quando è stato chiamato nel 2018 dopo i Mondiali di Russia con un Messi svuotato, incerto se continuare (già nel 2016 aveva lasciato per un po' la Nazionale) 45 milioni di commissari tecnici avevano alzato un sopracciglio, fatto una smorfia e condiviso le parole di Diego Armando Maradona che si era chiesto se in Federazione «fossero impazziti». Scaloni scontava due cose: la prima, la più importante, era la sua mancanza di esperienza da allenatore di alto livello, era stato l'assistente di Sampaoli e guidava la Under 20. Solo il maestro Oscar Tabarez abbracciandolo in una sfida con l'Uruguay gli aveva detto «non ascoltarli, hai l'esperienza di chi ha giocato vent' anni».

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    E qui arrivava il secondo rimprovero: perché quei vent' anni erano passati quasi tutti in Europa. Esattamente come Messi, accusato di sentirsi più catalano che argentino e di non riuscire a dare tutto sotto il peso della camiseta albiceleste. Quella che sembrava una debolezza di Scaloni, si è rivelata un'esperienza di vita comune, una prima password per entrare nei meccanismi del campione.

     

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    Ma Scaloni, che viene da Pujato, piena campagna della regione di Santa Fe, e che chiamano chacarero , contadino, conosce il valore della pazienza. Per prima cosa ha scelto con cura lo staff, che ora è considerato il segreto della Scaloneta: il vice, l'ex c.t. dell'Under 17 Pablo Aimar, strenuo sostenitore dell'idea che il calcio si debba adattare ai giocatori creativi, ma soprattutto da ex centrocampista di Argentina, River Plate e Valencia, eroe d'infanzia di Messi. E poi l'amico da bambino Walter Samuel (il «Muro» dell'Inter), i cui genitori accompagnavano Scaloni all'allenamento, e Roberto Ayala, ex difensore.

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    Dopo che Aimar ha accettato il ruolo, lui e Scaloni hanno fatto una videochiamata a Messi. E lo hanno stupito. «Gli abbiamo detto: "Forse è meglio se non vieni subito, abbiamo bisogno di costruire un gruppo forte prima". Dovevamo chiamare i ragazzini, volevamo fossero pronti prima di allenarsi con Leo».

     

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    Lì è nata l'Argentina che ha vinto la Copa America nel 2021, che è rimasta imbattuta 36 partite, ha mantenuto l'equilibrio dopo la sconfitta con l'Arabia Saudita, e che domenica giocherà la finale mondiale contro la Francia. Scaloni che doveva essere un traghettatore può diventare eroe nazionale. Con Messi che non è mai stato così a suo agio in Nazionale: «Siamo una squadra intelligente, sappiamo cosa fare e non perdiamo mai di vista quello che abbiamo preparato, e questo è merito di Scaloni e del suo staff». Con una sintonia così, dopo 36 anni forse tutti i tasselli sono al posto giusto.

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