LA GRANDE SCOMMESSA
Marco Giusti per Dagospia
Adesso smettiamola di pensare ai film di Natale, agli incassi di Checco Zalone ai peli di Chewbacca e parliamo di cinema. The Big Short, da noi tradotto come La grande scommessa, anche se la vera traduzione sarebbe ‘Il grande scoperto’, è un grandissimo film.
Lo ha diretto Adam McKay, di solito regista di commedie di Will Ferrell, che lo ha pure scritto assieme a Charles Randolph traducendo in forma cinematografica il complesso saggio di Michael Lewis, dallo stesso titolo, che spiega come si arrivò alla bolla finanziaria che portò al crollo del mercato bancario americano nel 2008 e provocò quindi la crisi che stiamo ancora vivendo in Europa.
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McKay lo fa però seguendo le regole ferree del suo cinema di commedia, con un cast di primissimo livello che vede assieme Christian Bale, Steve Carell, Ryan Goslyng e Brad Pitt, qui anche produttore, e quando le cose si fanno troppo complesse da capire per il pubblico, ferma tutto, chiama una star come Margot Robbie mentre sta dentro la vasca da bagno, ancora fresca di Lupo di Wall Steet, o la sexbomb Selena Gomez o il cuoco Anthony Bourdain mentre cucina, per spiegarci in maniera più facile cosa sta capitando.
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Così, anche se non sapete niente di subprime, CDO, AAA, capirete tutto grazie a precise metafore come lo zuppone di pesce dove ricicli pesci avariati proposto da Bourdain. Geniale. La storia è presto detta. Ricordate la frase finale di Valeria Bruni Tedeschi in Il capitale umano di Paolo Virzì, “Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto”? E’ più o meno questa anche la storia di La grande scommessa che, senza grande moralismi, racconta, attraverso i giochi d’affari di quattro gruppi diversi di investitori e trader, la scommessa di piccoli e cinici geni della finanza che scoprono la bolla che è dietro il mercato bancario americano, capiscono che tutto il sistema nazionale presto crollerà e ci puntano contro.
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Lo spiega bene il guru delle finanze Ben Rickert, cioè Brad Pitt, ai due famelici giovani avvoltoi che lo hanno chiamato in aiuto, Charlie Geller, cioè John Magaro, e Jamie Shipley, cioè Finn Wittlock. “State scommettendo contro il vostro paese”. Senza sapere il disastro economico e umano che accadrà in America e in tutto il mondo. Non può essere una vittoria. Il primo a predire il crollo del sistema è Michael Burry, interpretato da Christian Bale come un genio più stralunato del suo Batman. Burry lo dice ai suoi investitori e prevede il crollo per la fine del 2007.
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Nessuno gli crede, soprattutto i banchieri che lo sostengono. Ma ha ragione. Lo capisce un altro investitore, Jared Vennett, un grandioso Ryan Gosling, che cerca così di unirsi a un gruppo di trader più forti, quello capitanato da Mark Baum, Steve Carell, perfetto. Baum, a poco a poco, capisce che quel che dice Vennett non solo è vero, ma che porterà a un disastro pauroso.
Tutti i personaggi, tranne Burry, circoleranno nel grande convegno annuale degli investitori economico a Las Vegas, l’American Securities Forum, e lì ognuno di loro prenderà la sua propria decisione morale sul cosa fare, cioè se investire sulla fine dell’impero economico americano o no. Ma nel tempo del film abbiamo perfettamente capito come si è arrivato a questo disastro e perché, seguendo una politica economica suicida che ci ha poi coinvolti tutti.
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Qua non si tratta di scegliere tra il posto fisso alla Lino Banfi e il liberismo renziano, qua si tratta di capire che fine sta facendo un paese e decidere che posizione prendere a riguardo. Se Il lupo di Wall Street di Martin Scorsese è un capolavoro del genere, ma riguardo un periodo precedente a questo, La grande scommessa si muove su un terreno analogo e spiega molto bene cosa sia stata la politica economica bancaria americana. Tutto il brano che riguarda la bolla finanziaria delle case è magistrale. Grande film. In sala da oggi.?