Francesco Borgonovo per “La Verità”
PFIZER BIONTECH
Il bello è che non l'hanno nemmeno creato loro, il vaccino. A svilupparlo sono stati i laboratori dell'azienda tedesca Biontech, guidata dal turco Ugur Sahin, il quale ha deciso d'investire tutte le sue risorse nello sviluppo del farmaco anti Covid.
Pfizer è arrivata dopo, e ha in effetti permesso l'industrializzazione del vaccino a partire da marzo 2020, realizzando quello che qualcuno ha definito «il più grande colpo di marketing nella storia dei prodotti farmaceutici Usa».
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Un affare che, nel 2021, dovrebbe portare nelle casse del colosso americano qualcosa come 36 miliardi di dollari. Del resto Pfizer è quasi monopolista: controlla circa l'80% del mercato dei vaccini nell'Ue e il 74% di quello americano.
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Com'è stato possibile? A giovare, e non poco, è stata proprio l'alleanza con Biontech, la quale non si è limitata a portare in dote gli esiti della ricerca: anche la provenienza tedesca dell'azienda ha pesato non poco. Biontech ha ricevuto dal governo germanico 375 milioni di euro di fondi per la ricerca, e li ha portati a frutto.
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Grazie alla spinta politica di Berlino, il vaccino Pfizer-Biontech è riuscito - come La Verità ha raccontato dettagliatamente nei mesi scorsi - a surclassare i concorrenti. Giova ricordare, a questo proposito, cosa accadde intorno a metà marzo, quando anche l'Italia decise di sospendere l'utilizzo delle dosi di Astrazeneca.
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Il ministro Roberto Speranza comunicò che la decisione di bloccare le inoculazioni era «emersa a seguito di una valutazione dell'istituto tedesco per i vaccini, il Paul Ehrlich Institut».
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Non serve una vocazione complottista per comprendere quanto il caos su Az abbia giovato al connubio tedesco americano. Il punto, però, è esattamente questo: ogni volta che si tenta di approfondire le questioni legate alla produzione e commercializzazione del vaccino cala implacabile la medesima accusa di dietrologia.
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Si viene dipinti come i «soliti no vax» che se la prendono pregiudizialmente con Big Pharma e ripetono i consueti stereotipi sulle case farmaceutiche. Almeno così funziona in Italia. All'estero, invece, qualcosa si è mosso: negli ultimi giorni si sono concentrati su Pfizer due pesi massimi del giornalismo internazionale, ovvero l'emittente britannica Channel 4 e il Financial Times.
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Quest'ultimo ha realizzato una corposa inchiesta (tradotta e ripubblicata qui da Internazionale) che prova a fare luce sul comportamento della gigantesca azienda farmaceutica statunitense. Un'azienda che, scrive il giornale economico, «ha il potere di fissare i prezzi e di scegliere quale Paese viene prima in una lista d'attesa poco trasparente, anche a causa dei programmi di richiamo vaccinale che ora i Paesi ricchi vorrebbero accelerare».
Pfizer
Collocandosi in posizione dominante sul mercato dei sieri, di fatto Pfizer esercita un enorme potere, anche politico. «E cosa intenda fare dopo», scrive il Financial Times, «è un mistero, perché l'azienda mantiene segreta buona parte dei contratti che ha stipulato e vincola anche gli scienziati indipendenti con accordi di non divulgazione».
vaccino oxford astrazeneca
Tale segretezza, com'è facile capire, è particolarmente rilevante nel momento in cui la casa farmaceutica ha la possibilità di fissare i prezzi delle dosi. Anche per questo, nota il Ft, a differenza di Biontech ha rifiutato i fondi del governo tedesco: «Per mantenere il controllo completo delle vendite, inclusa la questione cruciale dei prezzi». Il Financial Times ha intervistato sull'argomento Moncef Slaoui, «incaricato dall'amministrazione statunitense di garantire la fornitura di vaccini».
ASTRAZENECA
Tutto fuorché ostile a Big Pharma, Slaoui «è rimasto sconvolto dal fatto che la Pfizer chiedesse un prezzo così alto» e «sostiene di aver criticato apertamente Albert Bourla (59 anni, ad dell'azienda in ottimi rapporti con tutti i «grandi del mondo», ndr) perché cercava di trarre vantaggio dalla pandemia». Un'accusa ribadita, ai microfoni della britannica Channel 4, anche da Tom Frieden, già direttore del Cdc americano sotto Obama: «Se ti stai concentrando solo sulla massimizzazione dei tuoi profitti e sei un produttore di vaccini... sei un profittatore di guerra».
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Come ha riportato il Guardian, altro autorevole quotidiano inglese, «l'indagine di Channel 4 rivela l'analisi di un esperto di ingegneria biologica che afferma che il vaccino Pfizer costa solo 76 centesimi per la produzione per ogni colpo. Secondo quanto riferito, è stato venduto per 22 sterline a dose al governo inglese».
Intendiamoci: una casa farmaceutica ha tutto il diritto di fissare i prezzi che ritiene opportuni, e va detto che, nel caso del vaccino anti Covid la richiesta avrebbe potuto essere anche molto più esosa. Alla fine, Pfizer ha fissato un prezzo di 19,50 dollari a dose «nel contratto iniziale con gli Usa e con altri Paesi occidentali.
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Ma questo era comunque quattro volte il prezzo di una singola dose della J&J e cinque volte quello di una dose di Az». In ogni caso, non sembra che i governi occidentali, a partire dal nostro, abbiano opposto molta resistenza: per avere il siero erano pronti ad accettare praticamente ogni condizione, e pure a escludere gli Stati africani, alcuni dei quali sono ancora in attesa delle forniture minime promesse.
Secondo il Ft, «il successo del vaccino Pfizer è stato costruito non sui brillanti risultati della sua ricerca, ma sulla capacità di produzione che nel 2021 è aumentata vertiginosamente».
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I concorrenti, ad esempio Astrazeneca, hanno invece avuto molte difficoltà ad aumentare la produzione. Anche per questo Pfizer è riuscita a siglare un accordo per 1,8 miliardi di dosi con l'Ue, frutto di un fitto scambio di messaggi e chiamate tra Bourla e Ursula von der Leyen.
«Un impegno così grande di solito si traduce in una riduzione dei prezzi», chiosa il Ft. «Invece la Pfizer li ha aumentati di oltre un quarto rispetto al livello concordato all'inizio: da 15,50 euro a 19,50. Von der Leyen ha accettato».
Un altro ottimo affare. Infatti Pfizer «prevede che nel 2022, sulla base dei contratti già firmati a metà ottobre, incasserà 29 miliardi di dollari grazie al vaccino».
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Anche a fronte di cifre tanto imponenti, ci si sarebbe aspettata maggiore trasparenza, dalle istituzioni (nazionali e internazionali) e pure dall'azienda. Zain Rizvi, direttore della ricerca presso l'organizzazione dei consumatori americana Public Citizen, ha dichiarato a Channel 4 che «c'è un muro di segretezza che circonda questi contratti ed è inaccettabile, in particolare in una crisi di salute pubblica».
Che Big Pharma non fosse un circolo della beneficenza era piuttosto chiaro. Appena meno chiaro è il motivo per cui gli occidentali abbiano accettato il pacchetto senza scomporsi. Comunque sia, ormai i giochi sono fatti. Anzi, all'orizzonte già si presenta il nuovo business: le cure per il Covid. E chissà se, anche stavolta, a guidarci nelle trattative sarà la paura.