Domenico Quirico per “la Stampa”
DOMENICO QUIRICO
Venti giorni e sembra già che questa guerra ucraina non debba finir più. Più che una guerra comincia ad apparirci come un interminabile naufragio, pare che i gli ucraini debbano correr per sempre al fischio delle sirene, i profughi continuare ad ammassarsi alle frontiere in quella bolgia di vivi. L'Occidente sembra ridotto a organizzare, per l'ennesima volta, soltanto fughe, esodi, a far da sponda a ritirate e disastri. Oltre ad aiutare con un rivoletto di armi gli ucraini a diventare eroici e vederli colmare le tombe di eroi, non sembra che nulla ci resti da fare.
volodymyr zelensky e vladimir putin 1
È così, da tempo: possiamo sopportare solo un guaio, una spina per volta: il terrorismo, la migrazione, il califfato, l'epidemia, adesso Putin e le sue voglie. Da venti giorni si può dire che non ci guardiamo più intorno, abbiamo abolito il resto del mondo. Che supponiamo, con sazia avarizia anche delle catastrofi, in trance come noi per quanto accade a Kiev e a Leopoli, inchiodato agli schermi televisivi o a decifrare i brutali geroglifici che traccia il Cremlino.
i militari russi sparano sui manifestanti a kherson 6
Abbiamo annacquato le innumerevoli crisi mondiali con eufemistico stile nello stesso carattere roseo e amorfo: fermate le vostre piccole apocalissi, se ne riparlerà più avanti Popoli che vegetano nell'angolo inferiore del pianeta, che nessuno veramente conosce, che occupano aridi deserti, sierre slabbrate e severe savane silenziose, beh, non si sono imposti alla nostra attenzione monopolistica. Restano bestia da macello, con loro i boia hanno ancor esitazioni. Invece... invece il mondo al di là dell'Occidente va avanti.
Abbiamo concentrato tutte le gerarchie del male su Putin e connessi boiari, facendone una specie di epicentro di isterismi e attenzione. Purtroppo altri seminatori di tempeste stanno largamente approfittando di questa epoca di dissoluzione, di liquidazione. La guerra europea li conforta, li rafforza. Quando la mischia in Ucraina si placherà ci accorgeremo che molto è cambiato, in peggio, e per riparare i guasti ci vorrà più sopportazione che gli egizi con le sette piaghe.
abu ibrahim al hashimi al qurayshi
Per esempio il califfo. Ne è stato appena nominato un altro, il terzo dinasta, Abu Hasan al Hashemi al Qurashi, che sul trono succede ai due' «martiri» degli americani. Ve ne siete per caso accorti? Ah! la saldezza implicita delle monarchie assolute: i monarchi si succedono senza palpiti, è la carica che resta infinita nel tempo. Quaranta giorni appena di dibattito in shure misteriosissime ed ecco scelto l'uomo che avrà il compito di moltiplicare gli impicci che il jihadismo universale mai vinto, anzi vitalissimo, propone e dispone in mezzo mondo.
Dicono sia il fratello maggiore di Abu Bakr il Restauratore, l'uomo che ha fatto rinascere nella terra tra i due fiumi lo stato senza frontiere di un dio sanguinario. Si forma una dinastia, si resta in famiglia. Non c'era momento migliore per l'incoronazione: le province liberate dagli apostati, dalla Siria al Sahel, si scambiano in questi giorni messaggi giulivi: i cani infedeli si sbranano tra di loro in Ucraina, ancora una volta il disegno di Allah sconvolge le loro menti e li indebolisce.
Talebani uccidono giovani durante un matrimonio 3
Fratelli, siate pronti ad approfittarne, tornano tempi ricchi di messi per il jihad. Attendiamoci, non ci vuole Tiresia a immaginarlo, anche qualche attentato per celebrare l'evento. Intanto i sudditi moltiplicano nella totale indifferenza occidentale raid, attacchi e imboscate, la guerra santa sfrigola come un bosco secco in preda alle fiamme. In Siria hanno dovuto intervenire gli aerei russi per tenerli a bada.
Ma Abu Hasan sa che non potrà durare a lungo l'appoggio aereo di Putin, nella guerra ucraina ha bisogno di tutte le sue forze aeree. Anche i talebani del Sahel, dopo la fuga francese, sono scatenati, a cercare di salvare dai massacri gli eserciti locali è rimasta l'armata africana di Putin, sempre lui, i mercenari di stato della Wagner impegnati a giustificare alti ingaggi e miniere in appalto, che serviranno a mandare in fumo le non troppo micidiali sanzioni.
SCONTRI NEL SAHEL
E Bashar Assad? Silenzioso e implacabile, mentre l'occidente impegnato a sbranarsi si è perfino dimenticato di lui e del suo popolo affamato, festeggia la vittoria definitiva nella guerra dei dieci anni con una fotografia simbolo: negli Emirati, impettito, in grisaglia presidenziale, accanto al principe ereditario di questo regno da operetta ma benedetto dal petrolio.
Dal 2011 era un reprobo anche del mondo arabo, per i suoi rapporti teologici e politici con gli odiati ayatollah iraniani. «Pilastro della sicurezza araba», «relazioni fraterne»: l'emiruccio Ben Zayed non ha lesinato gli encomi. È la premessa del rientro da trionfatore nel salotto buono della Lega araba. Ma i bombardamenti a tappeto sulle città? I cinquecentomila morti? I gas? Le condanne occidentali? Polvere, tutto dimenticato. Il mondo sta cambiando. È un trionfo non di poco conto anche per Putin che lo ha difeso contro tutto e contro tutti. E i talebani, cosa fanno i talebani nel frattempo? Tempi fausti.
ASSAD CON L INDICE ALZATO
Anche loro festeggiano e con la accorta prudenza che segna il loro secondo ritorno vittorioso nella storia afgana lo fanno senza chiasso, in sordina. Sì perché l'Onu, in vacanza solo per la crisi ucraina, ha riaperto intanto i contatti ufficiali con i legislatori del burqa obbligatorio e delle esecuzioni in piazza. Con un po' di salamelecchi che la diplomazia degli ipocriti riesce sempre a inventare, ha riconosciuto di fatto il loro potere. Giusto.
xi jinping
Infatti nessuno si occupa più dei burka, delle ragazze senza lavoro e scuola, della sharia implacabile. Tutto dimenticato, non abbiamo tempo, il chiasso si è spento, solo i profughi da Kabul lanciano timide proteste. Non sono più i profughi prediletti. Sono una moda durata pochissimo. E poi la Cina. Di lei si parla, eccome. Ma pochi si sono accorti che silenziosamente Pechino aprirà una nuova base navale per la sua flotta militare in Guinea equatoriale, zona di petrolio e di pirati. Si spalanca un altro oceano.