Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Telefonano dalla Cecenia, telefonano parenti al sicuro perché emigrati in Germania. Telefonano naturalmente anche da Mosca, fino a cento ogni ora nei giorni più drammatici. Chiamano per sapere se da qualche parte è stato trovato un figlio, un fratello, un nipote: vivo o morto, ferito o prigioniero.
Hotline Ucraina 2
Telefonano magari solo per insultare, per scambiarsi slogan fra nemici o riattaccarsi l'apparecchio in faccia. Per farsi la guerra anche alla cornetta o, altre volte, per capirsi fra povera gente separata su fronti opposti.
Il numero è il +380-89-4201860, la hotline si chiama ottimisticamente - ma un po' minacciosa - «Torna vivo dall'Ucraina» e il governo di Kiev dal 26 febbraio ne fa circolare i dettagli su tutte le piattaforme, specie le più diffuse in Russia: Telegram, VKontakte, ma anche Twitter o TikTok.
A rispondere sono psicologi e altri operatori formati dalla polizia ucraina, coordinati da una funzionaria di nome Viktoria Azarova. È la linea per chi chiama dalla Russia in cerca di un parente trascinato in guerra e poi inghiottito dal silenzio. «Abbiamo già ricevuto 40 mila telefonate dalla Russia», dice Azarova: più persino dei 15 o 20 mila morti russi generalmente stimati nel conflitto.
Hotline Ucraina 3
Gli operatori ucraino prendono le generalità e promettono verifiche sulle banche dati di morti, feriti e prigionieri. Non sempre è facile, anche perché l'Ucraina ha le celle frigorifere e i treni refrigerati per il trasporto della carne pieni di cadaveri russi senza nome: i compagni hanno portato loro via telefoni e mostrine, prima di lasciarli a terra. Ora sono lì, chiusi in sacchi bianchi nei treni congelati. «Sono a Kiev, Kharkiv, Zaporizhzhia», dice il viceministro dell'Interno Anton Geraschenko. «I russi non se li prendono, dobbiamo tenerli». I familiari loro sì che vorrebbero riaverli, nei rari casi in cui le chiamate alla hotline portano a qualcosa.
Ma a volte servono solo a scaricare un po' di odio. «Fra un po' morirete tutti, bastardi di Stepan Bandera» si sente una voce maschile grugnire in una delle telefonate dalla Russia di cui le autorità di Kiev hanno messo a disposizione al «Corriere» la registrazione (Bandera è il leader che cercò di allearsi con la Germania hitleriana in nome dell'indipendenza da Mosca). L'operatrice risponde: «Gloria all'Ucraina», e butta giù.
bakhmut, ucraina orientale
Altre volte il dialogo però tocca corde diverse. In una registrazione un giovane ceceno - dice di chiamarsi Marat Shehmerdzsaev - cerca il fratello Shamsudin. «È nato il 12 ottobre 2001, unità militare numero 498235». Shamsudin si trovava a Kherson e aveva telefonato due giorni prima, ma da allora più nulla. L'operatrice prende nota e passa a lavorare sull'altro obiettivo della hotline ucraina: parlare alle famiglie russe di ciò che la televisione di Mosca tace, incitarle a ribellarsi.
«Lei dov' è ora?» chiede il ragazzo ceceno alla telefonista. «In Ucraina, in un bunker, ma non posso dire dove - risponde lei -. Non so com' è da voi in Cecenia, ma qui da noi ci sono migliaia di soldati russi morti. Capisce la situazione? Noi non vogliamo tutto questo». «Neanche noi - fa il ceceno -. Ci obbligano». Al che l'operatrice dice qualcosa che evidentemente ha il compito di ripetere il più spesso possibile: «Dovete uscire a manifestare».
edifici distrutti durante gli attacchi nella periferia di irpin, kiev
È l'altro obiettivo della hotline, ciò che la responsabile dell'iniziativa Viktoria Azarova definisce «una campagna informativa» per gettare i semi del rifiuto del regime putiniano nelle famiglie che piangono un giovane in guerra. Il ragazzo ceceno che cerca il fratello ascolta bene e poi risponde all'operatrice: «Ma lei ha visto cosa fanno a chi protesta?».
C'è poi la zia del soldato che chiama a nome di tutta la famiglia perché lei si sente al sicuro, emigrata in Germania. Non si hanno notizie del nipote Anton Klopov dal 18 febbraio. «Dormiva in tenda a Smolensk (in Russia, ndr), poi gli hanno detto che li avrebbero portati nei campi a esercitarsi».
SEVERODONETSK GUERRA RUSSIA UCRAINA
Anche qui la telefonista ucraina coglie l'occasione: «Lei che è fuori ci parla con i suoi parenti in Russia, comunica con loro? Si rendono conto di cosa sta accadendo?» chiede. «Non capiscono, signora - confida la donna - Io urlo, ma niente. Mia sorella, la madre di Anton, si è già vestita da morta e aspetta».
un bambino guarda un edificio distrutto durante gli attacchi nella periferia di irpin, kiev bakhmut ucraina SEVERODONETSK GUERRA RUSSIA UCRAINA